Paola Frassinetti

Paola Frassinetti

(1809-1882)

Beatificazione:

- 08 giugno 1930

- Papa  Pio XI

Canonizzazione:

- 11 marzo 1984

- Papa  Giovanni Paolo II

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 11 giugno

Vergine, che, superate molte difficoltà iniziali, fondò la Congregazione delle Suore di Santa Dorotea per la formazione cristiana della gioventù femminile, prodigandosi per la sua opera con forza d’animo e con dolcezza unita a energica passione

  • Biografia
  • Omelia
  • beata e santa
"La Volontà di Dio è l'unica gemma che dobbiamo cercare: volontà di Dio, paradiso mio"

 

Il 3 Marzo 1809, giorno della sua nascita, Paola Frassinetti è figlia di Dio. Riceve, infatti, il Battesimo nella Parrocchia di Santo Stefano in Genova sua città natale.

Terzogenita dopo Giuseppe e Francesco, Paola cresce serena nella casa paterna che, in seguito viene allietata dalla nascita di Giovanni e Raffaele. La mamma è il suo più chiaro esempio di virtù e la piccola si apre delicatamente alla grazia divina che opera in lei meraviglie secondo il piano di Dio. La buona Angela non farà in tempo a vedere i progetti del Signore sulla sua figliola. Morirà, infatti, lasciando Paola, ancora nell'età dei giochi, ad accudire la casa. Sono giorni di smarrimento e di dolore... Paola ha nove anni! Non si risparmia davvero e ha per il padre Giovanni Battista e per i fratelli amorose, delicate attenzioni che le richiedono non poche rinunce e sacrifici.

La sua prima Comunione e il Sacerdozio del fratello Giuseppe sono momenti di riflessione profonda per lei che già sente nel cuore le attrattive divine. Apprende in famiglia a leggere e a scrivere e riceve le basi della sua formazione.

Il fratello Giuseppe, ormai avanti negli studi di Teologia, le parla delle cose di Dio e Paola ascolta e accoglie la parola che scende nel suo cuore. Avverte la chiamata a seguire più da vicino il Signore e in lei risuonano profondamente le parole del Maestro: " Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me".

Ma... c'è un ma! Il babbo non è entusiasta: come fare senza la sua Paolina?

E Paola si obbliga a far tacere quel desiderio aspettando l'ora di Dio. E l'occasione viene.

A 19 anni ha un momento di stanchezza nel suo stressante ritmo di vita di precoce madre di famiglia e il fratello Don Giuseppe, parroco di un villaggio della riviera Ligure, la ospita per qualche tempo. L'aria pura di Quinto è un buon farmaco per la sua salute delicata. La vita della Parrocchia è palestra di bene per lei che, a poco a poco, con la sua cordiale affabilità attira le giovani di quella borgata. Tutte le domeniche vanno nei boschi a parlare di Dio. Gli incontri si ripetono sovente e il dialogo si apre ad altre giovanette. Paola svela loro il segreto di una vita tutta per il Signore e scopre le sue attitudini e la sua vocazione di educatrice. Intorno a lei si costruisce un gruppo impegnato che vive in comunione d'amore. Nella sua mente si fa chiara l'idea di un nuovo Istituto: si confida con il fratello Don Giuseppe.

Presto, nonostante gli ostacoli e le sofferenze, l'ideale sarà una realtà. Sono sei le compagne che supereranno i primi I momenti tanto difficili. Paola è decisa. Nel segno della croce ha inizio la sua opera, quella croce che ella amerà j per tutta la vita e la farà esclamare: " Chi più si sacrifica, più ama ". Così il 12 agosto 1834, nel santuario di S. Martino in Albaro, sette giovani offrono a Dio la loro vita. La Messa è celebrata dal fratello Don Giuseppe che le aveva preparate a quel passo così importante. Sono felici; di lì a qualche ora avrebbero posto la prima pietra del loro Istituto, avrebbero cominciato a vivere in comunità, ancorandosi all'unica ricchezza: Gesù Cristo. Infatti non hanno niente, sono povere nella casetta di Quinto che hanno scelto come loro prima dimora. Aprono una scuola per fanciulle poverissime e così devono lavorare anche di notte per sopravvivere. L'entusiasmo non manca e di qui i primi successi della scuola. Ma le vie del Signore non sono le nostre vie: le sofferenze rappresentano per Paola la prova della volontà di Dio. Il colera dilaga a Genova e le sue figlie sono sulla breccia per portare aiuto e conforto.

