María Ángela Astorch

María Ángela Astorch

(1592-1665)

Beatificazione:

- 23 maggio 1982

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 2 dicembre

Religiosa, badessa dell’Ordine delle Clarisse, donna di grande umiltà e dedita alla penitenza, offriva tanto alle monache quanto ai laici benigno conforto e consiglio

  • Biografia
  • REGINA COELI
  • omelia di beatificazione
"Si deve fare ricorso alla Santissima Trinità distinguendo in modo particolare la cura e la devozione dei Sette Arcangeli e dell’Angelo Custode"

 

María Ángelaal secolo Jerónima María Astorch nasce a Barcellona il 1º settembre 1592,  ultima di quattro figli, da don Cristoforo Astorch e donna Caterina. Orfana di madre a 10 mesi, fu affidata ad una nutrice e all'età di cinque anni a seguito della morte del padre venne affidata a dei parenti che la fecero studiare, imparò quindi a leggere e a scrivere e i lavori femminili. Era molto appassionata di libri, in particolari quelli in latino. 

All'età di undici anni entrò in clausura dove ricevette il nome di Maria Angela. Erano già clarisse cappuccine insieme alla fondatrice Angela Serafina Prat, la sorella Isabella. La maestra suor Vittoria era molto rigida e di modi poco affabili, vietò a Maria Angela di leggere i libri latini. 

Dopo un'attesa cinque anni come aspirante, dovuta alla giovane età, venne ammessa al noviziato il 7 settembre 1608, dopo un anno fece la professione solenne. 

Nel 1614 insieme ad altre cinque suore fu inviata a Saragozza per fondare un nuovo convento, Maria Angela ebbe l'incarico di maestre delle novizie. Nel 1627 divenne badessa, proprio in questo periodo papa Urbano VIII approvò le costituzioni delle cappuccine spagnole. Anche se badessa era sempre pronta a fare qualsiasi lavoro, non si risparmiava e si vedeva spesso in cucina, in lavanderia, nell'orto e ad assistere le ammalate in infermeria. Rimase sempre responsabile delle cerimonie. Le elemosine del monastero erano sempre divise con i poveri ed in occasione dell'arrivo in città dei profughi della Catalogna distribuì loro i vestiti delle novizie. 
Il suo desiderio di propagare l'ordine la portò nel 1645 a lasciare Saragozza per intraprendere insieme ad cinque sorelle, la nuova avventura di fondare un altro monastero, questa volta a Murcia. 

In questo nuovo monastero Maria Angela riuscì ad introdurre la pratica della eucaristia quotidiana per le monache.  Non mancarono ovviamente i momenti di sconforto, in particolare durante la peste, nel 1648, anche se le suore furono preservate, e durante le periodiche inondazioni che il fiume Segura provocò a Murcia. Le suore durante l'evento del 1651 dovettero abbandonare il monastero per circa un anno, in attesa dei restauri dimorarono in una residenza estiva dei padri gesuiti. 

Rimase badessa fino al compimento del settantesimo anno di età, quindi essendo inabile ai lavori poté dedicarsi esclusivamente alla vita contemplativa. Il 2 dicembre 1665 a 75 anni cantando il Pange lingua terminava il suo viaggio terreno. 

Il suo corpo incorrotto, profanato durante la guerra civile spagnola, è conservato nel monastero di Murcia. 

Giovanni Paolo II ha dichiarato Maria Angela Astorch beata il 23 maggio 1982.

 

(fonte: santiebeati.it)

GIOVANNI PAOLO II

REGINA COELI

Solennità dell'Ascensione del Signore 
23 maggio 1982

 

1. “Rallegrati, Regina del cielo, / Gioisci, angelica Signora! / Oggi tutti ci felicitiamo con te / con gioia cantiamo: Alleluia!”.

Cantiamo questo “Alleluia” per esprimere una gioia particolare, motivata dalla risurrezione di nostro Signore nel giorno “dopo il sabato”.

Cantiamo la gioia pasquale annunziando tutti i frutti del mistero pasquale.

