Arsenio da Trigolo
(1849 - 1909)
- 10 dicembre
Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fondatore della Congregazione delle Suore di Maria Santissima Consolatrice, uomo di straordinaria umiltà, bontà, carità e nascondimento
Arsenio da Trigolo (al secolo: Giuseppe Migliavacca) nacque a Trigolo, presso Cremona, il 13 giugno 1849 e venne battezzato con il nome di Giuseppe. Desiderando servire il Signore, ancora fanciullo entrò nel seminario di Cremona. Qui compì l’iter formativo dal 1863 al 1873, in un clima culturale e politico condizionato dalle poco felici relazioni fra il Regno d’Italia e lo Stato Pontificio. Il 21 marzo 1874 ricevette l’ordinazione sacerdotale e venne inviato come coadiutore del parroco a Paderno di Ossolaro e poi a Cassano d’Adda.
Per il desiderio di dedicarsi completamente a Dio entrò nella Compagnia di Gesù emettendo la prima professione nel 1877. Per la fragile salute dovette sospendere gli studi e fu destinato dai Superiori come Prefetto nel Collegio di Cremona, dove portò a termine la filosofia, mentre studiò teologia a Portoré in Istria. Trascorse l’anno di probazione a Lainz, presso Vienna, e nel 1888 emise la Professione solenne a Venezia come coadiutore spirituale (operarius). Nel suo servizio apostolico fu stimato da tutti, specialmente dalle comunità religiose femminili che lo avevano come direttore di esercizi spirituali e come accompagnatore nella vita interiore.
In questi anni di grande impegno pastorale incontrò Pasqualina Giuseppina Fumagalli, una donna che, dimessa dalle Suore di Notre Dame du Bon Secours, aveva fondato un Istituto religioso, chiamato “della Consolata”, aprendo case a Torino e Milano senza ottenere i permessi dai rispettivi Vescovi. Poiché aveva indirizzato due giovani all’Istituto della Fumagalli a Torino, il beato Arsenio fu richiamato dai Superiori e nel marzo del 1892 fu costretto a dimettersi dalla Compagnia di Gesù con l’accusa di “gravi imprudenze”. Ritornato a Trigolo venne dopo poche settimane richiamato dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Giovanni Maria Riccardi, per assumere la cura spirituale dell’Istituto iniziato dalla Fumagalli, fondando di fatto le Suore di Maria SS: Consolatrice ne redasse la Regola e le Costituzioni sull’impronta della spiritualità ignaziana.
Nel 1896 il Beato Arsenio trasferì a Milano la Casa Madre e il noviziato dell’Istituto, preludio di quanto sarebbe poi emerso durante il primo Capitolo Generale delle Suore di Maria SS. Consolatrice, tenutosi nel 1899. Il profondo disaccordo tra le suore della sede di Milano e quelle che erano rimaste a Torino indusse l’Arcivescovo di Milano, il Beato Andrea Carlo Ferrari, a rinnovare tutti gli incarichi e i servizi di autorità nell’Istituto. Lo stesso Beato Arsenio fu allontanato e dovette affrontare un nuovo radicale cambiamento nella sua vita. Così, all’età di cinquantatre anni, dopo aver ottenuto il voto favorevole dei vari Superiori, iniziò, con il nuovo nome di Fra Arsenio da Trigolo, il noviziato presso i Frati Minori Cappuccini della Provincia di Milano nel convento di Lovere. Emessi i voti temporanei, fu inviato a Bergamo per guidare nello spirito i giovani studenti cappuccini e curare il Terz’Ordine Francescano. Morì il 10 dicembre 1909.
(fonte: ofmcap.org)
«La virtù del silenzio»: ecco il tratto caratteristico di un testimone di umiltà e carità come Arsenio da Trigolo (1849-1909), «il frate degli ultimi», beatificato sabato mattina 7 ottobre nel duomo di Milano. La messa è stata celebrata dal nuovo arcivescovo ambrosiano Mario Delpini, mentre il rito per la beatificazione è stato presieduto — in rappresentanza di Papa Francesco — dal cardinale Angelo Amato, che ha rilanciato l’attualità della testimonianza di un religioso — al secolo Giuseppe Migliavacca, vissuto tra il 1849 e il 1909 — gesuita per quasi diciotto anni, sacerdote nelle diocesi di Cremona, Torino e Milano e infine figlio di san Francesco, col saio di frate minore cappuccino, nell’ultimo tratto di vita, oltre che fondatore delle Suore di Maria Santissima Consolatrice.
