Pio Alberto Del Corona
(1862-1912)
Sacerdote, dell’Ordine dei Frati Predicatori, Vescovo di San Miniato, fondatore delle Suore Domenicane dello Spirito Santo. Fu zelante guida e saggio maestro del popolo a lui affidato. Il suo esempio e la sua intercessione aiutino la Chiesa a camminare nello spirito del Vangelo, portando frutti di opere buone
Pio Alberto Del Corona nacque a Livorno, in Toscana, il 5 luglio 1837. Ricevette il battesimo l’8 luglio.
Ancora adolescente s’iscrisse alla Conferenza di San Vincenzo de Paoli per aiutare le famiglie povere e insegnare il catechismo. Conobbe personalmente a Livorno il Beato Federico Ozanam, fondatore della Conferenze. Vestì l’abito domenicano nel noviziato di San Marco di Firenze nel 1855 e fu poi ordinato sacerdote il 5 febbraio 1860. Insegnò nel convento di San Marco e nel seminario dell’Arcidiocesi di Firenze filosofia e teologia dogmatica.
Nel 1872 fu eletto priore conventuale. Nel frattempo aveva cominciato a fondare una congregazione domenicana di donne dedite allo studio della Sacra Scrittura e all’educazione gratuita delle classi popolari. Nel novembre del 1874 fu nominato vescovo titolare di Draso e coadiutore del Vescovo di San Miniato.
S’impegnò per il rinnovamento spirituale dei suoi fedeli, riaprì il seminario dove insegnò filosofia, teologia tomista e ebraico. Visitava le parrocchie, si dedicava in modo particolare alla predicazione, a volte come missioni popolari, e all’amministrazione dei sacramenti della confermazione e della riconciliazione, senza trascurare la visita agli infermi, negli ospedali e nelle loro case così come la visita ai carcerati. «Io sono per i poveri e devo stare tra i poveri», diceva. «Camminiamo uniti a Cristo —chiedeva ai sacerdoti— e offriamo davanti agli uomini e agli angeli una vera armonia divina».
Esercitò il ministero anche tramite la parola scritta, impegno che iniziò già quando era priore di San Marco. In questo impegno metteva tutta la sua anima. «Mi è sgorgato dall’anima», confessava nel presentare un trattato teologico sul Verbo di Dio incarnato. Le sue pubblicazioni sono molteplici: lettere pastorali, commenti teologici ispirati alla dottrina di San Tommaso d’Aquino, come quello che dedicò ai misteri di Cristo, le virtù cardinali, la teologia di San Paolo, la piccola Summa teologica, l’edizione italiana della Catena Aurea. Scrisse anche sull’Eucarestia e sulla Sacra Scrittura.
Nel 1897 morì il vescovo di San Miniato e Mons. Del Corona divenne vescovo residenziale nella diocesi in cui svolgeva il suo ministero episcopale già da 23 anni. Promosse istituzioni per i più poveri, il culto e la formazione cristiana e sociale del popolo. Continuò le visite pastorali alle parrocchie e alle istituzioni diocesane. Il suo arrivo era sempre motivo di festa per il popolo. Per le sue condizioni precarie di salute – problema epatici e difficoltà di vista – chiese al papa di esonerarlo dal governo pastorale. San Pio X accolse la sua supplica nell’agosto del 1907.
Ricevette la nomina di arcivescovo titolare di Sardica, come riconoscimento del “santo governo” che aveva esercitato a San Miniato. Si ritirò quindi a Firenze per dedicarsi alla preghiera, studio e apostolato tra le religiose della Congregazione delle Domenicane dello Spirito Santo che aveva fondato.
Molto spesso dimorava con i suoi frati del convento di San Domenico di Fiesole. Intensificò la preghiera e la meditazione. Morì il 15 agosto 1912.
La gente diceva di lui che era il vescovo dalle mani bucate, perché la sua generosità verso i poveri era proverbiale. Si racconta che un giorno non avendo nulla da offrire a un bisognoso, dette i suoi francobolli per le lettere, perché li rivendesse.
Questa grande carità di monsignor Pio Alberto del Corona è stata ricordata dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiedendo la sua beatificazione in rappresentanza di Papa Francesco, sabato mattina, 19 settembre, nella chiesa di San Francesco a San Miniato.
Papa Francesco, nella lettera apostolica di beatificazione, lo chiama «pastore di anime secondo il cuore di Cristo, testimone sollecito e umile del Vangelo».
Il beato, infatti, ha detto il porporato, «fu un pastore, che, come diceva san Gregorio Magno, dialogava con Dio senza dimenticare gli uomini e dialogava con gli uomini senza dimenticare Dio. La sua presidenza pastorale era un autentico servizio».
In vista della sua beatificazione, la Postulazione ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la guarigione miracolosa di una suora. L’evento si verificò nel 1926 a Livorno. All’età di circa ventitre anni, la religiosa cominciò ad avvertire intensi dolori all’addome, insieme con alcuni fenomeni patologici di vomito, inappetenza e nausea.
Con il passare del tempo, la sua pelle assunse un colore giallastro sempre più marcato, mentre le urine apparivano eccessivamente scure. Le venne diagnosticata una colecistite calcolosa che, all’epoca, veniva curata con dei ricostituenti, non essendo ancora in uso gli antibiotici. Il quadro clinico diventava sempre più problematico, senza la possibilità di una guarigione e perfino di un futuro miglioramento.
In questa situazione molto critica, nell’ottobre del 1926 la paziente invocò con fiducia l’intercessione del Ven. Servo di Dio Mons. Del Corona, inginocchiandosi davanti alla sua immagine. Immediatamente ella percepì un sensibile cambiamento delle condizioni fisiche, con una ripresa delle forze, del colorito naturale e della normale funzionalità organica. Indagini mediche svolte subito dopo e altre a distanza di circa venti anni confermarono la perfetta guarigione della religiosa.
Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione al Servo di Dio e la guarigione della paziente, che in seguito ha goduto di buona salute ed è stata in grado di gestire una normale vita relazionale.