Omelia per la festa di Santa Maria di Montevergine

 

Beato chi ascolta e mette in pratica

Omelia per la festa di Santa Maria di Montevergine

 

Sono lieto di potermi unire alla Comunità Monastica e a voi tutti in questa Eucaristia celebrata nel Giorno del Signore. La Messa domenicale è un punto fermo nella nostra vita di cristiani. Sine dominico non possumus, «non possiamo vivere senza l’Eucaristia domenicale», è la perentoria affermazione che ci giunge dagli Atti dei martiri di Abitene (Acta Martyrum… IX: PL 8, 695). La nostra lode vogliamo inserirla nel cantico della Santa Madre di Dio, specialmente in questo giorno a Lei dedicato ed io sono sinceramente grato al Rev.mo padre Abate per l’invito già da tempo rivoltomi. L’occasione dell’anno giubilare verginiano rende ancora più lieto questo incontro e ci offre l’occasione per ringraziare il buon Dio per l’abbondanza di grazie che qui e da qui ha elargito e elargisce.

Oggi noi guardiamo alla Vergine Maria, cui è dedicata questa Chiesa Cattedrale e, come la donna del racconto evangelico, vorremmo esclamare: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte». Abbiamo, però, ascoltato la reazione di Gesù: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,27-28). Prima che essere lodato, Gesù vuole essere ascoltato e accolto. Per noi, dunque, adesso è il momento di ascoltare e di interiorizzare. Riflettiamo, allora, sul breve, ma intenso racconto proclamato nella lettura del Vangelo; facciamolo cercando di entrare nel cuore di quella donna.

In lei doveva esserci davvero tanta ammirazione verso la madre di Gesù. Mentre, poi, la loda, implicitamente ci fa sapere – penso – che avrebbe anche lei voluto un figlio come il suo! Possiamo comprenderla, ma non imitarla. Come, infatti, abbiamo ascoltato, il Signore la corregge e dirige l’attenzione nel giusto verso. Quella donna, infatti, guarda ammirata il passato, ma non riesce a cogliere la novità del presente.

Può succedere anche oggi; nella Chiesa, anzi, accade senz’altro e di tanto in tanto ne abbiamo delle testimonianze: c’è, infatti, chi guarda al passato, ma non si accorge di quello che accade oggi! C’è chi guardando al passato è addirittura convinto che non il meglio, ma addirittura il «vero» stia lì. Per altro verso, ci sono molti «critici» e «analisti» del presente, ma pochi sono i «profeti».

Ma cos’era accaduto, perché quella donna facesse sentire la propria voce? Poco prima Gesù aveva guarito un uomo, liberandolo da un male oscuro e profondo che lo rendeva muto. Anche a noi, quando si è interiormente spinti e agitati da passioni cattive, può accadere di non riuscire più a comunicare e così parliamo male, diciamo cose cattive, attestiamo il falso, manipoliamo la realtà. Chi non è interiormente sereno, ma è mosso da intenzioni cattive è «muto», anche se è loquace. Parla troppo, ma a sproposito e sputando veleno. Ma già nel II secolo Sant’Ignazio d’Antiochia scriveva: «È meglio tacere ed essere, che parlare e non essere» (Agli Efesini, XV, 1: Funk, Patres Apostolici, I, 224).

Gesù, dunque, aveva liberato quell’uomo dal male da cui era posseduto e gli aveva restituito la parola. Proprio vedendo questo, la donna aveva alzato la voce e detto: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte»! Gesù, però, la riprende e, come già accennato, sposta l’attenzione dal passato al presente; indica quello che nell’oggi bisogna fare: «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano». D’altra parte, l’aveva già mandato a dire ai suoi parenti che insieme con Maria cercavano di vederlo. C’era molta folla e davanti a tutti Gesù disse: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21).

In ambedue le circostanze era una lode per la Madre. Maria, infatti, non ha prima generato e allattato e soltanto dopo ha creduto. Nient’affatto. Maria ha prima creduto e proprio per questo ha concepito e allattato. Anzi, come diceva sant’Agostino, «a niente le sarebbe valso portare Cristo nel suo grembo, se non l’avesse portato con amore anche nel suo cuore» (De sancta virginitate 3: PL 40, 398). Ecco il tipo di fede proprio di Maria e di cui la Santa Madre di Dio è per noi modello insuperabile.

Permettete che aggiunga un’altra riflessione. Nel grido entusiasta della donna del racconto del vangelo c’è il binomio del portare nel grembo e dell’allattare. Per quanto collegati, sono, a ben vedere, due comportamenti distinti. Anche nella maternità umana ci sono donne che partoriscono, ma non allattano (perché non possono, o perché non vogliono); e ci sono pure donne che «allattano» figli che non hanno partorito: pensiamo a tante donne (specialmente nel passato) e anche uomini, famiglie che hanno nutrito e educato figli altrui. Pensiamo pure agli istituti giuridici dell’adozione e dell’affido e pure a tante organizzazioni, d’ispirazione religiosa o umanitaria, che si dedicano alla cura di bimbi rimasti soli, di minori abbandonati o in pericolo, di piccoli gravemente ammalati…

Se ci pensiamo, comprendiamo meglio la differenza tra partorire e allattare; e pure la diversità tra l’essere semplicemente «genitori» e il diventare, con generosa fatica, «padri» e «madri». E se capiamo questo, possiamo anche intendere quello che dice Gesù: egli, infatti, tiene uniti l’ascolto e la pratica della sua parola. Perché il «credere» è l’inizio in una storia di fede, ma da solo non basta. «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi – scrive san Giacomo –; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era» (Gc 1,22-24).

Questo è un ammonimento per tutti: per noi cristiani, prima di ogni altro, ma anche per tutti; specialmente per chi pensa di manipolare il religioso e di sfruttarlo a suo vantaggio. In un libro intitolato Creduli e credenti (di Marco Ventura, ed. Einaudi 2014), ho trovato questa perspicace distinzione: i primi vendono il proprio credo al miglior prezzo, i secondi credono gratuitamente; gli uni credono per «potere», gli altri «possono» perché credono. Il «credulo», insomma, crede per far piacere agli altri e trarne profitto; il «credente», invece, crede in proprio e a proprio rischio. Così ha creduto la santa Madre di Dio.

Della donna entusiasta del racconto evangelico non sappiamo più nulla; di Maria, invece, sappiamo di sicuro che non solo ha ascoltato Gesù, ma lo ha seguito fin sotto la Croce. Per questo noi oggi la veneriamo. Ha concepito ed ha allattato; ha creduto e ha messo in pratica. Alla Santa Madre di Dio affidiamoci tutti, impegnandoci a essere come lei: di quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica. Per questo Monastero a Lei dedicato, poi, domandiamo la protezione materna affinché, dalla Vergine sostenuto come il Bambino che vediamo tra le sue braccia, possa anch’esso crescere nella sua vitalità esteriore e nella sua pace interna. Amen.

 

Cattedrale dell’Abbazia di Montevergine (AV), 3 settembre 2023

 

Marcello Card. Semeraro