Omelia nella beatificazione di Kristofora Klomfass e 14 compagne

 

Con la forza della loro debolezza

Omelia nella beatificazione di Kristofora Klomfass e 14 compagne

 

1. In appena 8 giorni la Chiesa in Polonia si arricchisce del dono di 16 nuovi beati. Alla beatificazione di don Stanisław Streich, avvenuta sabato scorso a Poznań, succede oggi quella di Kristofora Klomfass e delle sue 14 compagne, religiose della Congregazione di Santa Caterina.

Tutti questi beati hanno offerto la loro suprema testimonianza di fede nel contesto di una lotta ideologica, che nell’Europa del loro tempo ha seminato persecuzione e morte, violenza e distruzione. Proprio in questo periodo ricorrono gli 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale: vogliamo che anche questo giorno, con la beatificazione di queste 15 religiose, facendo memoria delle tante vittime di quel conflitto, sia un’invocazione di pace per tutto il mondo, con un pensiero particolare alla guerra che si sta combattendo a poca distanza da qui. Facciamo risuonare ancora una volta il grido di San Paolo VI, che Papa Leone ha voluto riprendere a sua volta nel suo primo Regina Caeli: «Mai più la guerra!» (Regina Caeli, 11 maggio 2025), specialmente dove colpisce con crudeltà gli innocenti, molti dei quali bambini.

2. La celebrazione odierna è il punto di arrivo di un lungo percorso che, il 5 marzo dell’anno scorso, ha visto riuniti presso il Dicastero delle Cause dei Santi un certo numero di Cardinali e Vescovi, affinché offrissero al Santo Padre il loro parere sul martirio e la beatificazione delle nostre nuove Beate. Come Prefetto del Dicastero posso assicurarvi che la storia di queste religiose ha suscitato nei partecipanti un’intensa emozione, soprattutto per due elementi singolari. Il primo è l’atrocità di quei soldati dell’Armata rossa, un’atrocità che sembrò superare ogni limite, non si fece scrupoli a calpestare la dignità dell’essere umano e non ebbe alcun rispetto né della dignità di queste donne, né del loro stato di consacrate. Il secondo elemento è, dall’altra parte, la forza d’animo e la perseveranza di queste religiose, che si sono sapute opporre alla sopraffazione – potremmo dire – «con la forza della loro debolezza». È come se lungo tutti gli anni di vita consacrata, alimentate quotidianamente dalla meditazione della Parola di Dio, dal nutrimento della Divina Eucaristia e dal sostegno dell’essere comunità religiosa, esse abbiano vissuto una vera e propria «pedagogia martiriale», che le ha preparate all’offerta totale di sé stesse a Cristo e alla Chiesa. Crebbero giorno per giorno nella carità di Cristo, perché ascoltarono Cristo, il martire per eccellenza, concentrarono l’attenzione verso il martire dei martiri, capo dei martiri, signore dei martiri, esempio dei martiri, osservatore dei martiri, soccorritore dei martiri, coronatore dei martiri (cf. Agostino, Sui martiri, Discorso 335/G: PLS 2, 804).

3. Nel contesto di questa solenne celebrazione abbiamo ascoltato un brano, tratto dalla lettera di San Paolo ai Romani. In esso c’è come una sintesi della vita e della morte delle nostre nuove Beate. In cosa consiste l’essenza della loro testimonianza, se non in quella «letizia nella speranza, costanza nella tribolazione e forza attinta dalla continua preghiera» (cf. Rm 12, 12), di cui l’Apostolo parla? Origene, uno dei più antichi commentatori del Nuovo Testamento, commenta così questo passo: «Ha gioia nella speranza chi non si cura delle cose che si vedono, ma aspetta quelle che non si vedono, e chi sa che le sofferenze del tempo presente non sono proporzionate alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Commento alla lettera ai Romani, 9, 11: PG 14, 1220). La carità, l’amore gratuito e disinteressato per Cristo e per i fratelli è il compimento della fede: è uno slancio verso il futuro, che dà senso al tempo e lo rende attesa di un incontro; è vivere ogni circostanza con la certezza di non essere soli, di poter confidare su di una presenza che è più grande di tutto e di tutti.

In ragione di questa carità il cuore «si attacca al bene» – per usare l’espressione paolina – perché scopre la perenne verità della storia: che il bene cioè trionfa sempre sul male. Con tale sicurezza le nostre nuove Beate si sono poste davanti a coloro che allora sembravano i più forti e che, ubriacati dal materialismo, sostituivano l’unico vero Dio con idoli umani fragili ed effimeri, il messaggio evangelico dell’amore con l’ideologia dell’odio e della violenza. Quale è il risultato di questo squilibrato scontro? Le Beate martiri oggi ribadiscono con la loro testimonianza il valore perenne di Dio e del bene, mentre i loro assassini vengono ricordati soltanto per l’efferatezza del male compiuto. Kristofora Klomfass e le sue compagne, in opposizione ai loro carnefici e alla matrice ideologica da cui provenivano, affermano per sempre quello cha ha scritto Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate: «Quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il “bene” comincia a svanire» (n. 18).

