Omelia nella Santa Messa con i partecipanti al convegno “Donne nella Chiesa: artefici dell’umano”

 

Omelia nella Santa Messa con i partecipanti al Congresso Internazionale Interuniversitario

“Donne nella Chiesa: artefici dell’umano”

 

Cari fratelli e sorelle,

davanti alla liberazione di quell’uomo, posseduto da un demonio che era muto e che ricominciò a parlare dopo avere incontrato Gesù, – come abbiamo ascoltato nel vangelo – la folla fu presa da stupore. Il vangelo annota a più riprese questa reazione della folla di fronte ai segni compiuti da Cristo: “si stupirono”, “restarono stupiti”, “furono pieni di stupore”. Il termine stesso di miracolo, dal verbo latino mirari, contiene nel suo significato proprio questo atteggiamento interiore di meraviglia, dello spettatore che osserva con sguardo stupito. Papa Francesco spesso ci invita a riscoprire questo sentimento dell’anima, che indica – egli ama dire – “il segno dell’odore di Dio che sta passando ed è la presenza di Gesù in noi”.

S. Giovanni Paolo II nella lettera Mulieris Dignitatem ha scritto che “l’esclamazione del primo uomo alla vista della donna creata è un’esclamazione di ammirazione e di incanto, che attraversa tutta la storia dell’uomo sulla terra” (n.10), di stupore, appunto. Nel vangelo diverse donne sono stupite davanti al modo di rapportarsi di Gesù nei loro confronti. Pensiamo alla Maddalena o all’adultera, e alle stesse donne che andarono di buon mattino al sepolcro e, davanti all’annuncio della risurrezione, corsero via timorose e con grande stupore. In tutti i vangeli troviamo un diffuso senso di gratitudine e di apertura verso le donne. Questo è ancora più significativo, se pensiamo che il contesto sociale al tempo di Gesù guardava alle donne come ad un pericolo, per il loro misterioso potere esercitato sugli uomini e la forza della loro seduzione.

A questa apertura di Gesù le donne rispondono con coraggio. Sono infatti le donne a toccarlo, pensiamo all’emorroissa o all’unzione di Betania. Le donne seguono il Maestro nella sua missione itinerante, donando di propria iniziativa da una parte denaro o grandi ricchezze, come l’olio profumato o altri beni per l’assistenza della comunità apostolica; dall’altra, anche quando donano piccole monete, come la vedova al tempio o la donna della dracma perduta, agli occhi di Gesù sono importanti. Non possiamo dimenticare Marta e Maria, la suocera di Pietro… Le donne sono discepole fedeli! Il vangelo mette in evidenza anche la partecipazione emotiva delle donne a tutti gli avvenimenti del Signore, significativo al riguardo è il pianto di Maria alla morte di Lazzaro o le donne piangenti lungo la via del Calvario e durante la crocifissione.

Papa Benedetto XVI, cari fratelli e sorelle, ha riconosciuto che “la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso, se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne e nell’ambito della Chiesa primitiva la presenza femminile – affermava ancora – è stata tutt’altro che secondaria”. Donne hanno infatti avuto ruoli significativi fin dagli Atti degli Apostoli, dall’avvenimento della Pentecoste, in cui, insieme ai discepoli, attendevano in preghiera lo Spirito Santo.

Figure femminili compaiono nei viaggi di Paolo, come Priscilla, moglie di Aquila; o Lidia, affermata, attiva, padrona di sé, propensa alle relazioni. Sono profetesse le figlie di Filippo, uno dei sette diaconi, presso cui Paolo si ferma a Cesarea. Qui a Roma chi non conosce i nomi di Macrina, Marcella, Paola Romana, Melania, Olimpia la cui azione è tramandata da uomini di Chiesa come Girolamo o Gregorio Magno, Giovanni Crisostomo o Gregorio di Nissa. A sua volta Proba Petronia scrive per evangelizzare giovani aristocratici, mentre Egeria redige un diario di viaggio per le sue sorelle. Nel secolo scorso ha raggiunto la santità, la sposa e madre Maria Beltrame Quattrocchi.

In tutte le epoche della storia sono emerse donne di grande spessore spirituale, come María Antonia de San José (Mama Antula), e Brigida di Svezia, che con passione, coraggio e dedizione sono state protagoniste del loro tempo. Diverse di esse sono state dichiarate dottori della Chiesa, fra le quali Caterina da Siena, Teresa D’Avila, Teresa di Gesù Bambino, i cui genitori sono stati canonizzati, o la più recente proclamazione di Ildegarda di Bingen. Come pure tante donne hanno illuminato il nostro tempo, come la martire Edith Stein, Madre Teresa di Calcutta, che ci ha dato una straordinaria testimonianza di carità, Gianna Beretta Molla, Chiara Luce Badano, Dulce Lopes Pontes in Brasile, Armida Barelli, Bakita e molte altre di tutti i continenti.

Nella storia dunque le donne, animate dalla loro fede nel Cristo, hanno irradiato la luce e la forza della Pasqua e rimaniamo sempre stupiti perché con la loro testimonianza, spesso nascosta e silenziosa, hanno edificato la Chiesa, esercitando una “autorità interiore”, quali madri spirituali in ogni generazione cristiana. Recentemente è stato il Sinodo dedicato ai giovani a richiamare questo ruolo delle donne nell’accompagnamento spirituale. Con la loro azione e con la loro sensibilità interiore le donne si sono chinate sull’umanità bisognosa di cura, di attenzione e di crescita, rendendo più umana la realtà. Anche oggi dobbiamo essere attenti a non pensare che si promuova la donna soltanto affidandole ruoli di potere, ma valorizzandola per la sua forza profetica. Con la loro maternità le donne possono esercitare un’autentica autorità spirituale, della quale c’è bisogno, mostrando il volto della Chiesa che è maternità e tenerezza. Credo che tutti noi possiamo riconoscere quanto la presenza di donne, laiche o consacrate, ci abbia sostenuto nella vita cristiana, mostrandoci la tenerezza stessa di Dio ed incoraggiandoci nel discernimento, nelle scelte o in momenti particolari della nostra vita. La loro amicizia sincera rende veramente più umana la vita e la missione stessa, come ci testimoniano le relazioni intercorse tra grandi santi e sante della Chiesa.   È eloquente poi quanto San Giovanni Bosco scrive della sua mamma Margherita. Sono tante le donne consacrate che anche oggi con dedizione e sacrificio portano avanti opere educative, assistenziali e di carità, mostrando anche la forza e la bellezza del vivere insieme davanti al dilagare dell’individualismo.

Nel volto femminile della Chiesa si riflette quello di Maria, la Vergine Madre, la “Donna nuova”, che nello stupore dell’annunciazione ha generato il Verbo di Dio e lo ha educato, conservando nel suo cuore tutti gli avvenimenti della salvezza. È lei ad inserire la femminilità nel quadro della redenzione. Sui monti di Giuda Maria canta con stupore il suo Magnificat: è il canto della meraviglia per ciò che Dio ha operato in lei e l’opera di Dio attraverso di lei. La invochiamo perché insieme alle sante donne illumini i lavori del vostro Congresso e affinché con lo stesso stupore della Vergine viviamo anche tutti noi l’incontro con Gesù, perché possa crescere – come diceva San Paolo VI – una “vera, umana e cristiana femminilità” per mantenere viva la Chiesa.

 

Vaticano, Basilica di San Pietro, Cappella del Coro, 7 marzo 2024

 

+ Fabio Fabene

Arcivescovo titolare di Montefiascone

Segretario del Dicastero