Nel 1835 un sacerdote bergamasco - Don Luca Passi, amico di Don Giuseppe - conosciuto l'ardore apostolico di Paola, le propone di assumere nel suo Istituto la Pia Opera di Santa Dorotea da lui fondata con lo scopo di raggiungere, nel suo ambiente di lavoro e di vita, le giovani più povere e bisognose. Paola ritrova nell'originalità dell'opera la sua linea educativa e la dimensione apostolica della sua consacrazione e non esita ad inserirla nelle attività del suo Istituto. Le sue suore non si chiameranno più " Figlie di Santa Fede " ma Suore di Santa Dorotea. E' un momento importante per la vita di quella prima comunità che vede concretizzarsi la primigenia ispirazione: " Essere pienamente disponibili nelle mani di Dio per evangelizzare attraverso l'educazione, dando la preferenza ai giovani e ai più poveri ".

Sorgono altre case a Genova e poi è la volta del centro della cristianità. Dopo appena sette anni dalla fondazione, il 19 maggio 1841, Paola è a Roma accompagnata da due novizie. Anche qui sorgono varie difficoltà. La prima casa è fatta di due stanzette sopra una stalla nel Vicolo dei SS. Apostoli. Ma essa accetta tutto. Una grande ricompensa l'attende: è ricevuta dal Papa Gregorio XVI che si compiace dell'opera delle Suore Dorotee. Le ha parlato il Signore, è felice.

I disagi e le sofferenze aumentano: povertà e malattie affliggono quelle eroiche sorelle che non hanno un soldo nemmeno per le medicine.

Nel 1844 il Papa affida a Paola la direzione del Conservatorio di S. Maria del Rifugio a S. Onofrio. La Madre con la dolcezza e la carità dà all'ambiente una nuova impronta e una svolta decisiva per l'avvenire dell'istituzione. Per la sua presenza e attività la sede di S. Onofrio diventerà Casa Generalizia.

Nel 1846 uno spirito antireligioso, più che un pensiero politico, dilaga in Italia. A Genova sono prese di mira anche le Dorotee. Le figlie di Paola vivono le prime ore di forte sofferenza.

La tempesta si abbatte anche su Roma: Pio IX, succeduto a Gregorio XVI, è costretto a rifugiarsi a Gaeta. Cardinali, Vescovi e Prelati si allontanano dalla capitale. Paola rimane sola a capo di una numerosa comunità e con fede coraggiosa supera quei drammatici momenti.

La burrasca si placa. È l'anno 1850. Paola ottiene la desiderata udienza di Pio IX che è per lei come un padre. Si reca a Gaeta, spinta anche da grande amore per il Papa e per la Chiesa, riecheggiando così il gesto di S. Caterina da Siena.

Incomincia l'ultimo trentennio della vita della Fondatrice, che possiamo definire il periodo della grande espansione giacché l'Istituto, oltre che a consolidarsi in Liguria e nello Stato Pontificio, estende la sua opera nel resto d'Italia e nel mondo. Infatti sorgono a Roma vari centri educativi e Paola inizia le trattative per aprire una casa a Napoli, un convitto a Bologna e un orfanotrofio a Recanati. Nel 1866 partono le prime suore missionarie per il Brasile. Nello stesso anno altra meta promettente: il Portogallo. Paola sostiene le sue figlie: " Siate fiaccole e roghi ardenti che dove toccano mettono il fuoco dell'amore di Dio".

Non sono le difficoltà ad arrestare il cammino dei santi. Paola é donna di grande fede: " Il Signore ci vuole appoggiate a Lui solo e se avessimo un poco più di fede quanto più tranquille staremmo anche in mezzo alle tribolazioni ". Vive l'abbandono completo alla Volontà di Dio " l'unica gemma che dobbiamo cercare " - lei dice - e che costituisce il suo paradiso: " Volontà di Dio, paradiso mio ".

Nel 1878 muore Pio IX, il Papa che nei suoi numerosi incontri con la Fondatrice, ha sempre avuto parole di stima e di incoraggiamento per la sua opera apostolica.

Paola sente che la sua laboriosa giornata terrena sta per finire. Sono le prime ore dell'11 giugno 1882: è serena, il suo passaggio è dolce, tranquillo e lascia intravvedere le ricchezze della sua vita. Invoca la Vergine Santa che ha sempre tanto amato: "Madonna mia ricordati che sono tua figlia ".

SOLENNE RITO DI CANONIZZAZIONE DELLA BEATA PAOLA FRASSINETTI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 11 marzo 1984

 

1. “. . .Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato . . .” (Mt 4, 1).

