Giustino de Jacobis
(1800-1860)
- 31 luglio
Religioso, vescovo della Congregazione della Missione, che nella valle di Alighede in Etiopia, mite e pieno di carità, si impegnò nelle opere di apostolato e nella formazione del clero locale, patendo poi la fame, la sete, le tribolazioni e il carcere
Nacque a San Fele (Potenza) il 9 ottobre 1800 da Giovanni Battista e Giuseppina Muccia. Intorno al 1812, la famiglia, forse per motivi economici, si trasferisce a Napoli. Nel 1818 viene indirizzato verso la comunità dei missionari vincenziani; proseguendo i suoi studi, Giustino de Jacobis si sposta in Puglia e proprio in questa terra, il 18 giugno 1824, nella cattedrale di Brindisi, è ordinato sacerdote.
Partendo per l'Africa, nel 1839, come semplice Prefetto Apostolico, Giustino De Jacobis non seguiva soltanto la sua vocazione, cioè la voce da Dio sussurrata al suo spirito e prontamente ascoltata, ma raccoglieva, altresì, l'invito dell'allora Sacra Congregazione «de Propaganda Fide», accettando in tal modo la missio canonica che gli veniva conferita dall'autorità della Chiesa. Proprio in questo incontro tra personale intenzione ed incarico formale noi troviamo quel congiungimento che, per essere espressione di vera ubbidienza e di generosa fedeltà, non può non preludere all'efficacia della futura azione evangelizzatrice. Fu egli un servo buono e fedele (Matth. 25, 21; Luc. 19, 17), il quale, inviato nella vigna del Signore, indefessamente operò, tra ininterrotte tribolazioni, per dissodarla, coltivarla e fecondarla. Ma a sì grande missione, da parte sua, si era preparato con cura e, per così dire, era già esercitato.
Nell'apostolato in terra Africana, la quale ben presto divenne per lui la seconda patria, emersero chiaramente due note singolari, che ci sembrano direttrici assai valide per l'opera missionaria, quale viene intesa nell'età moderna. Ordinato Vescovo (8 gennaio 1849) da Mons. Guglielmo Massaia, Cappuccino, inviato successivamente in Etiopia e altro grande apostolo missionario di quella terra africana, poi Cardinale, San Giustino De Jacobis ebbe, anzitutto, la costante preoccupazione di formare il Clero indigeno, anticipando così la linea della pastorale vocazionale, che, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, dev'essere ormai considerata acquisita in seno alla Chiesa.
Lavorando nel Tigré, ad Adua e poi a Guala, egli applicò i carismi della sua vocazione nel suscitare, raccogliere, educare le vocazioni tra i fedeli delle nascenti comunità cristiane: per preparare i sacerdoti indigeni egli fondò un Seminario, a cui diede il nome di «Collegio dell'Immacolata».
SOLENNE RITO DI CANONIZZAZIONE DEL VESCOVO GIUSTINO DE JACOBIS
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI
26 ottobre 1975
Venerabili Fratelli e Figli carissimi!
Prosegue idealmente, con l'odierno rito di canonizzazione, la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, durante la quale abbiamo proposto alla venerazione dei fedeli le figure esemplari di quattro nuovi Beati. Anche oggi, infatti, come domenica scorsa, il nostro sguardo si fissa ammirato su un insigne rappresentante del mondo missionario, il Vescovo Giustino De Jacobis, che, nel ventennio centrale del secolo decimonono, fu Prefetto e primo Vicario Apostolico dell'Abissinia, dove esercitò fino alla morte un ardito ed intensissimo ministero. Gode quest'antica e nobile Nazione africana, che fin dall'età apostolica conobbe il verbo cristiano - chi non ricorda il suggestivo incontro, sulla via di Gaza, tra il dignitario Etiope e il Diacono Filippo? (Cfr. Act. 8, 26-40) - nel vedere esaltato un suo figlio, ché il nuovo Santo si fece davvero «abissino tra gli abissini» e fu da loro chiamato con espressione affettuosa 1'Abuna Yaqob. Gode di questa festa la Congregazione Religiosa di S. Vincenzo de Paul, alla quale il nostro Santo appartenne. Gode la Regione Lucana, dov'egli ebbe i natali, nel calore di una onesta e numerosa famiglia. E gode la Santa Chiesa, perché in quest'anno benedetto una nuova luce di santità si accende in lei e per lei, a conforto della sua salutare presenza nel mondo ed a più vasta irradiazione di quegli ideali di rinnovamento e di riconciliazione, ch'ella ha proposto per il presente Giubileo.
