Omelia nel III centenario della elevazione al Sommo Pontificato del Servo di Dio Benedetto XIII

 

Il cuore di Maria, largo come il cuore di Dio

Omelia nel III centenario della elevazione al Sommo Pontificato del Servo di Dio Benedetto XIII

 

Sono grato per avermi voluto rendere partecipe del ricordo di questa Chiesa per il papa Benedetto XIII nella ricorrenza, tre volte centenaria, della sua chiamata alla Cattedra di Pietro: egli, infatti, fu eletto papa il 29 maggio 1724. È un ricordo che onora la Chiesa, ma pure questa città di Gravina, ch’è la sua patria. Vi saluto tutti, di vero cuore insieme con le Autorità qui presenti.

Ci raccoglie, poi, questa antica e bella chiesa cattedrale dove – almeno al dire dei biografi – il giovane Pier-Francesco Orsini coltivò la sua vocazione al ministero sacerdotale e alla vita religiosa. Si narra, infatti, che da bambino usava imitare le funzioni che vedeva svolgersi nella cattedrale di Gravina (cf. G. B. Pittoni, Vita del Sommo Pontefice Benedetto decimoterzo, presso L. Pittoni, Venezia 1730, p. 2). È, infine, ben nota la grande devozione che Benedetto XIII ebbe verso la Santa Madre di Dio, al punto da essere elogiato dai suoi contemporanei come «cantore mariano». Anche per questo, portando idealmente a conclusione il mese di maggio dedicato tradizionalmente alla Vergine Maria, celebriamo la Santa Messa seguendo il formulario liturgico della festa dell’Assunzione: è il mistero che ce la presenta primizia della Chiesa, chiamata alla gloria, e segno di consolazione e di sicura speranza per il popolo pellegrino sulla terra (cf. Lumen gentium, n. 68 e Prefazio).

Grazie, dunque, per questo invito, che oltre tutto mi permette di tornare nella vostra Città e rivedere volti conosciuti. Amico fraterno e di lunga data è per me il vostro vescovo emerito, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, con il quale ho condiviso pure anni di studio e di responsabilità nel Pontificio Seminario Regionale Pugliese; amico fraterno è anche il vostro nuovo Vescovo Mons. Giuseppe Russo, cui sono grato soprattutto per una vicinanza sollecita ed efficace nel momento in cui, giungendo a Roma per una nuova responsabilità pastorale e lasciando la sede di Albano dopo un lungo ministero episcopale, avevo bisogno d’individuare una nuova casa dove abitare. Dove oggi risiedo lo devo principalmente alla sua cordiale premura. Al mio grazie, carissimo Vescovo, unisco la preghiera e l’augurio per il ministero episcopale che da poco tempo hai avviato. Come, poi, non salutare Mons. Saverio Paternoster, che tanto si adopera per la causa di beatificazione di Papa Orsini?

Permettete, però, che a questi motivi, ne aggiunga uno tutto particolare che riguarda proprio il papa Benedetto XIII. Esso è legato al fatto che l’attuale casa episcopale di Albano, dove sono stato vescovo, fu, in principio, l’abitazione del cardinale Niccolò Maria Lercari, dal 1726 al 1730 Segretario di Stato di Benedetto XIII. Lì il Papa usava fermarsi in occasione dei suoi viaggi a Benevento, Chiesa di cui aveva conservato il governo. Accadde pure nel 1729, quando vi stette dal 5 aprile al 23 maggio. Ripartito per Roma, giunse ad Albano dove si fermò per otto giorni abitando presso il cardinale Lercari sicché la domenica 5 giugno, festa di Pentecoste, consacrò l’oratorio del palazzo dedicandolo alla Beata Vergine Maria, a san Nicola di Mira e, ovviamente, al suo caro san Filippo Neri.

Da notare che per Benedetto XIII il 5 giugno era l’anniversario del terremoto del 1688, quell’anno vigilia della Pentecoste. Egli racconterà nel dettaglio quanto avvenne in quelle emergenze, che lo segnarono profondamente. Quell’anniversario celebrato ad Albano fu l’ultimo. Il Papa morirà, infatti, il 21 febbraio dell’anno dopo, all’età di 81 anni. Nel suo testamento, poi, il cardinale Lercari donerà quella casa alla Curia di Albano per farne l’abitazione dei Vescovi. Per ben diciassette anni io vi ho dimorato e in quella cappella ho pregato in solitudine e silenzio. Anche per questo celebro con gioia questa scadenza centenaria.

Adesso, però, è doveroso volgere il nostro pensiero a Maria, imitando in questo la devozione di Benedetto XIII il quale, nel dare alle stampe le sue prediche mariane tenute sabato dopo sabato nella cattedrale di Benevento scrive di averne fatte, dal maggio 1686 al 13 gennaio 1713, ben duecento diciotto! Introducendo questi Sermoni mariani (cf. i 2 voll. editi nel 1724.1728 a Benevento dalla Stamperia Arcivescovile), Pompeo Sarnelli, vescovo di Bisceglie, che di Vincenzo Maria Orsini fu stretto e apprezzato collaboratore e del quale ricorre quest’anno il terzo centenario della morte, scrive: se, alle parole dell’angelo, la Vergine rimase turbata,  noi, al contrario, leggendo questi discorsi ce ne rallegriamo. È stato sicuramente il Signore a ispirare nel cuore di chi le scriveva tante ricchezze e a guidarne la mano.

A noi, però, cosa dice il mistero dell’Assunzione? Anzitutto – come ricordavo in principio – che Maria è «primizia» della Chiesa pellegrina: il suo posto accanto a Gesù sarà anche il nostro posto, se come Lei sapremo accogliere il Signore e progredire nella fede (cf. Lumen gentium, n. 58). La seconda cosa di cui questo mistero ci rassicura è che accanto a Dio c’è spazio per l’uomo. Dio non è invadente, non è una potenza occupante. Egli ci vuole accanto a Sé. Per questo noi preghiamo: «suscita in noi il desiderio del cielo, dove hai innalzato l’uomo accanto a te nella gloria» (Ascensione, «dopo la Comunione»). La terza cosa che il mistero della Assunzione della Vergine ci ricorda è che, unendosi al Padre celeste e stando accanto al suo Figlio glorificato, Maria non si allontana da noi, non va su di una galassia sconosciuta, ma rimane vicinissima a ciascuno di noi. Ricordo che nell’ultima festa dell’Assunta celebrata a Castel Gandolfo il papa Benedetto XVI disse che «Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore … Maria è vicina, può ascoltare, può aiutare, è vicina a tutti noi. In Dio c’è spazio per l’uomo, e Dio è vicino, e Maria, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio» (Omelia del 15 agosto 2012).

Ecco, carissimi: portiamo con noi queste tre certezze. Portiamole con l’amore del papa Benedetto XIII verso la Madonna. Ricordando l’incoronazione dell’immagine di Santa Maria delle Grazie, da lui fatta il 3 aprile 1723, egli così concludeva il suo ultimo sermone mariano: «Resta intanto, che Voi, Clementissima Signora… vi compiacciate di scrivermi nel Libro de’ vostri servi, perché così sarò certo di essere scritto ancora nel Libro della Eterna Vita … e così spero che sia» (Sermoni …, II, p. 406).

 

Basilica Concattedrale di Gravina, 29 maggio 2024

 

Marcello Card. Semeraro