Immacolati, come Maria, nella carità
Omelia nella solennità della Immacolata Concezione
Un inno di sant’Ambrogio, scritto per essere cantato nell’aurora del nuovo giorno e ancora oggi ripetuto nella Chiesa, invoca Cristo come «splendore della gloria del Padre». Di questa luce, il mistero dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria ci dona un anticipo. La Santa Madre di Dio, infatti, oggi ci è mostrata come aurora della salvezza. Dell’aurora tu sorgi più bella, coi tuoi raggi a far lieta la terra... dice un ben noto canto mariano, che prende avvio dal Cantico dei Cantici (cf. 6,10). In questa prospettiva, che vede in Maria il preconio di Cristo, noi celebriamo la solennità della sua Immacolata Concezione.
È per me emozionante poterlo fare oggi, insieme con voi, qui a Loreto, nella Basilica che custodisce la Santa Casa di Nazareth e sono grato davvero all’arcivescovo Fabio Dal Cin per il suo fraterno invito. Mi torna alla memoria Papa Francesco quando, guidando la preghiera dell’Angelus dell’8 dicembre 2021, disse che Maria fu dichiarata la piena di grazia «tra le mura di casa sua: non nella piazza principale di Nazaret, ma lì, nel nascondimento, nella più grande umiltà. In quella casetta a Nazaret palpitava il cuore più grande che una creatura abbia mai avuto … Con quell’annuncio, tra le povere mura di una piccola casa, Dio ha cambiato la storia. Anche oggi desidera fare grandi cose con noi nella quotidianità: cioè in famiglia, al lavoro, negli ambienti di ogni giorno. Lì, più che nei grandi eventi della storia, la grazia di Dio ama operare».
Riflettendo sulla parola di Dio che è stata proclamata, facciamo insieme un veloce confronto tra due delle letture bibliche che abbiamo ascoltato: quella tratta dal libro della Genesi e l’altra dal vangelo secondo Luca. La prima è la storia della punizione dei nostri progenitori dopo la caduta; la seconda è il racconto dell’annunciazione a Maria. Le storie sono contrapposte, perché la prima comincia nel segno della paura: «ho avuto paura e mi sono nascosto», dice Adamo; la seconda, invece, è tutta nel segno della gioia: «Rallegrati … non temere, Maria, hai trovato grazia presso Dio», dice Gabriele. E la giovane donna di Nazaret non si nasconde, ma risponde prontamente Eccomi.
Si tratta, a ben vedere, di due ben diversi annunci su Dio. Nel primo, dialogando con Eva, il serpente insinua l’immagine di un Dio ingannatore e invidioso. «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino? … Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”» (Gen 3,1-5). I progenitori si lasciano distrarre da queste parole, illudere da questa immagine di Dio. Ascoltano lo spirito cattivo, piuttosto che lo spirito buono. Nell’altra storia, invece, Gabriele annuncia un Dio amico dell’uomo, che ha fiducia in lui, lo apre alla gioia e alla vita, perfino dove non ci sono umane aspettative. E Maria cosa fa? Il contrario di ciò avevano fatto Adamo ed Eva: si apre al dialogo con Dio e dichiara: «Avvenga per me secondo la tua parola». Si apre, così, alla volontà di Dio perché ciò che anzitutto le sta a cuore è fare la volontà di Dio.
Ed è questo che, prima di ogni cosa, deve interessare pure a noi, cristiani. È quello che Gesù ci ha insegnato a domandare nella preghiera: sia fatta la tua volontà (Mt 6,10). Un’altra volta ha detto: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21); e, un’altra volta: «chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50). In ciò nostro modello è Maria. Cosa fa, difatti, nel mistero dell’Annunciazione narratoci dal Vangelo? Ascolta, interroga, risponde … San J.H. Newman, di recente dichiarato da Papa Leone XIV dottore della Chiesa, commentando diceva: «La fede di Maria non si risolveva in semplice remissività ai disegni e alle rivelazioni divine … Non le basta accettarla, vi riflette sopra; non le basta possederla, la usa; non le basta assentirvi, la sviluppa; non le basta sottomettere la ragione, essa ragiona sulla propria fede…» (cf. Oxford University Sermons XV, 2-3: ed. Longmans, Green, and Co., London 1909, pp. 312-313).
Ecco il modello del dialogo fra la grazia divina e la libertà umana. È un dialogo che ha bisogno di silenzio e poi anche di tempo. Non per nulla quello ascoltato è il passo evangelico dove il parlare di Maria occupa più tempo! E ha bisogno pure di aiuto. Maria ha accettato l’aiuto dell’Angelo. Non si può fare autentico discernimento della volontà di Dio senza questi tre elementi: il silenzio, per potere ascoltare Dio; il tempo, per assimilare la sua Parola; l’aiuto di Dio, senza il quale non riusciamo ad accogliere alcun suo di Dio. Il teatro dove questo dramma si svolge è il cuore. Esso, infatti, è il luogo più intimo della persona, dove è impresso in modo indelebile il nostro essere a immagine e somiglianza di Dio. È lì che, nonostante le cadute e le ferite provocate dal peccato, la vita può essere sempre rinnovata dallo Spirito. Anche quando, nella nostra vita cristiana, inciampiamo, o commettiamo un peccato (e chi non lo fa?), non tutto è perduto, se restiamo in dialogo con Dio. Se gli permettiamo di entrare nella nostra vita, Egli riesce sempre a raccogliere ciò che si è spezzato e a guarire ciò che è ferito sicché possiamo ogni volta risollevarci e ripartire.
Perché Dio volle che la sua predestinata madre nascesse immacolata dalla macchia di peccato originale? Il francescano beato Raimondo Lullo rispondeva: «perché ci fosse un amore più grande tra madre e figlio» (cf. Ench. Theol. Lullianum, Antonianum, Roma 2025, p. 601). Anche noi, come abbiamo udito da san Paolo, siamo stati «scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Alla Vergine Immacolata, dunque, chiediamo di saperla imitare amando Gesù con un amore sempre più grande. Amen.
Loreto (AN), Basilica della Santa Casa, 8 dicembre 2025
Marcello Card. Semeraro