Aniela Salawa
(1881-1922)
- 12 marzo
Laica, vergine del Terz’Ordine di San Francesco, che scelse di impegnare tutta la vita lavorando come donna di servizio: visse umilmente tra le serve e migrò al Signore in assoluta povertà
Nacque il 9 settembre 1881 a Siepraw presso Cracovia in Polonia, undicesima dei dodici figli di Bartłomiej Salawa ed Ewa Bochenek. Al Battesimo, ricevuto quattro giorni dopo la nascita, le fu dato il nome di Aniela, corrispettivo polacco di Angela. Fu educata alla fede dalla madre.
Già a quindici anni lavorava come donna di servizio e maturò col tempo la decisione di non sposarsi. Scossa dalla morte della sorella Teresa nel 1899, intraprese un serio cammino di penitenza e conversione, trasformandosi in un’apostola tra le domestiche di Cracovia.
Il 15 maggio 1912 ricevette l’abito di Terziaria francescana, mentre aveva già emesso il voto privato di castità.
Ridotta in povertà per aver perso il lavoro, finì col vivere in una soffitta, dove ebbe anche visioni ultraterrene.
Ricoverata presso l’ospedale Santa Zita di Cracovia, vi morì il 12 marzo 1922.
È stata beatificata da san Giovanni Paolo II il 13 agosto 1991 a Cracovia, durante il secondo viaggio apostolico in Polonia del Pontefice. La sua memoria liturgica, per la diocesi di Cracovia, è stata fissata al 12 marzo. I suoi resti mortali sono stati traslati il 13 maggio 1949 nella basilica di San Francesco a Cracovia, dove sono tuttora venerati.
(fonte: santiebeati.it)
MESSA PER LA BEATIFICAZIONE DELLA
MISTICA FRANCESCANA ANGELA SALAWA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza del Mercato (Cracovia) - Martedì, 13 agosto 1991
1. “Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi” (Rm 8, 15).
Signor Presidente della Repubblica di Polonia, Signor Primo Ministro, Presidente del Senato, Rappresentanti del Governo, Sua Eminenza il Cardinale Metropolita di Cracovia, tutti i cari fratelli nell’Episcopato, Cardinali, Arcivescovi e Vescovi. Tutti i miei cari connazionali, fratelli e sorelle, Cracoviani ed ospiti. Fratelli nel sacerdozio, fratelli e sorelle nella vocazione religiosa. Fratelli e sorelle tutti nella vocazione cristiana.
Le parole paoline della Lettera ai Romani lette all’inizio sono il pensiero guida della Giornata Mondiale dei Giovani a Jasna Gora. I giovani pellegrini di varie parti del mondo, provenienti soprattutto da diversi paesi d’Europa, si mettono in cammino in questi giorni verso il Santuario di Jasna Gora. Sono guidati dalle parole dell’Apostolo: “tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi . . . ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”” (Rm 8, 14-15). È la gioia dello Spirito Santo quando può rendere testimonianza al nostro spirito umano “che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm 8, 16-17).
Recandomi a questo incontro dei giovani, mi fermo tra i miei connazionali a Cracovia. Qui, quante opere umane e quanti cuori umani testimoniano attraverso le generazioni questa eredità di Dio, di Cristo! Quanto debbo, io stesso, a questa testimonianza! Tra le mura della vecchia e della nuova Cracovia, sempre regale, non cessi la gioia dello Spirito Santo, cioè le menti e i cuori sensibili alla sua divina testimonianza!
E per questo è per me una grande gioia di aver potuto celebrare a Cracovia la beatificazione di Angela Salawa. Questa figlia del popolo polacco, nata nel vicino Siepraw, ha legato una notevole parte della sua vita a Cracovia. Questa città è stata l’ambiente del suo lavoro, della sua sofferenza, della sua maturazione nella santità. Collegata con la spiritualità di San Francesco d’Assisi, ha mostrato un’insolita sensibilità all’azione dello Spirito Santo. Ne rendono testimonianza gli scritti che ci ha lasciato.
