Omelia nella Messa in Coena Domini

 

O salutaris Hostia

Omelia nella Messa in Coena Domini

 

Un’annotazione del Messale romano avverte che i principali misteri che in particolare si commemorano con questa Messa sono l’istituzione della santa Eucaristia e dell’ordine sacerdotale e il mandato del Signore sulla carità fraterna. Non si tratta di tre misteri separati fra loro; sono , anzi, intimamente connessi. C’è anzitutto il Convito di Gesù la sera prima di subire la passione: ogni celebrazione eucaristica è memoria di quella Cena; quanto avvenne quella sera diventa, per l’operazione dello Spirito Santo, nostro «oggi». C’è, quindi il sacerdozio ministeriale, che, come scrisse san Giovanni Paolo II, ha nel sacramento dell’Eucaristia «la principale e centrale ragion d’essere» (cf. Lett. Dominicae cenae, n. 2). C’è, da ultimo, il comandamento dell’amore che ha il suo modello nell’amore di Cristo per noi; un amore che nel sacramento dell’Eucaristia continua sino alla fine dei tempi. Essa, infatti, è il sacramentum charitatis, come amava ripetere san Tommaso d’Aquino: «questo Sacramento – diceva – realizza a tal punto la nostra unione con Cristo da divenirne il segno massimo del suo amore e il sostegno per la nostra speranza» (STh, IIIª q. 75 a. 1 co). Pio XI volle definire quel grande santo quale dottore dell’Eucaristia (cf. Lett. enc. Studiorum ducem).

Ho volutamente citato san Tommaso, perché quest’anno, come forse saprete, ricorre il 750 anniversario della sua morte. Vi propongo, allora, di lasciarci guidare proprio da lui nella nostra riflessione sul mistero della Eucaristia prendendo alcuni spunti dal suo inno eucaristico Verbum supernum, quello che si conclude con la strofa O salutaris Hostia, che ancora noi oggi cantiamo.

Ricordo anzitutto che, quando pensa all’Eucaristia, san Tommaso correva subito con la sua memoria a quanto avvenne nel Cenacolo, la vigilia della sua passione. Il primo verso dell’Inno pare voglia addirittura dirci che il Figlio eterno ha lasciato la destra del Padre proprio per vivere quell’ora: «Il Verbo eterno, che viene dal Padre e sempre alla sua destra, giunto alla sera della vita portò a compimento la sua opera». C’è, però, un ostacolo ed è la scelta di tradirlo da parte di un suo discepolo. Lo abbiamo udito dalla proclamazione del Vangelo: «Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo…» (Gv 13,2). Cosa fa, allora, Gesù? Gioca d’anticipo, si direbbe: «Mentre uno dei discepoli lo consegnava ai nemici per essere messo a morte, egli si offrì loro in cibo di vita», fa cantare san Tommaso. Vuole dirci che l’unica maniera per vincere davvero il male è donarsi con amore. Il male non si vince con il male: fare così vuol dire moltiplicarlo. San Paolo dirà che dobbiamo vincere il male con il bene (cf. Rm 12,21). Il male si vince con la sovrabbondanza dell’amore. Proprio contemplando la passione del Signore crocifisso e meditando sulle sue parole di perdono, san Bernardo commenterà: «Già è grande carità non lasciarsi vincere dal male; vincere, però, il male con il bene è davvero sovrabbondanza» (In feria IV Hebd. Sacr., 9: PL 183, 268).

Dopo ciò Tommaso contempla il mistero dell’Eucaristia, dove Gesù «si è donato a noi in una duplice forma: nel mistero della sua carne e in quello del suo sangue e questo perché tutto l’uomo venisse nutrito». Tutto l’uomo! La salvezza offerta dal Signore riguarda tutto l’uomo. Gesù non vuole semplicemente che ci salviamo l’anima, come spesso diciamo. Egli vuole la nostra salvezza integrale. Per il corpo dona il pane, che ci nutre; per l’anima dona il vino, che porta gioia (cf. Sl 104,15).

C’è, da ultimo, una visione finale dell’intero mistero cristiano: «Nascendo si è fatto nostro compagno di viaggio; sedendo a mensa con i discepoli si è fatto nostro cibo; morendo si è fatto prezzo del nostro riscatto e regnando alla destra del Padre è il nostro premio». Se la vita è un viaggio, nel cammino non siamo mai soli. Gesù ci è sempre accanto, anche quando – come accadde ai discepoli di Emmaus – non lo riconosciamo. Nel suo latino san Tommaso ricorre alla parola viatico, che è il pane del pellegrino. Anche l’Eucaristia è viatico: non solo – come abitualmente intendiamo – cibo per il tratto finale del nostro cammino terreno; è viatico per tutta la nostra strada. Senza questo cibo non possiamo… come risposero al persecutore i martiri di Abitene. Non possiamo: ma cosa? Semplicemente non possiamo! Senza l’Eucaristia non si può essere cristiani! Se sarà così, allora «saremo sempre col Signore» (1Ts 4,17). È l’esito finale, il compimento dei desideri di Gesù. Egli è venuto per questo e ci nutre per questo: stare sempre con noi e noi con Lui.

A questo punto al poeta Tommaso d’Aquino e a noi non rimane che l’invocazione: «O salutaris Hostia… O vittima di salvezza, che spalanchi la porta del cielo: le guerre ostili ci fanno pressione, ma tu concedici la forza e donaci il tuo aiuto». Il poeta gioca un po’ sulle parole facendone un intreccio: Hostia è Cristo-vittima. Essere vittima, però, non è necessariamente essere un perdente! Sulla croce Cristo è apparso come perdente, ma ci ha aperto le porte della salvezza. Vuol dire che Egli ci è accanto, anche quando le forze avverse ci minacciano.

Bella premunt hostilia! Le guerre! Le tante guerre di cui ci parlano e pure quelle messe sotto silenzio… Domani, Venerdì Santo, ci sarà la colletta per la Terra Santa. Ai cattolici di Terra Santa il Papa ha scritto una lettera che inizia così: «Alla vigilia di questa Pasqua, che per voi sa tanto di Passione e ancora poco di Risurrezione, sento il bisogno di scrivervi per dirvi che vi porto nel cuore. Sono vicino a tutti voi, nei vostri vari riti, cari fedeli cattolici sparsi su tutto il territorio della Terra Santa: in particolare a quanti, in questi frangenti, stanno patendo più dolorosamente il dramma assurdo della guerra, ai bambini cui viene negato il futuro, a quanti sono nel pianto e nel dolore, a quanti provano angoscia e smarrimento». Questa sera, dunque, la preghiera davanti all’Eucaristia sia pure preghiera per la pace: Signore, «concedici la forza e donaci il tuo aiuto». Amen.

 

Diaconia di Santa Maria in Domnica – Roma, 28 marzo 2024

 

Marcello Card. Semeraro