Uomo gioioso e austero allo stesso tempo, «ignaziano e francescano», Arsenio si è schierato sempre dalle parte degli ultimi riuscendo a esercitare al massimo la virtù della pazienza, soprattutto nei duri momenti di prova. Sicuramente, ha spiegato il prefetto della Congregazione delle cause dei santi nell’omelia, «era un sacerdote fiero della sua vocazione e del suo apostolato: prima da prete diocesano, poi da gesuita e, infine, da cappuccino mantenne sempre viva la tensione alla santificazione propria e altrui».
Sessant’anni di vita, 13 anni passati in famiglia, 12 nel seminario di Cremona, poco più di 1 anno come sacerdote della diocesi di Cremona, 17 anni nella Compagnia di Gesù, altri 10 anni come Superiore di un Istituto femminile pellegrinando da Torino a Milano, e infine 7 anni o poco più come frate cappuccino fra Lovere e Bergamo.
Una vita passata da un luogo all’altro cercando sempre di dare maggior gloria a Dio con un servizio fedele, umile e silenzioso. Caratteristiche che colpiscono e lasciano stupiti perché si potrebbe pensare che fosse un’anima incostante o sempre alla ricerca del suo status, del suo sentirsi emozionalmente bene, ma non è così.
Leggendo i suoi scritti si scopre un cristiano che tende alla ricerca della volontà di Dio e di aderirvi, consapevole della propria pochezza e fragilità, mostrando la sua grande fiducia in Dio accogliendo, più che accettare passivamente, i disagi o le incomprensioni. Il Santo Padre Francesco nella Lettera Apostolica, letta durante i rito di beatificazione scrive: il Beato Arsenio “nelle difficoltà e nelle prove subite seguì Cristo povero, umile con totale abbandono e con cuore puro e mite”.
Sta qui la sua ricchezza che per noi diventa il suo esempio e il suo insegnamento: ha avuto pazienza, non si è agitato, non ha inoltrato denuncie o richieste di risarcimento, ha avuto pazienza consapevole che il Signore stava costruendo la vera virtù e con la virtù la salvezza della sua anima (cfr. San Francesco d’Assisi, Della vera e perfetta letizia). La preghiera e la celebrazione eucaristica furono la sua forza per vivere i momenti più difficili avvolgendo nel silenzio e nel perdono sia il male ricevuto che il bene fatto. Mite e docile visse il suo sacerdozio come un grande atto di amore per il Signore e con una straordinaria ansia apostolica per le anime, rendendosi costantemente disponibile al dinamismo della grazia che in lui operò anche attraverso le contrastanti vicende della vita.
La fama di santità che lo ha accompagnato portò, il 3 aprile 1998 all’apertura, presso la Curia Arcivescovile di Milano, dell’Inchiesta diocesana, chiusa il 9 maggio 1999. Da quel momento seguì un lungo lavoro per preparare la Positio presentata alla Congregazione delle Cause dei Santi nel 2009 e discussa dai Consultori Teologi il 15 gennaio 2015 e successivamente dai Cardinali e Vescovi il 19 gennaio 2016. Il papa Francesco, il 20 gennaio 2016, autorizzava la promulgazione del decreto super virtutibus. Si poteva così presentare alla Consulta medica il presunto miracolo attribuito al Venerabile Arsenio. Il 25 febbraio 2016 il responso medico era positivo e successivamente il 29 settembre 2016 anche il Congresso dei Teologi dava responso positivo. I Cardinali e Vescovi approvarono il miracolo nella Sessione del 17 gennaio 2017. Il Santo Padre dava il suo assenso alla promulgazione del decreto super miraculo il 20 gennaio 2017.
Il 7 ottobre 2017, con la celebrazione nel Duomo di Milano, il Beato Arsenio da Trigolo è presentato al popolo di Dio come intercessore e modello indicandoci di seguire Cristo povero e umile e di vivere, esercitando le opere di misericordia, con fedeltà e adesione sincera la propria vocazione e con l’aiuto della grazia di Dio superare con pazienza e lieta semplicità ogni avversità.
(fonte: ofmcap.org)
PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 8 ottobre 2017
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La liturgia di questa domenica ci propone la parabola dei vignaioli, ai quali il padrone affida la vigna che aveva piantato e poi se ne va (cfr Mt 21,33-43). Così viene messa alla prova la lealtà di questi vignaioli: la vigna è affidata loro, che devono custodirla, farla fruttificare e consegnare al padrone il raccolto. Giunto il tempo della vendemmia, il padrone manda i suoi servi a raccogliere i frutti. Ma i vignaioli assumono un atteggiamento possessivo: non si considerano semplici gestori, bensì proprietari, e si rifiutano di consegnare il raccolto. Maltrattano i servi, al punto di ucciderli. Il padrone si mostra paziente con loro: manda altri servi, più numerosi dei primi, ma il risultato è lo stesso. Alla fine, con sua pazienza, decide di mandare il proprio figlio; ma quei vignaioli, prigionieri del loro comportamento possessivo, uccidono anche il figlio pensando che così avrebbero avuto l’eredità.
