Omelia nella Messa celebrata con gli Officiali del Dicastero

 

Per misericordia

Omelia nella Messa celebrata con gli Officiali del Dicastero

 

In questa Omelia, carissimi, ho pensato di soffermami sulla frase dell’Apostolo con cui si è conclusa la prima Lettura: «Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulse nei nostri cuori per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo» (2Cor 4,6).

Questa affermazione potrebbe avere una dimensione autobiografica e farci pensare a quella particolare illuminazione, meglio folgorazione, di cui fu destinatario San Paolo sulla via per Damasco. Da quel plurale: nei nostri cuori, tuttavia, possiamo anche intendere che essa sia scritta per ciascuno di noi. Su di noi, infatti, rifulge la luce di Cristo. Pensiamo, infatti, alla consegna del cero acceso nel rito del nostro Battesimo: è un segno pasquale – ha detto il ministro della Chiesa –, fiamma da alimentare sempre per vivere come figli della luce. Il battezzato è figlio della luce (cf. Lc 16,8; Gv 12,36; Ef 5,8; 1Ts 5,5). Da ciò possiamo intendere almeno tre cose.

Anzitutto che il rimando all’opera divina della creazione, evocato dalle parole di San Paolo, ci fa pensare alla bellezza della «nuova creazione», alla dignità del nostro essere divenuti in Cristo «creature nuove». È una «bellezza», che il nostro ministero nella Chiesa da operatori nel Dicastero della Cause dei Santi ci propone di continuo e ci porta ogni giorno a riconsiderare. Siamo, difatti, quotidianamente, posti a contatto con le testimonianze di santità che ci giungono da uomini e donne, adulti e giovani, sacri ministri, persone consacrate, fedeli laici, singolarmente o anche nella vita coniugale o associata, i quali tutti si sono lasciati condurre dallo Spirito sulla via dell’amore e si sono appassionati all’annunzio della bellezza e della gioia del Vangelo (cf. Gaudete et exsultate, n. 57). Sono le storie dei santi e le storie sante che noi studiamo in servizio al ministero del Papa; sono le storie dei santi e le storie sante nelle quali dobbiamo coinvolgerci facendoci affascinare da esse.

San Paolo VI, durante un’Omelia di canonizzazione disse che nella conoscenza dei santi «potremmo e dovremmo scorgere con maggiore acutezza e con maggiore godimento “quale splendida cosa sia l’umanità”». È un’omelia che ci sarebbe utile rileggere. Qui disse, ad esempio, che la santità è «un dramma di amore, fra Dio e l’anima umana; un dramma in cui il vero protagonista è Dio stesso, operante e cooperante; nessuna storia è più interessante, più ricca, più profonda, più sorprendente di questo dramma; dovremmo esserne curiosi e ammiratori …». Aggiungeva: «che varrebbe celebrare i Santi se non cercassimo di seguirne gli esempi? Non sono essi che ci confortano ad osare grandi cose, mostrando in se stessi la possibilità della pratica effettiva delle virtù cristiane? “Si isti et istae, cur non ego?”, se questi e queste hanno potuto, perché anch’io non potrò?» (Omelia del 22 giugno 1969 per la canonizzazione della Beata Giulia Billiart). Ecco cosa dovremmo risentire durante il nostro lavoro nel Dicastero.

C’è poi un secondo aspetto, che colgo dal commento al testo paolino di un autore del IV secolo, la cui identità ci è sconosciuta, ma che è ritenuto autorevole al punto da essere identificato con Sant’Ambrogio (per questo in latino è chiamato Ambrosiaster). Egli spiega così le parole dell’Apostolo: «Lo dice perché, a motivo della sua misericordia, accade che proprio per mezzo nostro, che pure eravamo increduli nell’ignoranza, cioè “nelle tenebre”, Dio avrebbe dato la luce a tutti gli altri popoli» (Comm. in Ep. ad Cor. sec., Prologus IV: PL 17,290).

Gli studiosi della Sacra Scrittura ci suggeriscono di ritrovare nel testo paolino anche un’eco di ciò che leggiamo nelle profezie di Isaia: «il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (9,1). E questo ci rimanda al mistero della misericordia di Dio verso di ciascuno di noi, verso tutti noi. Siamo quello che siamo non per nostra bravura, abilità, furbizia… Lo siamo per misericordia di Dio!

Un terzo aspetto, sempre muovendoci in direzione della misericordia, lo cogliamo dal fatto che stiamo celebrando questa Santa Messa in una cappella della Cattedrale di Spoleto, dove è conservata e venerata una icona mariana risalente al XII secolo. Qui si vede la Santa Vergine dispiegare un cartiglio, dove è scritto un suo dialogo con Gesù. Egli le domanda: «Che vuoi o Madre?». «La salvezza degli uomini» gli risponde, ma Gesù le replica: «Mi provocano con la loro durezza di cuore». È un po’ lo stesso schema di Cana: «Donna, che vuoi da me?» (Gv 2,4). Maria, però, si è fatta esperta e qui segue un’altra strategia. Dice infatti con tono di supplica: «Compatiscili, Figlio mio». Gesù; però, ribatte: «Ma non si convertono». E qui spuntano sulle labbra di Maria parole che solo su quelle di una Madre acquistano il loro prezioso sapore: «Tu salvali per misericordia», dice e questo mi ricorda di quand’ero bambino e non volevo obbedire a ciò che mi diceva la mamma, magari adducendo scuse. Alla fine lei s’imponeva: «Fallo perché te lo sto dicendo io»! Salvali per misericordia!

Rivolgiamoci, dunque, a Maria, che tanto spesso invochiamo mater misericordiae, madre misericordiosa. Possiamo farlo, ad esempio, chiedendo in prestito le parole a San Bernardo, che di Maria fu un vero innamorato. Pregava così: «O Madre di misericordia, senza il tuo intervento non c’è nessuno fra tutti i santi che riesca a intercedere per noi presso tuo Figlio. Allora, Vergine dolcissima, domandagli di ricordarsi dell’alleanza che Egli, Verbo divino, ha sigillato con noi quando assunse da te la natura umana; che confermò quando effuse per noi il suo sangue; che è sigillata in forma indissolubile nell’Eucaristia, sacramento della nostra salvezza. Ed allora, o Madre, fa’ tua l’invocazione di tutti noi, che ci rifugiamo sotto la tua protezione; porta la nostra preghiera al nostro giudice, il tuo Figlio e, con la tua intercessione, porta a compimento la salvezza cui hai dato inizio con la tua maternità. Amen» (Tractat. ad laudem gloriosae V. Matris, 9. PL 182,1148). Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix.

 

Cattedrale di Spoleto, 15 giugno 2023

 

Marcello card. Semeraro