Omelia ringraziamento canonizzazione María Antonia de San José “Mama Antula”

 

Una donna forte e materna

Omelia in ringraziamento per la canonizzazione di santa María Antonia de San José – “Mama Antula”

 

Celebro con gioia insieme con tutti voi questa Santa Messa per ripetere al Signore il grazie per l’avvenuta canonizzazione di Santa María Antonia de San José – mama Antula. Un grande teologo ortodosso contemporaneo – Pavel Evdokimov – ha scritto che il santo ha un volto unico al mondo e che la sua apparizione sulla terra modifica gli schemi abituali e impressiona gli animi quasi fosse una follia. Qualcosa del genere è accaduto davvero con la nostra santa. La sua scelta, inattesa e inusuale, di supplire personalmente alla cacciata di un intero ordine religioso raccogliendone il compito più fecondo per la vita della Chiesa – la pratica degli Esercizi Spirituali – e di riproporlo non soltanto come momento d’incontro con Dio, ma pure come luogo d’inculturazione della fede cristiana ed esercizio della carità verso i più poveri e bisognosi, è qualcosa di davvero singolare. Quando ella giunse a Buenos Aires la gente la ritenne pazza e prese a insultarla; anche al vescovo non fece, in principio, una buona impressione. Egli, però, divenne poi uno dei suoi più entusiasti sostenitori. A Buenos Aires la nostra santa fondò una Casa per esercizi sicché, quando nel 2022 mi recai in Argentina per presiedere in nome del Santo Padre il rito di beatificazione dei Martiri del Zenta, proprio lì il 4 luglio incontrai i postulatori delle Diocesi e celebrai la Santa Messa.

Qual era la sua forza? L’immagine scelta per essere esposta al pubblico nel rito della Canonizzazione in San Pietro la mostra nell’atteggiamento col quale iniziò la sua missione partendosene da Santiago: vestita di nero, con indosso il mantello che uno dei gesuiti, d’impulso, le aveva consegnato mentre era portato via insieme con gli altri confratelli scacciati da tutto il regno, e con in mano una grande Croce. Ecco: la sua forza fu la croce. «Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso» (1Cor 1,22-23), abbiamo oggi ascoltato dalla seconda lettura biblica. La forza di santa María Antonia de San José fu la parola della Croce.

Nella sua omelia in occasione della canonizzazione il Papa l’ha indicata: «modello di fervore e audacia apostolica». Dobbiamo pure aggiungere che le forme con le quali mama Antula si donava erano rivestite di compassione e di amorevolezza: i dieci giorni di esercizi spirituali, che con la collaborazione dei parroci e dei sacerdoti ella organizzava, per quanti vi prendevano parte erano non soltanto giorni di meditazione, di preghiera e di revisione di vita, ma pure – come narrano le sue biografie – giorni di ristoro corporale. Accadeva infatti che dal suo buon esempio scaturiva un numero tale di elemosine, da permettere cibo buono in abbondanza a quanti partecipavano agli esercizi. Né mancano, nelle testimonianze per la sua beatificazione e canonizzazione, racconti di grazie e di eventi miracolosi intervenuti in tali occasioni, perché agli esercitanti non mancasse un cibo sostanzioso. Lei, però, conduceva la sua vita nella mortificazione e nella penitenza.

Il racconto del vangelo (cf. Gv 2,13-25) ci ha fatto riascoltare un momento della vita di Gesù ambientato nel tempio di Gerusalemme. Giacché stiamo parlando di mama Antula e della predicazione degli Esercizi spirituali potrà essere simpatica una annotazione che proprio lì fa sant’Ignazio di Loyola riguardo all’episodio della scacciata dei venditori di buoi e di pecore: all’agire forte di Gesù contro di loro e i cambiavalute, Ignazio contrappone il suo atteggiamento comprensivo verso i «poveri venditori di colombe». Ai venditori di colombe, osserva Ignazio, Gesù si rivolge «con tono mite: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”» (ESp. 277). Fatto è che le colombe non erano le offerte dei ricchi, ma dei poveri (cf. Lv 5,7), come di Maria e Giuseppe quando portarono al tempio il piccolo Gesù. È la maniera con cui ha operato santa María Antonia de San José: con mitezza.  

Il tempio di Gerusalemme, Gesù lo chiama «casa del Padre mio». Il punto culminante del racconto, però, è quando parla del «tempio del suo corpo». È questo il vertice di tutto il racconto ed è questo che noi vogliamo cogliere, anzitutto: parlava del tempio del suo corpo… È un’affermazione che noi possiamo risentire alla luce della fede che riconosce in Gesù il luogo della presenza di Dio: il suo Figlio eterno venne ad abitare in mezzo a noi (cf. Gv 1,14). Possiamo pure risentirla considerando che tutti noi diveniamo membra di questo corpo.

In quel «suo corpo» ci ritroviamo tutti noi e riconosciamo la Chiesa quale corpo di Cristo. «Comunicando il suo Spirito, [Cristo] costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti», insegna il Concilio Vaticano II riassumendo la fede della Chiesa (cf. Lumen gentium, n. 7). È il mistero che si compie adesso; il mistero che viviamo mentre celebriamo la Santa Eucaristia. Nella preghiera eucaristica la Chiesa proclama: «per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo» (Preg. Euc. II)

Possiamo aggiungere un’ultima riflessione dicendo che nel tempio di Gerusalemme, violato ed abusato, Gesù non vede soltanto il preannuncio del suo corpo che sarà violentato e messo a morte: gli evangelisti Matteo e Marco raccontano che Gesù crocifisso era sbeffeggiato così: ««Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!» (Mc 15,29-30; cf. Mt 27,40). Noi possiamo senz’altro aggiungere che Gesù vede pure accomunate nel suo dolore tutte quelle sue membra che, nello scorrere dei secoli, saranno crocifisse perché lasciate affamate e assetate, abbandonate nel loro sconforto e nelle loro pene, emarginate dall’incuria e fatte morire (cf. Mt 25,31ss). Per questo ho prima accennato alla cura materna con la quale mama Antula non si preoccupava soltanto che gli esercizi spirituali fossero predicati bene, ma pure che tutti quelli che rispondevano al suo invito fossero amorevolmente accolti e ospitati. È significativo, allora, in questa prospettiva, che la prima santa argentina abbia il volto di una donna forte e materna.

 

Roma – Chiesa di Santa Maria Addolorata a Piazza Buenos Aires, 3 marzo 2024

 

Marcello Card. Semeraro