Ogni anno, all’inizio della Quaresima, la Chiesa ricorda il digiuno di Cristo di quaranta giorni. Alla fine di questo digiuno, che precede l’attività messianica di Gesù di Nazaret, ha luogo la triplice tentazione da parte di satana, la cui descrizione, secondo il Vangelo di Matteo, è letta nell’odierna liturgia della messa. La tentazione si chiude con la sconfitta del tentatore. Gesù gli dice: “Vattene satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"” (Mt 4, 10).

2. Mediante questa rivelazione della sua potenza messianica, Cristo ha toccato l’inizio stesso del peccato dell’uomo. Il peccato dell’uomo infatti ebbe il suo inizio nella tentazione dei progenitori. La liturgia della prima domenica di Quaresima ricorda questa tentazione nella prima lettura dal Libro della Genesi. La tentazione si concreta sul fatto dell’albero, che il testo biblico chiama l’albero della conoscenza del bene e del male. Le parole, di cui si serve il tentatore, indicano chiaramente il motivo dell’atto al quale induce i progenitori: “Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gen 3, 5).

La tentazione, che sta all’inizio del primo peccato dell’uomo, riguarda dunque le basi stesse del rapporto dell’uomo con Dio, della creatura col Creatore, del figlio col Padre. Il peccato, che segue a questa tentazione, distrugge dunque questo rapporto nelle sue fondamenta stesse. Insieme viene anche distrutta la grazia dell’innocenza originale e giustizia dell’uomo. Inizia nella storia umana il dominio del peccato.

3. La Chiesa desidera che ci rendiamo conto di tutto questo all’inizio della Quaresima. E desidera, al tempo stesso, che ci rendiamo conto della grandezza della Redenzione operata da Cristo.

Leggiamo nella Lettera di san Paolo ai Romani: “. . . a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così . . . anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato”.

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso . . . si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini; per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita . . . come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,12.15.18-19).

Quest’atto del Giusto che giustifica tutti, si chiama Redenzione.

Cristo opera la Redenzione mediante la sua obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce.

Il primo atto di questa obbedienza, sulla soglia dell’attività messianica, è il rifiuto del tentatore: “Vattene satana! . . . a lui solo [il Signore Dio] rendi culto”.

4. Stiamo meditando queste verità fondamentali alle soglie della Quaresima, e le mediteremo costantemente in questo periodo particolare che, nell’esperienza e nella viva tradizione della Chiesa, è un periodo di conversione e di penitenza.

E ancor più in quest’Anno Santo, che è l’Anno della Redenzione e il tempo del Giubileo straordinario. La Quaresima dell’Anno Giubilare della Redenzione deve portare a una pienezza particolare quest’opera di riconciliazione con Dio in Gesù Cristo, che abbiamo intrapresa sin dal 25 marzo dello scorso anno, per concluderlo insieme con la Pasqua dell’anno corrente.

Se in questa prima domenica di Quaresima compiamo un rito di canonizzazione, lo facciamo per mettere in rilievo la potenza salvifica dell’opera della Redenzione.

L’odierna liturgia rende testimonianza a questa potenza proclamando l’abbondanza, anzi la sovrabbondanza, della grazia della Redenzione, che supera il retaggio del peccato:

“. . . molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini

. . . molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo” (Rm 5,15.17).

5. Vogliamo lodare e dar risalto a questa abbondanza, anzi sovrabbondanza del dono e della potenza della Redenzione, oggi, alle soglie della Quaresima, elevando agli altari la beata Paola Frassinetti e iscrivendo il suo nome nell’albo dei santi della Chiesa cattolica. I santi sono il frutto maturo della Redenzione di Cristo.

6. Paola Frassinetti è, infatti, uno splendido frutto della Redenzione, sempre in atto nella Chiesa. È stato detto che, per distinguere se un’opera sia cristiana, bisogna vedere se c’è il sigillo della croce redentrice. Ora la croce di Cristo distese ampiamente la sua ombra o, meglio, la sua luce sull’intera vita e su tutte le opere della santa. Ella infatti era convinta che chi vuole iniziare un cammino di perfezione non può rinunciare alla croce, alla mortificazione, all’umiliazione e alla sofferenza, che assimilano il cristiano al modello divino che è il Crocifisso. Nella sua fervorosa immolazione per la salvezza di tutte le anime, ella riteneva che, a confronto dei patimenti di Cristo, ciò che uno può soffrire è nulla. La croce non solo non la spaventava, ma era per lei la molla potente che la muoveva, la fonte segreta da cui scaturiva la sua insonne attività e il suo coraggio indomito. Ella benediceva l’anno che si apriva con qualche croce, reputando un castigo qualunque alleggerimento di essa: “Ah, qualunque punizione - diceva - ma non mi si tolga la croce”.