Oggi la Chiesa romana annunzia questa gioia, dovuta alla elevazione sugli altari di cinque suoi figli.

Essi sono:

Il beato Pietro Donders, olandese, redentorista, vissuto nel secolo scorso. Inviato come missionario nel Suriname, fu intrepido ed instancabile apostolo degli indiani e dei negri, ma specialmente dei lebbrosi.

Maria Rivier, francese, vissuta alla fine del 1700, fondatrice di un Istituto di Suore, consacrate a Dio con il compito di educare la gioventù nella fede.

Marie-Rose Durocher, canadese, vissuta nel secolo scorso. Fondò la Congregazione dei santi Nomi di Gesù e di Maria, impegnata nella educazione della gioventù.

Maria Angela Astorch, spagnola, vissuta tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo. Clarissa Cappuccina, fu una riformatrice e una superiora modello, trovando la sorgente profonda della sua vita spirituale nella Sacra Scrittura e nella Liturgia delle Ore.

Andrea Bessette, canadese, morto a 91 anni nel 1937. Membro della Congregazione dei “Fratelli della santa Croce”, visse nel nascondimento e nell’umiltà, dedicandosi all’amore dei poveri e dei piccoli.

La Chiesa trova in questi nuovi beati un maturo frutto del mistero pasquale; annunzia quindi la gioia della Risurrezione ed invita ad essa la Genitrice di Dio: “Regina coeli, laetare”!

2. “Nei vari generi di vita e nei vari uffici un’unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio...” (Lumen Gentium, 41). “Compiuta l’opera, che il Padre aveva affidato al Figlio nella terra (cf. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa...” (Lumen Gentium, 4).

Nella liturgia del periodo pasquale abbiamo raggiunto già quel quarantesimo giorno quando Cristo “è ritornato al Padre”, ed ora ci prepariamo al giorno della Pentecoste, mediante la novena più antica, che Cristo stesso ha raccomandato ai suoi apostoli e discepoli, andando in cielo.

Ha raccomandato loro di perseverare nella preghiera fino al giorno in cui sarebbe disceso su di loro lo Spirito Santo.

Gli Apostoli quindi perseveravano in preghiera insieme con Maria, Madre del Signore, aspettando il compimento della promessa.

Dalla discesa dello Spirito Santo, anima del Corpo mistico di Cristo, su tutti i congregati in preghiera nel Cenacolo, per implorarne l’effusione, è nata la Chiesa nel giorno della Pentecoste.

È necessario che noi in questi giorni intraprendiamo la stessa novena; che perseveriamo spiritualmente orientati verso il Paracleto: che anche in noi di nuovo nasca la Chiesa, come la nostra via e vocazione alla santità.

3. Il clima di gioia, che è proprio del tempo pasquale, continua a essere turbato dalle notizie drammatiche, che giungono dalla zona dell’Atlantico meridionale, ove la situazione nelle ultime ore è peggiorata ulteriormente. Le due Parti in conflitto sono giunte allo scontro frontale: la battaglia infuria tra i due eserciti con sacrifici di molte vite umane.

Come esprimere la trepidazione e il dolore che tali eventi. suscitano nel mio animo, profondamente amareggiato in seguito a notizie così gravi? La guerra, che è sempre stata una calamità, porta oggi con sé una minaccia ancor più vasta e terribile, a motivo del potere distruttivo che la tecnologia moderna ha conferito anche alle armi cosiddette convenzionali.

Desidero cordialmente ringraziare i miei fratelli nell’Episcopato, i Cardinali dell’Argentina insieme col Presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano, ed i Cardinali e Arcivescovi di Gran Bretagna per la loro partecipazione alla Concelebrazione Eucaristica di ieri mattina nella Basilica Vaticana.

Li ringrazio altresì per la dichiarazione che hanno sottoscritto congiuntamente.

Facendo eco ai loro sentimenti, ho inviato un messaggio ai Responsabili delle due Nazioni per chiedere loro, ancora una volta, di adoperarsi per la cessazione immediata delle ostilità e per la ripresa delle trattative.

