Omelia per la II Domenica di Avvento (A)

 

Le due porte dell’Avvento

Omelia per la II Domenica di Avvento (A)

 

«Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mt 3,3). La parola del Battista ci incoraggia a un passo in avanti nel percorso dell’Avvento, che ci conduce verso il bambino di Betlemme, Gesù Salvatore. Siamo tutti come i Magi, che lo cercano: consapevoli, spesso, nel volere incontrare il Signore, ma tante volte pure ignari, come quando «cerchiamo», con i nostri desideri, le nostre ansie, le nostre incertezze, le nostre paure … Cercare: non dobbiamo mai stancarci di cercare … Nella ricerca sincera, Dio si lascia sempre trovare. Per questo il santo Precursore ci incoraggia, dicendo che «il regno dei cieli è vicino»; per questo ci esorta alla conversione (Mt 3,2). Cosa vuol dire questa parola? Significa aprire il cuore alla forza trasformante del Vangelo. È un lavoro mai concluso; un lavoro, perciò, che un discepolo di Gesù deve rinnovare ogni giorno. È un impegno speciale per il periodo liturgico che stiamo vivendo. Il tempo di Avvento, infatti, serve a ricordarci che Gesù non è lontano; che viene fra noi nella semplicità di un presepe. Prepariamoci, allora, ad accoglierlo con una vita di fede sincera e attiva.

In questo tempo dell’Avvento, poi, tutti noi ci stiamo anche preparando a celebrare la festa della Immacolata Concezione: una festa mariana, questa, che ci indica dove il mistero della salvezza ha cominciato a concretizzarsi; dove il progetto di Dio, di accoglierci non più come sue creatura, ma come suoi figli nell’unico suo Figlio ha cominciato a concretizzarsi, a farsi storia. In Maria comincia la storia nuova dell’uomo sicché in questa nostra sorella, creatura come noi e anche per questo madre della nostra speranza, ha inizio quel rinnovamento, che avrà la sua pienezza alla fine dei tempi, quando il Signore non verrà più nella umiltà della natura umana, ma nella gloria.

Giovanni Battista annuncia l’arrivo e la presenza del Salvatore predicando nel deserto della Giudea; Maria lo annuncia nel silenzio di Nazaret, un nome che abitualmente è interpretato come «germoglio», o «virgulto», con un significato simbolico legato proprio alla profezia messianica, che è stata proclamata all’inizio della prima lettura: «un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore» (Is 11,1-2). La tradizione cristiana vi riconosce un annuncio della Vergine. Mi piace citare almeno sant’Ambrogio, la cui memoria liturgica ricorre in questi primi giorni di dicembre. Commentando Isaia, egli spiega che se la radice è Iesse, ossia il patriarca della famiglia dei Giudei, il virgulto è Maria, il cui fiore è Cristo, che, per diffondere in tutto il mondo il buon profumo della fede, sbocciò dal seno verginale» (De Spiritu Sancto III, 5, 38: PL 16, 751). Santa Ildegarda di Bingen, una mistica medievale ma pure attivissima maestra spirituale, scrisse una canzone in onore della Vergine, perché la si cantasse nei vari monasteri e la intitolò «verdissimo virgulto» (O viridissima virga). Dice che come un germoglio ridona la vita e tutto profuma, così Maria è il germoglio da cui è fiorito Cristo, che con la sua nascita dona a tutto nuova vita (cf. Sinfonía de la armonía de las revelaciones celestiales, n. 55: ed. Trotta, Madrid 2003, pp. 302-307).

San Giovanni Battista e Maria sono, dunque, come le due dimensioni del tempo liturgico dell’Avvento: la prima è una voce che giunge dal di fuori e c’invita a prepararci all’incontro con il Signore; la seconda è una voce interiore, che ci dispone a un fiat, a un assenso che accoglie e fruttifica. Maria rappresenta questa accoglienza interiore: mentre il Salvatore si avvicina, ella è già pronta ad accoglierlo. Così, la sua Immacolata Concezione la rende ianua coeli, porta d’ingresso per il Verbo, che si fa carne nel suo grembo e viene in mezzo a noi.

A questo, allora, deve mirare la nostra devozione alla Vergine: ad onorarla, certo, ma pure a divenire come lei capaci di accogliere la Parola di Dio, aprendo, con umiltà e disponibilità, il nostro cuore alla sua volontà e permettendo a Cristo di abitare in noi come in una dimora viva. Questa festa mariana, però, ci incoraggia a fare della nostra testimonianza cristiana come una «porta» attraverso la quale Cristo entra nel mondo. Il dogma dell’Immacolata Concezione, infatti, se per un aspetto mette in risalto il primato e l’unicità di Cristo nella Redenzione, per l’altro, presentandoci Maria come la «prima redenta» da Cristo e la «prima trasformata» dallo Spirito Santo, ci dice pure che ella è «prototipo, modello ed esempio di ciò che Dio vuole realizzare in ogni persona redenta» (Dicastero per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale Mater populi fidelis, n. 13).

Mi piace concludere con alcune parole che san Paolo VI disse, quando venne in questa Basilica per la festa dell’Immacolata del 1963: «Che cosa diremo alla Madonna, in questo sguardo che diamo, rapiti e consolati, al mistero di innocenza e di santità? Diremo … Tota pulchra es, Maria... ! Finalmente l’immagine della bellezza si leva sopra l’umanità senza mentire, senza turbare. Le creature tutte la rimirano ed esclamano: Sei veramente, sei realmente la bellezza: Tota pulchra es!». Amen.

 

Roma, Basilica dei Santi XII Apostoli, 6 dicembre 2025

 

Marcello Card. Semeraro