L'Anno Santo vuol essere, deve essere stagione di santità, ed anche i frequenti riti che celebriamo in onore dei nuovi Santi e Beati, per la concretezza dei modelli presentati, per l'incarnazione esistenziale dell'homo novus, o nova creatura, quale solo la fede di Cristo può generare (Cfr. Eph. 4, 22-24; Col. 3, 9-10; 2 Cor. 5, 17), come per la certezza di trovare in loro un più valido presidio ed un più diretto raccordo con la Chiesa celeste (Cfr. Hebr. 12, 22-23), tendono ad avvivare un tale panorama di religiosa spiritualità, a punteggiarlo di stelle, ad arricchirlo, a completarlo. Ma converrà ormai precisare, sulla base di più definiti riscontri, quali siano quest'oggi i motivi che spiegano la nostra letizia. Chi fu Giustino De Jacobis? Fu apostolo dell'Etiopia, abbiamo detto; fu religioso dei Preti della Missione; fu uomo che coronò, in una regione assai lontana dalla terra natale, il suo sogno giovanile e virile di messaggero del Vangelo di Cristo. Ma tutto ciò non può bastare: non vale, forse, per altri, per tanti altri Religiosi e Missionari cattolici? Chi fu, dunque, il nostro Santo, e quali le peculiari caratteristiche o, più esattamente, le virtù che segnarono il suo cammino evangelico? Dovremmo, a questo proposito, ripercorrere da vicino le vicende della sua vita ed esaminare le narrazioni e relazioni biografiche. Rinunciando ad una tale ricerca, ci limiteremo - come è nostro costume - a lumeggiare alcuni tratti salienti e degni, pensiamo, di particolare attenzione.
Partendo per l'Africa, nel 1839, come semplice Prefetto Apostolico, Giustino De Jacobis non seguiva soltanto la sua vocazione, cioè la voce da Dio sussurrata al suo spirito e prontamente ascoltata, ma raccoglieva, altresì, l'invito dell'allora Sacra Congregazione «de Propaganda Fide», accettando in tal modo la missio canonica che gli veniva conferita dall'autorità della Chiesa. Proprio in questo incontro tra personale intenzione ed incarico formale noi troviamo quel congiungimento che, per essere espressione di vera ubbidienza e di generosa fedeltà, non può non preludere all'efficacia della futura azione evangelizzatrice. Fu egli un servo buono e fedele (Matth. 25, 21; Luc. 19, 17), il quale, inviato nella vigna del Signore, indefessamente operò, tra ininterrotte tribolazioni, per dissodarla, coltivarla e fecondarla. Ma a sì grande missione, da parte sua, si era preparato con cura e, per così dire, era già esercitato. Ricorderemo, al riguardo, l'apostolato da lui svolto in patria, prima nelle Puglie, e poi a Napoli, dove rifulse il suo zelo durante una luttuosa epidemia. Il primo tratto che in lui ravvisiamo è, dunque, la piena corrispondenza al mandato missionario, al quale seppe orientare il necessario lavoro preparatorio, e portò una matura esperienza sacerdotale, temprata ad ogni sacrificio.
Dobbiamo poi rilevare come, nell'apostolato in terra Africana, la quale ben presto divenne per lui la seconda patria, emersero chiaramente due note singolari, che ci sembrano direttrici assai valide per l'opera missionaria, quale viene intesa nell'età moderna. Ordinato Vescovo (8 gennaio 1849) da Mons. Guglielmo Massaia, Cappuccino, inviato successivamente in Etiopia e altro grande apostolo missionario di quella terra africana, poi Cardinale, San Giustino De Jacobis ebbe, anzitutto, la costante preoccupazione di formare il Clero indigeno, anticipando così la linea della pastorale vocazionale, che, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, dev'essere ormai considerata acquisita in seno alla Chiesa (Cfr. Ad Gentes, 16). Lavorando nel Tigré, ad Adua e poi a Guala, egli applicò i carismi della sua vocazione nel suscitare, raccogliere, educare le vocazioni tra i fedeli delle nascenti comunità cristiane: per preparare i sacerdoti indigeni egli fondò un Seminario, a cui diede il nome di «Collegio dell'Immacolata». E ci piace ancora ricordare che un suo sacerdote, da lui convertito ed ordinato, l'abba Ghébré Michael (1791-l855), morto tra i patimenti dopo lunghi mesi di agonia, è venerato come martire dalla Chiesa, che l'ha proclamato Beato il 31 ottobre 1926.