Chiedo a Dio, per intercessione della Vergine santa, che faccia prevalere nei cuori sentimenti di prudenza e di comprensione, così che il conflitto si arresti prima che sia troppo tardi e possa riprendere il negoziato interrotto, giacché solo per tale via può raggiungersi una soluzione giusta e duratura.

 

Dopo la recita del Regina Coeli


Ad un gruppo di lavoratori
e agli aderenti al “Movimento per la Vita”

Rivolgo un particolare saluto ai lavoratori ed agricoltori di Carate Brianza, in diocesi di Milano, convenuti a Roma per ricordare l’80° anniversario di fondazione del loro “Movimento Cattolico Cooperativo”.

Carissimi, il vostro pellegrinaggio al centro del cristianesimo valga a rinsaldare la vostra fede e ad ispirare sempre più il vostro Sodalizio ai sani principi della fraternità e della operosità propria di chi è ben consapevole del valore morale e sociale del lavoro e del “significato che esso ha agli occhi di Dio” (Giovanni Paolo II Laborem Exercens, 24). Vi benedico tutti di cuore.

Rivolgo ora un saluto affettuoso agli aderenti al “Movimento per la vita”, i quali in questi giorni hanno promosso incontri ed iniziative in favore della vita nascente.

Carissimi, vi incoraggio a ben continuare nel generoso impegno a difesa dei sacrosanti diritti della vita umana.

Vi sia di conforto la mia benedizione.


Ai pellegrini provenienti dal Suriname.

Fratelli e sorelle di Suriname, dico a voi tutti “benvenuti”. Voglia Dio benedire voi e il vostro amato Suriname.

 SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI CINQUE NUOVI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 23 maggio 1982

 

1. “Noi abbiamo riconosciuto e creduto nell’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,16).

Queste parole dell’apostolo Giovanni, cari fratelli e sorelle, trovano oggi una ulteriore e luminosa conferma nella figura dei cinque nuovi Beati, che contempliamo nella gloria di Dio e che sono una autentica dimostrazione dell’amore stesso di Dio per noi. Si tratta di tre donne e di due uomini.

L’una è vissuta nel sedicesimo secolo in un Convento della Spagna: Maria Angela Astorch; gli altri vissero principalmente nel secolo scorso: Marie-Anne Rivier, Petrus Donders, Marie-Rose Durocher; infine, uno è quasi nostro contemporaneo: André Bessette. In essi, come scrive ancora l’apostolo Giovanni, l’amore di Dio ha raggiunto la sua perfezione (cf. 1Gv 4,12) e in cielo essi conoscono quella “perfezione della gioia” promessa da Cristo nella sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17,13).

In questi uomini e in queste donne, dalla cui testimonianza evangelica già furono colpiti i loro contemporanei, abbiamo visto un vero riflesso dell’amore che costituisce la ricchezza incomparabile di Dio all’interno della vita trinitaria che si è manifestato nel dono del Figlio unigenito per la salvezza del mondo, particolarmente nel suo sacrificio redentore (cf. Gv 3,16).

Questo amore viene moltiplicato e quasi acceso, come un fuoco, dallo Spirito Santo nel cuore di uomini e di donne come noi, umili e poveri, ma pienamente “fedeli al suo nome”. Lo Spirito li rende fiduciosi in Dio, ma anche veramente coraggiosi nell’andare incontro con costante coerenza ai poveri, ai malati, ai giovani bisognosi di educazione, alle anime abbandonate. È vero che “nessuno mai ha visto Dio” (1Gv 4,12); ma il segno più efficace e rivelatore della sua presenza tra gli uomini è proprio l’amore, così come esso viene senza riserve praticato dai migliori dei suoi fedeli (cf. 1Gv 4,20). I contemporanei dei nuovi Beati sono stati colpiti dai loro frutti di santità. E oggi la Chiesa solennemente riconosce che questi Beati “dimorano in Dio” e li propone come esempi alla meditazione e alla vita concreta di tutti i battezzati, che in essi trovano un nuovo punto di riferimento per la propria testimonianza cristiana.

