Omelia nella festa della traslazione del beato Angelo da Furci

 

La memoria dei santi, torcia che accende il desiderio di Dio

Omelia nella festa della traslazione del beato Angelo da Furci

 

Carissimi, con il brano che insieme abbiamo appena ascoltato siamo entrati nel cuore del vangelo secondo Matteo: è un dialogo tra Gesù e il Padre suo (cf. Mt 11,25-30). Da parte di Gesù è una lode che esplode dal cuore; da parte del Padre c’è la comunicazione di una intimità unica, indescrivibile, colma di misteri, creatrice di salvezza. Gesù si descrive come un bambino che esulta per l’abbraccio paterno e ancora di più si rallegra perché l’amore del Padre egli non vuole egoisticamente tenerlo per sé, ma quasi freme per donarlo ad altri, cioè a noi! «Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (v. 27).

La gioia di Gesù è tutta particolare, perché egli è certo che il suo dono sarà fonte di consolazione, di conforto. C’è, però, un’altra cosa, che poi è la più importante: l’affermazione «imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (v. 29). Ascoltiamo il commento che ne faceva sant’Agostino: «imparate da me, non a fabbricare il mondo, non a creare tutte le cose visibili e invisibili, non a compiere miracoli nel mondo e risuscitare i morti, ma che io sono mite e umile di cuore… Vuoi essere alto? Comincia dal più basso. Se pensi di costruire l’edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell’umiltà. Quanto più grande è la mole dell’edificio che uno desidera e progetta d’innalzare, quanto più alto sarà l’edificio, tanto più profonde scaverà le fondamenta». Conclude: «Impara da lui ch’è mite e umile di cuore. Scava in te il fondamento dell’umiltà e arriverai al coronamento della carità» (Cf. Serm. 69: PL 38, 441-442).

In questa prospettiva noi possiamo e dobbiamo contemplare la figura del beato Angelo che voi onorate e del quale in questo giorno ricordate la traslazione del corpo dal monastero napoletano di sant’Agostino alla Zecca, dove era conservato fin qui, a Furci. È un evento che ho potuto rileggere nei dettagli nella documentazione conservata dall’Archivio del Dicastero delle Cause dei Santi relativa alla «conferma del culto», avvenuta nel 1888 sotto il pontificato di Leone XIII. Al tempo stesso ho potuto apprendere, dalle testimonianze addotte, gli elementi essenziali della sua vicenda terrena: il desiderio dei genitori di avere un figlio, che non vedevano arrivare e che per questo si rivolsero all’intercessione dell’arcangelo Michele recandosi al suo famoso Santuario nel Gargano; la sua nascita e le storie relative alla sua scelta di vita; la sua adesione all’Ordine Agostiniano di Vasto e quindi i suoi studi parigini, il suo insegnamento della teologia, il suo ministero di Superiore provinciale del suo Ordine, il suo ministero di predicazione sino poi alla sua morte che diede impulso alla fama di santità che lo accompagna sino ad oggi.

È una storia che voi conoscete, carissimi, ed è per questo superfluo che io oggi la riassuma e la ripeta. Più importante, mi pare, è ricordare le ragioni per le quali noi veneriamo i nostri santi. Ce le ripete un prefazio la Chiesa dove si dice che nella vita dei santi il Signore ci offre un esempio; nella comunione con loro, un vincolo di amore fraterno; nella loro intercessione, aiuto e sostegno.

Che cosa, allora, possiamo apprendere dalla vita del beato Angelo? Qual è l’esempio principale che ci giunge dalla sua vita? Anzitutto quello che, nel testo della preghiera da lui scritta, è ricordato dal vostro Arcivescovo, il carissimo amico Bruno Forte: farsi pellegrini «per ascoltare con studio d’amore la Parola del Dio vivente». È precisamente quello che ricordava Benedetto XVI, di cara memoria. Diceva: «nella loro vita i santi costituiscono il commento più importante del Vangelo, una sua attualizzazione nel quotidiano e quindi rappresentano per noi una reale via di accesso a Gesù… Quanto importante e proficuo è, pertanto, l’impegno di coltivare la conoscenza e la devozione dei santi, accanto alla quotidiana meditazione della Parola di Dio e a un amore filiale verso la Madonna!» (Catechesi del 20 agosto 2008)

Considerando la vita del beato Angelo vorrei aggiungere un altro aspetto che ci è d’esempio: la docilità e la libertà nel fare la propria scelta di vita. È una cosa che subito, nello scorrere le pagine della sua biografia, mi ha favorevolmente impressionato. I testimoni dicono che da piccolo egli stette con i genitori «educato nel santo amore e timore di Dio»; quando poi crebbe negli anni i parenti e gli amici cominciarono a chiedere: perché non si sposa? Anche al padre dicevano di incoraggiare il proprio figlio a sposarsi ed egli rispondeva: Sarà quello che Dio vuole e ciò che piacerà a nostro figlio. Volontà di Dio e libertà dell’uomo: ecco, secondo la concezione cristiana, le due componenti di una scelta di vita. E il giovane Angelo cercò su quale strada il buon Dio gli domandava d’incamminarsi. Lo fece con serietà e impegno fino a quando la confidenza del padre morente gli svelò l’esperienza del Gargano e le parole dell’Arcangelo: «Avrete un figlio che chiamerete Angelo ed io sarò il suo custode: Sarà grande agli occhi di Dio e seguace del grande Agostino». Aveva vent’anni. Fece la sua scelta di vita.

Ripeto, allora, la domanda: perché noi veneriamo i santi? La stessa fu fatta da san Bernardo ai suoi ascoltatori durante una predica e rispose così: «Ben sappiamo che i santi non hanno bisogno dei nostri onori. Onorare la loro memoria, difatti, è interesse nostro e non loro. Perché, allora, sono tanto importanti per noi? Vi confesso che quando io li ricordo, sento accendersi in me un forte desiderio. Sapete di sicuro il proverbio che dice: occhio non vede, cuore non sente! Ora, per me ricordare i santi è come vederli. Pertanto, il primo desiderio che suscita in me la loro memoria è di potere un giorno godere della loro compagnia, essere unito a loro nella comunione dei santi». Sono riflessioni davvero belle. Il mio invito è cercare di farle nostre. San Bernardo aggiungeva: «la memoria di ciascun santo è come una scintilla, anzi come una torcia accesa che infiamma il mio cuore sicché il mio desiderio è che Cristo si mostri a me come a loro e che anche per me egli sia la mia vita» (cf. In festo omnium sanctorum V, 5-9: PL 183, 478-480).

 

Santuario Diocesano Beato Angelo – Furci (CH), 13 settembre 2023

 

Marcello Card. Semeraro