Omelia per il centenario della morte della Serva di Dio Madre Agostina di Gesù

 

Truppe di pronto intervento, in una Chiesa ospedale da campo

Omelia per il centenario della morte della Serva di Dio Madre Agostina di Gesù

 

Terminate le restrizioni imposte dalla pandemia nei mesi passati, ora voi, carissime sorelle, avete desiderato celebrare con serena solennità il centenario del transito alla casa del Padre della vostra Fondatrice, la Serva di Dio Madre Agostina di Gesù, che concluse il suo pellegrinaggio terreno l’8 luglio 1921. Ecco, allora, che oggi sono qui, fraternamente partecipe della vostra gioia e lodo insieme con voi il Signore per questo suo dono fatto alla Chiesa.

La santità, infatti, non è una conquista, ma l’accoglienza di un dono. L’amicizia di Dio, ha scritto Papa Francesco nell’esortazione Gaudete et exsultate, «non può essere comprata da noi con le nostre opere e può solo essere un dono della sua iniziativa d’amore. Questo ci invita a vivere con gioiosa gratitudine per tale dono che mai meriteremo, dal momento che “quando uno è in grazia, la grazia che ha già ricevuto non può essere meritata”» (n. 54). Queste ultime parole sono una citazione di San Tommaso d’Aquino. Subito dopo il Papa cita questa frase di Santa Teresa di Gesù Bambino: «Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Ogni nostra giustizia è imperfetta ai tuoi occhi». Lodiamo, dunque il Signore e rendiamogli grazie, perché nella storia di ogni santo il volto della Chiesa diventa sempre più luminoso agli occhi del mondo.

Ho letto, carissime sorelle, alcuni passaggi della vita terrena del nostra Serva di Dio e ho notato che essa è stata più volte attraversata da incomprensioni e segnata dalla sofferenza. Ella, però, ripose sempre in Gesù la propria fiducia e la propria speranza. «Nascere nel Cuore di Dio e quivi crescere e morire»: queste sono sue parole. Riflettiamoci, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato.

Proprio il cuore di Gesù crocifisso, come ci ha ricordato il brano del vangelo, è la sorgente da cui è nata la Chiesa: «uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34). Tutta la tradizione cristiana riconosce in questo evento la nascita della Chiesa. Lo ripete tutta la tradizione patristica, in Oriente e in Occidente: acqua e sangue sono il simbolo dei Sacramenti da cui è nata la Chiesa. Anche nella nostra Liturgia, l’inno dei primi Vespri della solennità del Sacro Cuore canta: ex corde scisso, Ecclesia, Christo iugata, nascitur, «dal cuore squarciato di Cristo è nata la Chiesa, sua sposa».

Ricorderete che nel linguaggio cristiano la morte è pure chiamata nascita: nascita al cielo. Voi sapete pure che la Liturgia celebra la festa del Cuore di Gesù all’incirca otto giorni dopo la festa del Corpus Domini. A me pare, dunque, un fatto singolare che la nostra Serva di Dio abbia come presentito la propria morte proprio quando, a Firenze, vide passare la processione del Corpus. Come voi raccontate, ella esclamò: «fra otto giorni per queste vie passerà il mio corpo».

Nascere nel Cuore di Dio e quivi crescere e morire. San Bernardo di Chiaravalle ha riletto in chiave personale la fede della nascita della Chiesa dal costato aperto di Gesù crocifisso e ha scritto così: non est converti ad Dominum in toto corde, nisi scisso corde, «non ci si può davvero convertire al Signore con tutto il cuore, se non lo si fa con il cuore trafitto» (In capite jejunii II, 5: PL 183,173). Questa conversione scisso corde la vostra Fondatrice l’ha realizzata nei vari passaggi della sua vita, nelle incomprensioni subite, nelle sofferenze fisiche.

Nella prima lettura dal libro del profeta Isaia, tuttavia, abbiamo ascoltato questa promessa: «come una madre consola un figlio, così io vi consolerò» (Is 66,13). Ancora voi raccontate che in una situazione dolorosa davvero la Santa Madre di Dio consolò la Serva di Dio. Quando, difatti, ella pareva davvero essere in pericolo di vita per una meningite cerebro-spinale, le apparve la Madonna e mentre la consolava, la incoraggiava a consacrarle molte figlie. Ella si sentì subito guarita e corse in chiesa a ringraziare la Vergine Santa. Poi pian piano capì che la volontà di Dio la chiamava a una nuova impresa ed è così che è nata la vostra famiglia religiosa: la Congregazione delle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore.

Ecco, allora, il vostro programma: «Nascere nel Cuore di Dio e quivi crescere e morire; uscire da questo Cuore per guadagnargli anime e rientrarvi per condurre a Lui le sue conquiste: tale è la vocazione e lo Spirito dell’Istituto, tale la sua impronta caratteristica». Questo programma di vita consacrata, nato dall’esperienza della consolazione, mi ricorda tanto le belle espressioni di quella preghiera conosciuta come «preghiera semplice», che fu pubblicata per la prima volta su di una rivista francese nel dicembre 2012 e il cui autore ci è ignoto. Si è amato poi riferirla a San Francesco d’Assisi. Di essa cito l’invocazione conclusiva, che dice così: Ô Maître, que je ne cherche pas tant à être consolé qu'à consoler, «O Maestro, fa’ che io non cerchi tanto d’essere consolato, quanto consolare».

Anche questo fa parte del vostro carisma di fondazione: essere presenti proprio là dove la miseria e il bisogno sono più urgenti, come gli ammalati, gli anziani, gli orfani… Negli appunti che mi avete lasciato per questa celebrazione ho letto che la fondazione della Serva di Dio era vista come «una truppa di pronto intervento». L’espressione è simpatica ed efficace e somiglia tanto a quella immagine di Chiesa consegnataci da papa Francesco fin dai primi mesi del suo servizio sulla Cattedra di Pietro: «Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo … ». Da qui, carissime sorelle, la preghiera che oggi io presento per voi al Signore: che in questa Chiesa «ospedale da campo», voi continuate a essere, come nei vostri inizi, «una truppa di pronto intervento».

Vi sostenga e vi protegga la Vergine Maria, che a Cana di Galilea ebbe l’occhio attento per riconoscere la prospettiva di una mancanza, quella del vino, che ad una festa avrebbe tolto la gioia e per questo intervenne sollecita presso il suo Figlio. Amen.

 

Parrocchia Sacra Famiglia – Roma, 8 luglio 2023

 

Marcello Card. Semeraro