Omelia nel centenario di fondazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico

 

La carità gemella

Omelia nel centenario di fondazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico

 

«”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Sono le parole con le quali Gesù risolve una discussione che non è soltanto nella tradizione ebraica, ma continua pure nella tradizione cristiana fino ad oggi. Cosa c’è al primo posto? L’amore verso Dio, o quello verso il prossimo? Nella narrazione del vangelo secondo Matteo non si tratta di una domanda neutrale; è, invece, provocatoria, ossia destinata a provocare liti, questioni, controversie. «Un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova», abbiamo ascoltato. La questione posta, d’altra parte, è di decisiva importanza. Si tratta, infatti, di individuare il cuore, la natura più intima della volontà di Dio, di riconoscere in che cosa è possibile sintetizzare la Legge, ossia la Torah: una parola, questa, che, in verità, è semplificativo tradurre con Legge perché nell’ebraismo essa è ben di più; è un ammaestramento divino, affinché la persona umana possa vivere secondo la volontà di Dio rivelata nella sua Parola. Se è così, la vera questione è individuare il comandamento essenziale che dà valore a tutti gli altri.

Nella tradizione cristiana fin dal principio la questione è posta nel binomio, anzi nell’alternativa, o almeno supremazia tra quella che è chiamata vita contemplativa e vita attiva. È l’alternativa tra Marta e Maria, che «ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42). Il problema è antico e si traduce anche nelle scelte di vita religiosa. Ad esempio, tra le antiche forme di vita monastica e le più recenti di vita consacrata. Anche l’esortazione apostolica Vita consecrata di Giovanni Paolo II distingue tra Istituti completamente ordinati alla contemplazione (cf. n. 8), altre molteplici altre espressioni di vita religiosa dedite all'attività apostolica e missionaria ed alle molteplici opere che la carità cristiana ha suscitato (cf. n. 9), gli Istituti secolari, i cui membri intendono vivere la consacrazione a Dio nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici nel contesto delle strutture temporali (cf. n. 10) e poi le società di vita apostolica e altre nuove più recenti forme di vita consacrata (cf. nn. 11-12). In un modo o nell’altro in tutte si ripete la questione tra Marta e Maria. Qual è, allora, il primo comandamento?

L’originalità della risposta di Gesù sta nella unificazione dei due comandamenti: amore verso Dio e amore per il prossimo! Non un accostamento, o una semplice associazione. Si tratta, invece, di una vera e propria unificazione, sicché l’assenza di uno dei due comandamenti toglie consistenza sia alla Legge sia ai Profeti! Ed è su questa sintesi che insisteranno anche i Padri della Chiesa sicché la tessera di riconoscimento del cristiano è quella che gli stessi Padri chiameranno gemina charitas. Il gemellaggio della carità! Sant’Agostino dirà che «senza questo duplice amore non si può adempiere la legge» (Serm. 125, 10: PL 38, 697). Il medesimo insegnamento si trova in san Leone Magno: «Se tu ami Dio ami la tua salvezza. Ma come ami te stesso così devi amare il tuo prossimo. La connessione si realizza nella duplice carità: senza una delle due non c’è né giustificazione, né grazia» (Serm. 92, 1: PL 54, 453). San Gregorio Magno dice anch’egli che «nei santi vive una duplice carità, sicché, mentre nutrono le membra deboli della Chiesa, allattano Cristo, che riconoscono presente nei più piccoli» (Exp. super Cantica 7, 16: PL 38, 696).

Penso che queste espressioni che ci giungono dai padri della Chiesa aiutano tutti noi a comprendere nel suo intimo e spirituale valore la vocazione e l’impegno apostolico del Servo di Dio Mons. Raffaello delle Nocche. La sua unificazione dell’amore lo vedo bene tradotta da quello che scrisse di lui il caro don Angelo Mazzarone, la cui esemplare vita di sacerdote amo qui ricordare. Diceva, dunque, di Mons. Delle Nocche che «tutto quanto Egli avvicinò e fece, tutto Egli vide, amò ed adorò eucaristicamente, come specie sacramentale della Divina Volontà… Uomo dell’Eucarestia, dunque, in questo significato totale, più che solamente completo; devozione sostanziale ed animatrice di ogni qualunque atteggiamento o azione, proprio come l’anima, che è presente ed opera in ogni parte dell'uomo». Avere l’Eucaristia come ultimo e stabile punto di riferimento significa attingere al cuore della carità. È, l’Eucaristia, non soltanto il culmine, ma pure la sorgente, la fonte della vita cristiana, della operosità della vita cristiana. Ecco, allora, che ci giunge questa bella testimonianza da parte di un sacerdote, don Pancrazio Perrone, che gli fu segretario durante il ministero episcopale a Tricarico: «Si spogliò letteralmente, ma la Provvidenza gli moltiplicò i mezzi sino alla fine… Negli anni che Gli fui segretario, assistevo alla sequenza ininterrotta di povera gente che veniva da Lui per una raccomandazione o per un sussidio. Ascoltò tutti, senza posa, e fu presente in ogni situazione difficile. Venivano da Lui con la fiducia illimitata degli umili che la comprensione del Padre apriva alla speranza».

Mons. R. delle Nocche è un uomo che ha ben compreso che se l’Eucaristia è carità, anche la carità è essenzialmente eucaristica. Lo sottolineò il papa san Giovanni Paolo II nella lettera Dominicae cenae (24 febbraio 1980) dove leggiamo che «l’autentico senso dell’eucaristia diventa di per sé scuola di amore attivo verso il prossimo... Il senso del mistero eucaristico ci spinge all’amore verso il prossimo, all’amore verso ogni uomo» (n. 6).

In queste parole possiamo sintetizzare anche l’auspicio e la preghiera per le carissime suore Discepole di Gesù Eucaristico, che con animo grato ricordano il centenario della loro fondazione per opera Venerabile del Servo di Dio Raffaello delle Nocche. Ricordate sempre, carissime sorelle, che voi siete nate dal suo amore per la Santissima Eucaristia; ricordate pure che il vostro primo campo di lavoro fu un piccolo e povero Ospizio di poveri che un bravo sacerdote, don Pancrazio Toscano, aveva avviato a Tricarico in un antico convento francescano, che oggi è la vostra Casa Madre. Ricordatevi, dunque, che lì siete nate.

 

Città del Vaticano – Aula Paolo VI, 25 agosto 2023

 

Marcello Card. Semeraro