2. In precedenza gli incontri della Giornata Mondiale dei Giovani hanno avuto luogo a Roma e a Buenos Aires e, ultimamente, a Santiago de Compostela in Spagna. Se questa volta gli organizzatori hanno chiesto Jasna Gora ciò è avvenuto in seguito agli eventi del 1989. Quell’anno costituisce una nuova sfida al nostro vecchio continente. Poco dopo mi era stato dato di mettere i piedi sul luogo santificato dal ricordo degli Apostoli degli Slavi, i santi fratelli Cirillo e Metodio, a Velehrad in Moravia. Lì fu anche annunciato il Sinodo speciale dei Vescovi d’Europa, che dovrà svolgersi a Roma, nelle ultime settimane dell’anno corrente.
La Giornata dei Giovani a Czestochowa è quasi una preparazione del terreno per quel Sinodo, che si svolgerà pensando al terzo millennio, ormai vicino, della venuta di Cristo. In un certo senso è un Sinodo d’Avvento. Avvento significa orientamento verso il futuro. I Giovani portano in sé questo futuro.
3. La liturgia dell’odierna domenica ci pone davanti agli occhi la grande peregrinazione d’Israele dalla schiavitù in Egitto alla Terra promessa. Quarant’anni sotto la guida di Mosè. Cristo si riferisce a questo mentre dice: “I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti” (Gv 6, 49). E ricorda quel pane, di cui si nutriva il popolo nel deserto, per annunziare l’Eucaristia - il cibo di vita eterna: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51). È possibile questo? Il testo di Giovanni ci dice che i presenti mormoravano, alcuni poi andarono via . . . Ed ecco ciò che dice Cristo: “Non mormorate . . . nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 43-44).
A noi, che oggi abbiamo cantato nel Salmo responsoriale: “Vedete tutti quanto è buono il nostro Signore” (cf. Sal 34, 9), Cristo dice: permettete a Dio di essere buono secondo la sua propria misura. Il bene è tale perché si concede, perché fa un dono di sé. Lasciate a Dio vivo, che è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, di essere buono verso di voi secondo la sua propria misura. Questa è la misura sovrumana. Questa è la misura dell’Eucaristia. “Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi . . . in sacrificio” (Ef 5, 2). E quel suo sacrificio redentore egli ce lo ha lasciato come dono nell’Eucaristia.
È in virtù di tale dono, di questo cibo, che noi facciamo il pellegrinaggio attraverso la vita temporale, come una volta Israele attraverso il deserto. E di questo dono attestano i templi di Cracovia, antichissimi e nuovissimi, che gridano a tutti: “Vedete quanto è buono il nostro Signore”. I templi di Cracovia? Quanto essi hanno parlato alla beata Angela Salawa di Dio - di questo Dio che desidera donare se stesso all’uomo.
È verso quel Dio che si dona all’uomo che vengono in pellegrinaggio i giovani da varie parti del nostro paese, dall’Europa, da varie parti del mondo: essi “hanno ricevuto uno spirito da figli adottivi”. A che cosa tendono? Che cosa desiderano? “Essere imitatori di Dio quali figli carissimi e camminare nella carità perché Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi offrendosi in sacrificio” (cf. Ef 5, 1-2).
4. L’odierna liturgia ci mostra ancora un pellegrino solitario: il profeta Elia, il quale sfuggendo alla vendetta della crudele regina Gezabele, moglie di Acab, fece sosta nel deserto, estremamente esausto, chiedendo a Dio di morire (cf. 1 Re 19, 4).
Lo stesso Elia, profeta del Dio vivente, intraprese la lotta contro i falsi profeti, che cercarono di incamminare il popolo sulle vie dell’idolatria. Elia scongiurava gli Israeliti con le seguenti parole: “fino a quando zoppicherete da entrambi i piedi? Se il Signore è (il vero) Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!” (1 Re 18, 21). II Signore confermò la parola del Profeta, così che tutto il popolo poté convincersi che il vero Dio era lui e non Baal.
Dopo una tale prova di fede, che era un palese giudizio di Dio agli occhi di tutti, Elia deve fuggire davanti alla vendetta di un’accanita adoratrice di Baal, la regina Gezabele. Ed ecco il profeta esausto, stanco morto. Viene destato dal sonno da un messaggero divino che gli dice: “Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino” (1 Re 19, 7). Il Libro dei Re aggiunge, che in virtù di queste parole Elia mangiò e partì per continuare il cammino fino al monte di Dio, l’Oreb (cf. 1 Re 19, 8). Pensiamo alle prove dei nostri tempi. L’uomo di oggi non conosce una tale idolatria come ai tempi di Elia. Le prove della fede hanno subito una lunga evoluzione.