2. Petrus Donders, nato all’inizio del secolo scorso nei Paesi Bassi, ha passato gran parte della sua vita in Suriname, dove ha annunziato il Vangelo agli schiavi, ai negri ed agli indiani.

Egli è conosciuto soprattutto per la cura spirituale e corporale dei lebbrosi, cosicché viene chiamato a ragione l’apostolo dei lebbrosi.

Possiamo dire che è stato un apostolo dei poveri. Egli è nato infatti in una famiglia povera ed ha dovuto condurre la vita di operaio prima di poter seguire la sua vocazione sacerdotale. Ha consacrato tutta la sua vita di sacerdote ai poveri.

Egli è altresì un invito e uno stimolo al rinnovamento ed alla rifioritura dello slancio missionario che, nel secolo scorso e in questo secolo, ha dato un contributo eccezionale alla realizzazione del compito missionario della Chiesa. Associato in età più avanzata alla Congregazione del santissimo Redentore, ha praticato in modo eccellente ciò che sant’Agostino ha proposto come ideale dei suoi religiosi: imitare le virtù e gli esempi del Redentore nel predicare ai poveri la divina Parola. Egli ha mostrato, per mezzo della sua vita, come l’annunzio della Buona Novella della redenzione, della liberazione dal peccato, deve trovare appoggio e conferma in una autentica vita evangelica, di concreto amore del prossimo, soprattutto verso i più piccoli dei fratelli in Cristo.

3. La seconda figura che la Chiesa desidera oggi elevare alla gloria degli altari e proporre alla imitazione del popolo fedele è quella di Maria Angela Astorch, un nuovo esempio di santità maturato in terra di Spagna.

Appartiene alla famiglia delle religiose Clarisse Cappuccine.

Nelle tappe successive come semplice religiosa, giovane maestra delle novizie, responsabile della formazione delle professe e abbadessa, lascia attorno a sé, a Barcellona, a Saragozza, Siviglia e Murcia, una ammirevole scia di fedeltà alla sua congregazione e di amore alla Chiesa.

La sua intelligenza non comune sa appoggiarsi alla solidità della parola rivelata e degli scrittori ecclesiastici che ella studia e conosce in profondità. Ciò la porta a una solida conoscenza teorica e pratica dei cammini della spiritualità, che vive in intima unione con la Chiesa, soprattutto attraverso la liturgia, i sacri testi e l’ufficio divino. Fino al punto che si può indicarla come una mistica del breviario.

Nei suoi compiti di formatrice utilizza “il nobile stile” che Dio usa con lei stessa. Sa perciò rispettare l’individualità di ogni persona, aiutandola anche a “camminare al passo di Dio”, che è diverso in ognuno. Così la comprensione profonda non diviene tolleranza inerte.

Maria Angela Astorch è quindi una figura degna di essere oggi contemplata attentamente, affinché ci insegni a rispettare il cammino dell’uomo, aprendolo alle vie di Dio.

4. Guardiamo ora la beata Maria Rivier che Pio XI chiamava già la “donna apostolo”. È infatti l’ardore del suo apostolato che colpisce i suoi contemporanei, durante e dopo la Rivoluzione francese. Appassionata fin dall’infanzia dall’idea di istruire i bambini, di insegnare loro, come una “piccola madre”, ad amare Dio, fonda molto più tardi le Sorelle della Presentazione, specialmente per educare la gioventù a vivere nella fede, privilegiando i poveri, gli orfani, quelle che sono abbandonate o che non conoscono Dio. Non solo raccoglie le ragazze giovani, ma vuole “formare delle buone madri di famiglia”, convinta del ruolo evangelizzatore delle famiglie e della importanza dell’iniziazione religiosa dei bambini: “La vita sta tutta nelle prime impressioni!”, diceva. Si è potuto considerarla come una “mietitrice di innumerevoli anime”. E per questo non risparmiava ogni mezzo: numerose scuole di paese, missioni, ritiri che predica ella stessa, assemblee della domenica..