4. In questo senso acquista un significato peculiare cantare oggi, con Maria Vergine, il Magnificat di lode e di ringraziamento a Dio che guarda l’umiltà e la esalta, fa grandi cose per chi confida nel suo amore, chiama «beati» i poveri in spirito. Voglio riprendere con voi le parole di San Giovanni Paolo II, glorioso figlio di questa nazione, che nel corso di una catechesi sul Magnificat ebbe a dire: «Con la sua lettura sapienziale della storia, Maria ci introduce a scoprire i criteri del misterioso agire di Dio. Egli, capovolgendo i giudizi del mondo, viene in soccorso dei poveri e dei piccoli, a scapito dei ricchi e dei potenti e, in modo sorprendente, colma di beni gli umili, che gli affidano la loro esistenza» (Udienza generale, 6 novembre 1996). Quello che Maria proclama è un criterio nuovo di guardare alla storia degli uomini: il criterio di Dio, il criterio dell’umiltà e dell’abbandono in Dio.

Nella testimonianza delle nostre nuove Beate tale criterio si manifesta in modo esemplare. Davvero sono potenti quelli che hanno imparato a dire con l’apostolo: Possiamo tutto in colui che ci dà forza, Gesù Cristo (cf. Fil 4, 13). Kristofora Klomfass e le sue 14 compagne ci offrono oggi una lezione particolare. Innanzitutto esse sono resistenti a una cultura di odio e di divisione, tanto diffusa nella società di oggi. Sono infatti testimoni convincenti della presenza di Dio nella storia, di fronte a coloro che, negando Dio e la sua parola di verità e di vita, calpestano la dignità umana. Oggi, con la celebrazione della loro beatificazione, non si evoca la loro storia per farne la vendetta o per richiedere il risarcimento di una giustizia umana, ma per ricevere la consegna di ciò che hanno di più prezioso: il perdono, la carità e l’amore di ogni uomo.

Voci della coscienza che non si può zittire, profeti sempre attuali della pace sulla terra e di una umanità riconciliata e concorde, esse consegnano a ciascuno di noi due parole: perdono e conversione. Ci invitano a perdonare, a togliere cioè da noi la tristezza del rancore e dell’odio. Ci spronano a convertirci e convertire: nei nostri ambienti di vita, scegliendo ogni giorno la pace, la fraternità, il rispetto della libertà degli altri, la serenità nei rapporti umani. Facciamo festa per queste nuove Beate, non lasciamo cadere inutilmente il loro insegnamento e il loro esempio!

In ogni epoca della storia della Chiesa, così come in modo eminente nei decenni più recenti, i martiri sono testimoni supremi del regno di Dio e del valore del suo Vangelo. Anche nel nostro tempo – lo affermava San Giovanni Paolo II al crepuscolo del secolo scorso, lo ribadiva Papa Francesco in questo primo quarto del nuovo millennio – c’è una reale persecuzione dei cristiani, fatta con armi diverse. Una persecuzione più sottile, a volte, combattuta con le armi della cultura e delle comunicazioni sociali. Un’azione avversa, falsa e irridente, che inonda continuamente le case e le famiglie, le menti e le coscienze. Opporsi oggi a questa cultura è un vero martirio quotidiano, un impegno non senza conseguenze per tutti coloro che portano avanti un lavoro educativo pienamente rispondente al messaggio di Cristo e per la promozione di un’autentica umanità. Sì, oggi abbiamo bisogno dei testimoni credibili, come le nuove Beate, per rafforzare una fede spesso fragile, riaccendere la fiamma della speranza nelle nostre Comunità cristiane, allargare l’orizzonte del nostro cuore di tutti all’immensità dell’amore divino.

5. Carissimi fratelli e sorelle, affidiamoci a Maria Vergine. Cantiamo con lei il cantico della Visitazione, che in questo giorno celebriamo. Non a caso oggi è la festa patronale della Congregazione delle Suore di Santa Caterina, dalla quale provengono le nuove Beate. La Madre di Cristo e Madre nostra, Regina dei Martiri, Aiuto dei cristiani e Regina della Polonia, porti a compimento in noi la chiamata che Dio ci fa a seguire Cristo con fedeltà e umiltà, a confidare nell’opera di Dio, ad essere santi come lui ci vuole.

 

Basilica di santa Caterina, Braniewo (Polonia), 31 maggio 2025

 

Marcello Card. Semeraro