Oggi non si pone più l’interrogativo “Se Dio è il Signore, seguitelo, se Baal, seguite lui”. Oggi si tenta di rendere questo problema essenzialmente non importante. Verso la fine del ventesimo secolo all’uomo il programma suona così: “viviamo così, come se Dio non esistesse”. Però: se Dio non esiste, tutto è lecito - ha già affermato Dostojevski. Siamo al di fuori del bene e del male, aggiunge Nietzsche. Mentre il ventesimo secolo volge verso la fine, abbiamo dietro le spalle le esperienze fin troppo eloquenti ed orrende, che attestano che cosa in realtà significa quel programma di Nietzsche. A che cosa andiamo incontro, se viviamo come se Dio non esistesse?
5. In una tale epoca i giovani da Est e da Ovest vanno in pellegrinaggio a Jasna Gora. In qualche modo tutti andiamo là con loro. Insieme con noi cammina in pellegrinaggio tutta la nostra storia, che qui, a Cracovia, trova una particolare espressione.
Specialmente la Beata Edwige, la Signora di Wawel, davanti al cui crocifisso devo inginocchiarmi prima di visitare l’Ungheria. Edwige, la cui eredità angioina trae origine dalla Francia, per raggiungere, nelle diramazione della sua stirpe, il regno di Napoli, al sud dell’Italia e, allo stesso tempo, d’Ungheria. Edwige, figlia di Luigi d’Ungheria e della Polonia, nipote di Elisabetta figlia di Ladislao il Breve che a sua volta aprì la nostra storia all’Oriente. Tutto questo ha la sua eloquenza molto attuale, quando ci troviamo davanti all’imperativo di un’Europa più riconciliata, edificata sul rispetto dei diritti dell’uomo e dei diritti delle nazioni.
Quanto è attuale ciò che l’Apostolo scrive nella Lettera agli Efesini: “non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira . . . e maldicenza con ogni sorta di malignità . . . Perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4, 30-32).
Quanto questo è attuale! Insieme con tutti coloro che nel corso della storia, e anche con quelli dei nostri tempi, sono divenuti la gioia dello Spirito Santo, insieme a questa amata Signora di Wawel, Edwige l’Angioina, ripetiamo le parole dell’Apostolo: “Non rattristate lo Spirito Santo!”
Ripetiamo queste parole insieme con la beata Edwige, regina della Polonia e “madre delle nazioni”. E le ripetiamo insieme con la beata Angela Salawa. Si uniscano nella nostra coscienza queste due figure femminili. La regina e la donna di servizio! Tutta la storia della santità cristiana e della spiritualità edificata sul modello evangelico non si esprime forse in questa frase semplice. “Servire Dio è regnare”? (cf. Lumen gentium, 36). La stessa verità viene espressa dalla vita di una grande regina e di una semplice donna di servizio.
6. “Non rattristate lo Spirito Santo!”.
Non rattristiamo lo Spirito Santo. Non facciamo resistenza alla sua potenza, invisibile e, tuttavia, più reale di tante visibili e chiassose “potenze” prodotte in grande abbondanza dall’uomo dei nostri giorni.
“È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (Gv 6, 63) - in queste poche parole di Cristo è contenuta la valutazione di tutte le specie di materialismo, che sotto diverse forme ritornano sempre, per opporre resistenza, negli uomini, allo Spirito che dà vita.
“Non rattristate lo Spirito Santo!”.
Rinnoviamo in noi l’eredità di Dio e di Cristo, cari fratelli e sorelle. Che, dopo tante esperienze del tragico secolo, che volge verso il suo termine, si rinnovi e si consolidi la generazione di coloro che “adorano il Padre in Spirito e verità” (cf. Gv 4, 23).
Dio attende tali adoratori!
Dopo aver impartito la Benedizione, il Papa saluta ancora i numerosi fedeli presenti con queste parole.