Non mancarono alla Santa i tormenti interiori e quelli della persecuzione: calunnie, vituperi, insulti, beffe e soprusi. Ma ella seppe tutto sopportare con fortezza cristiana, convinta che, come il terreno ha bisogno di piogge fecondatrici, così il suo nascente Istituto doveva essere irrorato dalle sue lacrime.

La forza interiore che la conduceva a vivere così integralmente la “follia” della croce va ricercata nella tenera devozione al Cuore di Gesù Cristo. Con la sua sensibilità autenticamente apostolica, la santa percepiva che nessuno può svolgere vero apostolato se non ha impresse nel proprio cuore le stigmate di Cristo, se non è operante in lui quell’ineffabile intreccio di amore e di dolore che è compendiato nel cuore sacratissimo di Gesù. Perciò volle che nel suo Istituto la devozione al Cuore di Gesù fosse professata per regola: per regola si digiunasse la vigilia della festa del Sacro Cuore; suore e alunne tutti i primi venerdì, si portassero a turno in adorazione dinanzi al divin Sacramento.

Nel 1872 consacrerà al Cuore di Gesù tutto l’Istituto.

La carica interiore di santa Paola Frassinetti non poteva non sfociare in un’intensa attività di apostolato, con speciale interessamento per la formazione cristiana dell’infanzia e della gioventù abbandonata. Proprio a questo fine ella fondò l’Istituto delle Suore di santa Dorotea. Esse oggi si rallegrano nel vedere la loro fondatrice iscritta nell’albo dei santi e sono ancora più fiere di seguire le sue orme luminose e il suo insegnamento sempre attuale. Infatti il messaggio che scaturisce dalla vita semplice, ma profondamente devota di santa Paola, tutta purezza e povertà, ma pure tutta carica di zelo ardente per le giovani emarginate dalla società, è un richiamo ai veri valori della donna, all’espressione delle più delicate doti femminili, all’affermazione dell’identità e dignità della donna che la Chiesa ha sempre protetto e sostenuto per l’incremento morale della società e per l’avvento del regno di Cristo.

Questo messaggio bene si inserisce nella cornice di questo Anno Giubilare, in quanto costituisce un invito a tradurre in atto la Redenzione, aiutando la donna a prendere coscienza di sé e del posto che occupa nella comunità cristiana e nella società civile, a prepararla secondo la propria condizione ad assumersi le proprie responsabilità e a svolgere il proprio compito. Auspico che tale messaggio sia di stimolo alle benemerite suore Dorotee a ben continuare a portare a tutti i continenti, lo spirito e lo zelo della loro santa fondatrice.

7. Alle soglie della Quaresima dell’Anno della Redenzione, rallegrandosi di una nuova Santa sui suoi altari, la Chiesa pronuncia, con le sue labbra e con il cuore di tutti i propri figli e figlie, le parole del salmista:

Crea in me, o Dio, un cuore puro, / rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 51, 12): e pronuncia queste parole con una speranza nuova, che l’esperienza dell’Anno Giubilare della Redenzione ha infuso nei nostri cuori.

Rendimi la gioia di essere salvato, / sostieni in me un animo generoso” (Sal 51, 14): alle soglie della Quaresima Cristo ci insegna questa potenza, che egli stesso possiede sul male, e che attingono da lui tutti coloro che accolgono il Vangelo, convertendosi al regno di Dio.

Signore, apri le mie labbra / e la mia bocca proclami la tua lode” (Sal 51, 17): coloro che in Gesù Cristo trovano la via della conversione al regno di Dio, intraprendono contemporaneamente la grande opera della lode, che Dio riceve nell’eterna alleanza della comunione dei santi. Amen.

8 giugno 1930: Paola è beata!

Le campane di San Pietro ripetono oggi, 11 marzo 1984, il loro suono di gloria per annunciare che Paola è santa. L'inno festoso giunge ai confini del mondo dove le Dorotee lavorano per la gloria di Dio e l'espansione del Suo Regno: Europa (Italia, Spagna, Portogallo, Malta, Inghilterra, Svizzera), America del Nord (U.S.A.), America Latina (Brasile, Perù), Africa (Angola, Mozambico), Asia (Taiwan).

Paola permane viva nella Congregazione per lo spirito profondo che la anima: "cercare sempre in tutto la maggior gloria di Dio nel maggior servizio agli uomini ".