Questo racconto illustra in maniera allegorica quei rimproveri che i Profeti avevano detto sulla storia di Israele. È una storia che ci appartiene: si parla dell’alleanza che Dio ha voluto stabilire con l’umanità ed alla quale ha chiamato anche noi a partecipare. Questa storia di alleanza però, come ogni storia di amore, conosce i suoi momenti positivi ma è segnata anche da tradimenti e da rifiuti. Per far capire come Dio Padre risponde ai rifiuti opposti al suo amore e alla sua proposta di alleanza, il brano evangelico pone sulle labbra del padrone della vigna una domanda: «Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?» (v. 40). Questa domanda sottolinea che la delusione di Dio per il comportamento malvagio degli uomini non è l’ultima parola! È qui la grande novità del Cristianesimo: un Dio che, pur deluso dai nostri sbagli e dai nostri peccati, non viene meno alla sua parola, non si ferma e soprattutto non si vendica!
Fratelli e sorelle, Dio non si vendica! Dio ama, non si vendica, ci aspetta per perdonarci, per abbracciarci. Attraverso le “pietre di scarto” – e Cristo è la prima pietra che i costruttori hanno scartato – attraverso situazioni di debolezza e di peccato, Dio continua a mettere in circolazione il «vino nuovo» della sua vigna, cioè la misericordia; questo è il vino nuovo della vigna del Signore: la misericordia. C’è un solo impedimento di fronte alla volontà tenace e tenera di Dio: la nostra arroganza e la nostra presunzione, che diventa talvolta anche violenza! Di fronte a questi atteggiamenti e dove non si producono frutti, la Parola di Dio conserva tutta la sua forza di rimprovero e di ammonimento: «a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (v. 43).
L’urgenza di rispondere con frutti di bene alla chiamata del Signore, che ci chiama a diventare sua vigna, ci aiuta a capire che cosa c’è di nuovo e di originale nella fede cristiana. Essa non è tanto la somma di precetti e di norme morali, ma è prima di tutto una proposta di amore che Dio, attraverso Gesù, ha fatto e continua a fare all’umanità. È un invito a entrare in questa storia di amore, diventando una vigna vivace e aperta, ricca di frutti e di speranza per tutti. Una vigna chiusa può diventare selvatica e produrre uva selvatica. Siamo chiamati ad uscire dalla vigna per metterci a servizio dei fratelli che non sono con noi, per scuoterci a vicenda e incoraggiarci, per ricordarci di dover essere vigna del Signore in ogni ambiente, anche quelli più lontani e disagevoli.
Cari fratelli e sorelle, invochiamo l’intercessione di Maria Santissima, affinché ci aiuti ad essere dappertutto, specialmente nelle periferie della società, la vigna che il Signore ha piantato per il bene di tutti e a portare il vino nuovo della misericordia del Signore.
Dopo l'Angelus
Cari fratelli e sorelle,
ieri a Milano è stato proclamato Beato padre Arsenio da Trigolo (al secolo Giuseppe Migliavacca), sacerdote dei Frati minori cappuccini e fondatore delle Suore di Maria Santissima Consolatrice. Lodiamo il Signore per questo umile suo discepolo, che anche nelle avversità e nelle prove - ne ha avute tante - non perdette mai la speranza.
Saluto con affetto tutti voi pellegrini, soprattutto le famiglie e i gruppi parrocchiali, provenienti dall’Italia e da varie parti del mondo. In particolare: i fedeli dell’Australia, della Francia e della Slovacchia, come anche quelli della Polonia che si uniscono spiritualmente ai connazionali che oggi celebrano la Giornata del Papa.
Saluto con affetto voi, il gruppo del Santuario della Madonna di Fatima in Città della Pieve, accompagnati dal Cardinale Gualtiero Bassetti: cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a proseguire con gioia il vostro cammino di fede, sotto lo sguardo premuroso e tenero della nostra mamma celeste: Lei è il nostro rifugio e la nostra speranza! Andate avanti.
Saluto i fedeli di Grumo Appula, gli scout di Gioiosa Ionica, il coro parrocchiale di Siror (Trento) e i cresimandi di San Teodoro (Sardegna).
A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!