Qual era dunque il segreto dello zelo di Marie Rivier? Si resta colpiti dalla sua audacia, dalla sua tenacia, dalla sua gioia comunicativa, dal suo coraggio “pronto a colmare mille vite”. Molte difficoltà del resto sarebbero state in grado di scoraggiarla: l’infermità della sua infanzia fino alla guarigione avvenuta in un giorno di festa della Vergine, una mancata crescita fisica, una salute sempre debole durante tutti i settant’anni della sua esistenza, la miseria dell’ignoranza religiosa che l’attorniava. Ma la sua vita mostra bene la potenza della fede in un animo semplice e retto, che si affida interamente alla grazia del suo battesimo. Essa si fida fino in fondo di Dio, che la purifica mediante la croce. Prega intensamente Maria e con lei si presenta davanti a Dio in atteggiamento di adorazione e di offerta. La sua spiritualità e solidamente teologale e nettamente apostolica: “La nostra vocazione è Gesù Cristo”; dobbiamo riempirci del suo spirito, perché venga il suo regno, specialmente nell’animo dei giovani.

5. Oltre Atlantico, in Canada, ritroviamo un’altra figura molto apostolica nella beata Marie-Rose Durocher. Era nata in una famiglia numerosa e ricca di anime consacrate. Alla ricerca della sua propria vocazione nella Chiesa e non potendo entrare. a causa della sua debole salute, nelle due sole congregazioni che allora esistevano a Quebee, serve per 13 anni presso il presbiterio di suo fratello – oggi si direbbe in qualità di “collaboratrice domestica del sacerdote” – preoccupata non solamente di mantenere in ordine la casa, ma di accogliere i sacerdoti e i seminaristi malati. di dirigere le opere di carità della parrocchia e di stimolare la pietà mariana delle giovani. Fu allora, alla domanda del Vescovo di Montreal, con l’incoraggiamento dei Padri Oblati di Maria Immacolata e secondo l’esempio dei Fratelli delle Scuole cristiane, che fonda una nuova congregazione per rispondere ai bisogni dell’istruzione e dell’educazione religiosa delle ragazze, in particolare nei luoghi poveri delle campagne attorno a Montreal: le Suore dei Santi nomi di Gesù e Maria. Durante gli ultimi sei anni della sua breve esistenza ha dato sufficiente impulso alla sua opera che oggi è presente in sei paesi.

Quale spirito è stato dunque all’origine di un tale apostolato, così ben rispondente ai bisogni della Chiesa nel momento della “rinascita cattolica” in Canada, all’inizio del secolo scorso? Soprattutto la disponibilità totale a seguire gli impegni che le richiedeva la sua fede in Gesù, il suo amore per la Chiesa, la cura dei più abbandonati. Sono del resto i responsabili della Chiesa che hanno capito le sue capacità e le hanno affidato la sua missione: l’apostolato autentico, oggi come ieri, non è solamente una questione di carisma personale, ma è chiamata della Chiesa e inserimento nella sua pastorale. Marie-Rose Durocher ha agito con semplicità, con prudenza, con umiltà, con serenità.

Non si è lasciata fermare dai suoi problemi personali di santità né dalle prime difficoltà dell’opera che iniziava. Il suo segreto consiste nella preghiera e nella dimenticanza di se, che attestano, secondo il giudizio del suo Vescovo, una reale santità.

6. Infine, senza lasciare il Canada, veneriamo anche nel beato fratello André Bessette un uomo di preghiera e un amico dei poveri; ma d’uno stile del tutto diverso, e a dire il vero sorprendente.

L’opera della sua vita – la sua lunga vita durata 91 anni – è quella di un servitore povero e umile: “Pauper, servus et humilis”, come hanno scritto sulla sua tomba. Operaio fino a 25 anni, presso un’azienda agricola, all’officina, in fabbrica, entra in seguito presso i Fratelli della Santa Croce, che gli affidano per quasi quarant’anni il servizio di portiere nel loro collegio di Montreal; per trent’anni poi assolve il compito di custode dell’Oratorio San Giuseppe in prossimità del collegio.