Con viva soddisfazione, in una lettera a noi indirizzata dai Presuli della Conferenza Episcopale Etiopica, abbiamo letto queste parole: «Il Beato Giustino De Jacobis è stato padre per la Chiesa d'Etiopia: ha infatti rigenerato l'Etiopia Cristiana alla pienezza di quella Fede Cattolica, che aveva ricevuto dal suo primo apostolo, S. Frumenzio» (del IV secolo, consacrato Vescovo da S. Atanasio) (Cfr. PL 21. 473-80). La seconda direttrice fu per lui l'azione ecumenica: operando in un ambiente d'antica tradizione religiosa, egli volle accostare i Fratelli separati, i Copti Etiopici, ed anche i fedeli Musulmani, e pur se per questo andò incontro a gravi ostilità ed incomprensioni, intese dare incremento ai valori cristiani ivi esistenti, mirando all'unità ed all'integrità della fede. Sono questi i principali elementi che, a modo di osservazioni sparse, noi abbiamo enucleato dalla vita del Santo e che vogliamo ora suggerire alla vostra meditazione. Oggi è festa - ripetiamo - in tutta la Chiesa, perché un altro suo figlio è annoverato tra i Santi, e la causa missionaria, sempre essenziale e perenne nella Chiesa, può oggi contare su un altro intercessore e patrono.
Noi, dunque, dobbiamo invocarlo, perché egli continui a diffondere la sua luce, ad inculcare il suo esempio, a trasmettere la sua eredità spirituale ai Confratelli Vincenziani ed a tutti i Missionari. E lo invocheremo in particolare per la terra Etiopica, che vide l'ardore della sua carità e delle sue fatiche apostoliche, e lo invocheremo per l'intero Continente Africano, che, per le conquiste raggiunte e per i contenuti genuini della sua cultura, è ormai incamminato sulle vie di un sicuro progresso e - vogliamo sperare - di un altrettanto sicuro e consolante e fiorente sviluppo della fede cattolica. Così sia.
Réjouissez-vous avec Nous, chers Frères et Fils, réjouissez-vous avec tous les Lazaristes et avec les chrétiens d'Abyssinie, en célébrant le zèle missionnaire et la volonté œcuménique de l'Evêue Giustino De Jacobis, dont Nous venons de proclamer la sainteté. Et préparons-nous dignement à la fête de tous les saints!
We perform this sacred ceremony today for the honour of the Most Blessed Trinity and the exaltation of the Catholic Faith. And to all our sons and daughters throughout the World we offer Saint Justin De Jacobis as a strong and humble exemplar of Christian love-a true follower of Christ's commandment that we sould love one another as he has loved us. And may nothing ever separate us from the love that is in Christ Jesus.
La figura admirabile del Beato Justino De Jacobis, que hoy elevamos al supremo honor de los altares, nos hace descubrir un alma eminentemente sacerdotal. Entregado sin reserws y de modo heróico a la tarea evangelizadora dentro y fuera de SII Patria, aparece ante nosotros como un ejemplo vivo de las riquezas santificadoras que encierra una vocación apostólica vivida en plenitud.
Der heilige Justinus De Jacobis ist für den modernen Menschen unserer Tage ein leuchtendes Vorbild: durch seine heroische Nächstenliebe in der Betreuung der Kranken, durch seinen Seeleneifer als Missionar und Bischof in Abessinien, durch seine Treue zur Kirche auch bei Verfolgung und Kerker. Möge er uns allen Fürsprecher sein am Throne Gottes!