Omelia per la chiusura del Giubileo della nascita e della Beatificazione di santa Teresa

 

Teresa di Lisieux, pellegrina di speranza

Omelia per la chiusura del Giubileo della nascita e della Beatificazione di santa Teresa

 

Celebriamo oggi, carissimi fratelli e sorelle, il mistero della Epifania del Signore. In questo giorno, come prega la Liturgia, con la guida della stella il Signore ha rivelato alle genti il suo Figlio. L’arrivo dei Magi, che giunsero da Oriente portando a Gesù i loro doni, è l’annuncio di quell’inverso movimento che il Risorto indicò ai suoi discepoli che, come i Magi, si erano prostrati per adorarlo (cf. Mt 2,11; 28,17). Disse loro: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (v.19). I Magi giungevano dai confini della terra per adorare il neonato re dei Giudei e, aperti i loro scrigni gli offrivano i loro mistici doni. I discepoli saranno, al contrario, inviati verso le frontiere del mondo per portare a tutti il dono della vita nuova e l’annuncio di un Dio vicino. «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Come questo è, in qualche modo, il mistero e il ministero di grazia vissuto da santa Teresa di Lisieux. Ella spese tutta la sua vita per avvicinarsi sempre di più a Gesù, ma se la vide trasformata in una missione sempre più ampia, sino ai confini della terra.

Per quanto le tre figure dei Magi non appaiano mai negli scritti di Teresa, nella sua storia c’è, però, qualcosa che somiglia alla loro. Era ancora una bambina e già le stelle l’affascinavano: «Amavo le stelle senza numero», scrive nel Cantico di Celina (PN 18, 27). Racconta pure di quando, camminando bambina la sera con il suo Papà… «guardavo le stelle che scintillavano dolcemente e quella vista mi affascinavaC’era soprattutto un gruppo di perle d’oro che osservavo con gioia pensando che aveva la forma di una T… lo facevo vedere a Papà dicendogli che il mio nome era scritto nel Cielo… (Ms A, 17v).

«I vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20): quest’affermazione di Gesù, che la piccola Teresa applica a sé, è la radice della gioia e della fiducia cristiana. Dio, infatti, ci ha tanto amati da scrivere il nome di ciascuno di noi nel libro della vita. Sant’Ambrogio diceva che «i cieli assomigliano a un grande libro aperto in modo che Dio possa scrivervi i nomi di quei molti che con fede e devozione hanno meritato la grazia di Cristo e per i quali è detto: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti in cielo”».[1] Teresa ne è consapevole sin dal principio e permane in questa certezza, come ha scritto Francesco nella sua esortazione apostolica C’est la confiance: «Nel nome che ella scelse come religiosa risalta Gesù: il “Bambino” che manifesta il mistero dell’Incarnazione e il “Volto Santo”, cioè il volto di Cristo che si dona fino alla fine sulla Croce. Lei è “Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo”. Il Nome di Gesù è continuamente “respirato” da Teresa come atto di amore, fino all’ultimo soffio...» (nn. 7-8).

Quando, guardando le stelle, Teresa afferma che il suo nome è scritto nel cielo era ancora una bambina e le si potrebbero applicare le parole con le quali san Gregorio magno commenta il racconto della stella, che prima guida i Magi e poi indica loro il luogo dell’incontro con Gesù. «Non è dunque – dice – il bambino che corre alla stella, ma è questa che va verso di Lui». Gregorio intendeva confutare la teoria di pensa che il destino dell’uomo sia  determinato dalle stelle e perciò aggiungeva: «Non l’uomo è stato creato per le stelle, ma le stelle furono create per l’uomo».[2]

È, dunque, Gesù a segnare il significato di quella stella: Dio ti ama! Questo significato Teresa lo coglie e lo matura durante la sua vita sicché – come scrive ancora papa Francesco – «Teresina ha la viva certezza che Gesù l’ha amata e conosciuta personalmente nella sua Passione: “Mi ha amato e ha dato sé stesso per me” (Gal 2,20). Contemplando Gesù nella sua agonia, lei gli dice: “Tu m’hai vista sempre”.] Allo stesso modo dice a Gesù Bambino tra le braccia di sua Madre: “Con la tua mano carezzando Maria, tu reggevi il mondo e gli davi vita. E a me già pensavi”. Così, anche all’inizio della Storia di un’anima, ella contempla l’amore di Gesù per tutti e per ognuno come se fosse unico al mondo».[3]

Un’antica etimologia fa derivare la parola «desiderio» dall’osservazione delle stelle (de-sidera) sicché anche san Leone magno predicava che, osservando il segno del suo ardente fulgore e seguendo la stella, i tre Magi, giunsero al bambino Gesù e, compiendo il loro desiderio, «adorano nella carne la Parola, nella fanciullezza la saggezza, nella debolezza la potenza e nella verità dell’umanità il Signore della maestà. Per manifestare, allora, il sacramento della loro fede e intelligenza, rendono omaggio con doni a colui in cui credono nei loro cuori».[4] Anche Teresa, che vedeva il suo nome scritto nei cieli, era non soltanto colma di desideri, ma nutriva pure la certezza che i suoi desideri coincidevano con quelli di Dio. «Ah! Il Signore è così buono verso di me che mi è impossibile temerlo, sempre mi ha dato quello che ho desiderato o meglio mi ha fatto desiderare quello che voleva darmi», leggiamo tra le sue confessioni (Ms C, 30v).