Da dove gli viene allora il suo irradiamento inaudito, la sua fama presso milioni di persone? Una folla quotidiana di malati, di afflitti, di poveri di ogni tipo, di handicappati o feriti dalla vita trovavano presso di lui, al parlatorio del collegio, all’Oratorio, accoglienza, ascolto, conforto e fede in Dio, confidenza nell’intercessione di San Giuseppe, in breve, il cammino della preghiera e dei sacramenti, e con questo la speranza e molto spesso anche il sollievo evidente del corpo e dell’anima. I “poveri” di oggi non avrebbero anch’essi tanto bisogno di un tale amore, d’una tale speranza, d’una tale educazione alla preghiera?

Ma chi diede questa capacità a Fratel André? Dio si è piegato a dotare di un’attrazione e di “un potere” meravigliosi questo uomo semplice, che, egli stesso, aveva conosciuto la miseria d’essere orfano in mezzo a dodici fra fratelli e sorelle, era restato senza denaro, senza istruzione, con una salute mediocre, in breve, privo di tutto all’infuori di una grande fiducia in Dio. Non è cosa straordinaria che egli si sia sentito vicino alla vita di San Giuseppe, il Lavoratore povero ed esiliato, così familiare con il Salvatore, che il Canada e specialmente la Congregazione della Santa Croce hanno sempre molto onorato. Fratel Andrè ha dovuto sopportare l’incomprensione e la presa in giro a causa del successo del suo apostolato. Ma restava semplice e gioviale. Con il ricorso a San Giuseppe e davanti al Santo Sacramento, egli praticava, lungamente e con fervore, in nome dei malati, la preghiera che insegnava loro. La sua fiducia nella virtù della preghiera non è una delle indicazioni più preziose per gli uomini e le donne del nostro tempo, tentati di risolvere i loro problemi facendo a meno di Dio?

7. Mentre ricordiamo così il messaggio di ciascuno di questi Beati, quali sono i sentimenti che animano la nostra preghiera?

Innanzitutto una profonda azione di grazia verso il Signore, come cantiamo nel salmo: “Benedici il Signore anima mia... Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quelli che lo temono” (Sal 102,2.11). È lui l’origine di quell’amore forte che ci dà modo di contemplare presso i nostri padri. Noi beneficiamo delle loro opere che hanno lasciato una impronta fino a noi.

Traiamo beneficio dal loro esempio, che la Chiesa oggi propone ufficialmente. Beneficiamo della loro intercessione: beatificandoli la Chiesa ci dice che essi possono essere invocati e pregati nelle Chiese particolari, perché essa è sicura che partecipano già della felicità eterna, presso Cristo che siede alla destra del Padre.

Questo giorno d’azione di grazia, di gioia e di fierezza per la Chiesa, lo è particolarmente per i quattro paesi la cui fede generosa ha potuto preparare dei cristiani, dei sacerdoti, dei missionari, dei religiosi e delle religiose di tale tempra: i Paesi Bassi, la Spagna, la Francia, il Canada, le cui delegazioni ufficiali e diocesane sono felice di salutare. Giorno di festa anche per le cinque famiglie religiose, molto onorate da questi beati che ne sono stati membri o che le hanno fondate.

Noi tutti possiamo allo stesso tempo provare una grande speranza! Allo stesso modo in cui, all’origine, gli Apostoli hanno saputo trovare in Mattia un testimone della Resurrezione, così, in ciascuna epoca, lo Spirito Santo suscita anche – e forse soprattutto – tra coloro che sono considerati deboli, piccoli, poveri, perfino handicappati e malati, in ogni caso umili, degli sconvolgenti testimoni del Vangelo, che rispondono ai bisogni spirituali del loro tempo, con un’intuizione sicura, una semplicità disarmante, un’audacia a tutta prova, e una profonda adesione alla Chiesa che ha riconosciuto l’autenticità del loro carisma e della loro missione.

Che questi beati intercedano per noi! Che rendano chiaro il nostro cammino! Che ci ottengano la speranza e l’audacia di testimoni dell’amore di Dio! Affinché il mondo attraverso di noi riconosca questo Amore e aspiri alla sua pienezza!

Amen! Alleluia!