Al termine di questa Eucaristia nel vecchio Mercato di Cracovia, nella celebrazione della quale la Chiesa ha elevato alla gloria dell’altare Aniela Salawa, desidero far risuonare le sue esatte parole. Sono tratte dal Diario. Una frase che sembra particolarmente necessaria in questo momento dopo la santa Comunione. Così scrive, così grida a Cristo Aniela: “Desidero che Tu sia adorato così come sei distrutto”. E poi della sua vocazione, o piuttosto della vocazione a lei data da Dio: “Dio aveva per la mia anima alti progetti creandomi a Sua immagine”. Queste parole della nostra beata connazionale, originaria di Siepraw ma cracoviana, rimangano nella nostra mente e nel nostro cuore.
È per me un’immensa gioia, aver potuto quest’oggi beatificare in Cracovia Aniela Salawa. Quante volte ho pregato dinanzi alle sue reliquie, tanto profondamente si sono impresse nella mia mente e nel cuore queste parole: “Signore, vivo per Tua volontà, morirò quando lo vorrai, salvami perché tu puoi”. Forse a questo proposito, tali parole debbono oggi essere ivi pronunciate, nell’anno in cui il Papa è venuto per ringraziare i suoi connazionali in Cracovia per la “Marcia bianca” di dieci anni fa. È in questa occasione presente tra i celebranti il Vescovo di Fatima. Questa riflessione occupa la mia mente sin da quando la Divina Provvidenza e la Madre di Cristo, con Sua intercessione, hanno prolungato di dieci anni questa mia via Crucis. Ed oggi mi trovo qui a condividere con voi tutto ciò che ci ha uniti e che ancora ci lega, ciò che fa di Cracovia il nostro legame, il grande passato di questa città, passato reale e borghese. Di questo è testimone il Wawel, questa Piazza del Mercato, la Basilica della Vergine Maria, il Mercato coperto (Sukiennice), tutto ciò che mi è stato dato, che ho portato con me, per il quale ringrazio voi tutti, cari fratelli e sorelle, miei connazionali, coeredi di questo grande millennio.
Mi rivolgo alla città, alla Chiesa, all’arcidiocesi, a tutte le parrocchie nonché alle comunità religiose maschili e femminili; mi riferisco a tutti gli abitanti di Cracovia, a coloro che dimorano nelle campagne ed in città, alla gente di Siepraw che oggi celebra questa santa festa, alle persone che giornalmente lavorano con assiduità nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, nei campi. Mi rivolgo a Nowa Huta, grande centro di lavoro, punto di lotta per l’affermazione della dignità dei lavoratori: quanto ho avuto in comune con questa Nowa Huta, quanto da essa ho potuto apprendere e farne tesoro. L’esperienza acquisita da questi due centri, grazie a Dio, mi è finora sufficiente. Ringrazio tutti, senza eccezione, uomini di cultura, artigiani ed atleti. Tutti! Coloro che costituirono Cracovia e ancora ne sono parte.
Ciascuno di essi è stato presente durante questa santissima Eucaristia, in quest’offerta, da me gioiosamente celebrata in questa Piazza del mercato, per la prima volta in vita mia. Ricordiamo anche il quarantesimo anniversario della morte del grande Cardinale Metropolita Stefan Sapieha, nostro educatore; noi tutti più anziani lo definiamo così, nostro padre, nostro vero padre. Questo è anche l’anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario del martirio di Maximilian Kolbe nel campo di Auschwitz: proprio allora, in questo periodo, offrì la sua vita nel bunker della morte. Tutto ciò si ricompone in un grande insieme che appartiene al passato, che illustra la via per il futuro, insieme a te, beata Aniela da Siepraw.
Quando terminava la tua esistenza, per noi nasceva la seconda Repubblica. Questo noi oggi portiamo all’altare, in questa antica Piazza del Mercato. Ci troviamo all’inizio della terza Repubblica. Raccomandiamo a te, beata Aniela, a tutti i grandi santi, ai beati, ai supremi spiriti della nostra nazione, a tutti costoro raccomandiamo questa terza Repubblica affinché riesca . . . Ti preghiamo, così come feci in occasione del duecentesimo anniversario della Costituzione del 3 maggio nella Cattedrale di S. Giovanni a Varsavia: insegnaci ad essere liberi!
Dio ricompensa tutti per la preghiera comune. Dio ricompensa i cuori. Dio ricompensa tutti coloro che hanno preso parte alla nostra liturgia cracoviana. Egli ricompensa tutti i presenti, tutti quelli che sono insieme a noi con il loro cuore, la loro offerta, con la sofferenza, gli ammalati e gli infermi.