Potremmo pensare a una bambina egoista, ma è davvero il contrario. Il suo desiderio era quello di essere una rosa sfogliata (cf. P 51). Di più, Teresa desidera Gettar fiori (cf. P 34). È la maturazione della sua vita spirituale, che Francesco così descrive nella sua esortazione apostolica: «La trasformazione che avvenne in lei le permise di passare da un fervido desiderio del Cielo a un costante e ardente desiderio del bene di tutti, culminante nel sogno di continuare in Cielo la sua missione di amare Gesù e di farlo amare. In questo senso, in una delle ultime lettere scrisse: “Conto proprio di non restare inattiva in Cielo: il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime”. E in quegli stessi giorni, in modo più diretto, disse: “Il mio Cielo trascorrerà sulla terra sino alla fine del mondo. Sì, voglio passare il mio Cielo a fare del bene sulla terra”» (n. 43).

Uno dei simbolismi cari a Teresa fu quello di sfogliare i fiori. Da bambina amava farlo durante le processioni. Ella pensa addirittura a una vera e propria pioggia di fiori, che all’inizio si muove in salita, verso il cielo ed è poi da qui è gettata sulla terra: sul purgatorio di cui deve spegnere le fiamme, dice, e quindi su tutta la Chiesa per sostenerla. Nella riflessione di Teresa è centrale la doppia sete che la divora: «il desiderio di amore che è nel cuore di Gesù e di salvare le anime. Questa duplice sete dominerà tutta la sua vita di monaca carmelitana. Teresa era incrollabilmente convinta che Gesù volesse che noi lo aiutassimo nella sua opera di salvezza, che fossimo salvatori con lui».[5]

La pagina del Quaderno giallo citata dell’esortazione apostolica così conclude: «Non posso essere felice di godere, non posso riposami finché ci saranno anime da salvare». Nel Natale di poco più due anni prima davanti al Presepe di Gesù Teresa aveva veduto presente, tra gli angeli, anche quello del Giudizio pronto a punire e colpire i peccatori. La voce di Gesù, però, gli dice: «abbassa la spada/ Non sei tu che devi giudicare/ quella natura che io risollevo/ ed io ho deciso di riscattare/. Solo io, Gesù chiamato/ il mondo intero giudicherò./ Rugiada feconda, il sangue mio/ tutti puri renderà gli eletti». Giunta ora nella prossimità della morte, vede un altro angelo, che le dice: Il tempo è finito! Allora, esclama, «allora mi riposerò, potrò godere, perché il numero degli eletti sarà completo e tutti saranno entrati nella gioia e nel riposo. A questo pensiero il mio cuore esulta».

Carissimi fratelli e sorelle, con questa Santa Messa si conclude l’anno giubilare del 150° anniversario della nascita di santa Teresa e del 100° della sua beatificazione; si conclude il giubileo dedicato a una santa, che san Pio X chiamò «la più grande dei tempi moderni». Fra un anno – lo sappiamo – sarà aperto un altro Giubileo, questa volta per tutta la Chiesa. Lo ha annunciato papa Francesco indicandone pure il motto: Pellegrini di speranza. In tale contesto potremo senz’altro tornare a meditare sulla nostra Teresa, la quale fu donna di speranza. Come, anzi, afferma il p. F.-M. Léthel, «il contributo più evidente ed originale di Teresa riguarda la speranza, con nuovi orizzonti e nuove prospettive. È anche il suo messaggio più attuale in un momento di grandi sofferenze per la Chiesa e tutta l’umanità».[6] Aggiungeremo che quello di Teresa è messaggio di speranza per tutti. È lei stessa a narrarci questa svolta radicale nella sua vita; quando, cioè, non soltanto comprese che il suo nome era scritto nei cieli, ma che pure «in Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza! » (Ms A, 46r: cf. Lc 15,7). Teresa pensava alla storia del criminale Pranzini, da lei chiamato il mio primo figlio.

Nel Natale 1886 Teresa ottenne la grazia di uscire dall’infanzia e diventare pescatore d’anime (cf. Ms A, 45v). Per sua intercessione, lo stesso avvenga per ciascuno di noi, nella festa natalizia dell’incontro dei Magi con il Signore Gesù.

 

Santuario Santa Teresa – Lisieux, 7 gennaio 2024

 

Marcello Card. Semeraro

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[1] Hexaemeron VI, 21: PL 14, 312.

[2] Cf. Homil. in Evang. X, 4: PL 7, 1112.

[3] C’est la confiance, n. 33.

[4] Cf. Sermo XXX, 2: PL 54, 236.

[5] Tr. it. da C. De Meester, Thérèse de Lisieux et son desir de “faire du bien” après sa mort, in «Teresianum» 1998/1, 4.

[6] Teresa di Lisieux dottore dell’amore di Gesù. La storia di un’anima come sintesi teologica, in https://www.causesanti.va/it/santi-e-beati/teresa-di-gesu-bambino-di-lisieux.html