Salvatore Lilli e compagni
(†1895)
- 22 novembre
Sacerdote professo, dell’Ordine Francescano Frati Minori e sette compagni martiri Armeni, martiri, che, dopo avere ricevuto dai soldati ottomani l’ordine di rinnegare Cristo ed essersi rifiutati di tradire la loro fede, raggiunsero il regno eterno trapassati dalle lance
La vita del beato Salvatore Lilli, nato a Cappadocia (L’Aquila), il 19 giugno 1853 è semplice, ma ricca di fatti che attestano il suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette Soci nel martirio conosciamo i nomi, le famiglie e l’ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche drammatici.
Fra quella gente umile il giovane missionario si immerse con dedizione totale, realizzando in breve tempo quanto poteva sembrare impensabile agli altri. Fondò tre nuovi villaggi per riunire i nuclei familiari dispersi, allo scopo di meglio proteggerli ed istruirli; provvide all’acquisto di un vasto terreno per dare un lavoro ed un pane a chi ne era privo e promosse con tenacia l’istruzione dei giovani. Soprattutto impresse un ritmo più intenso alla vita religiosa dei suoi parrocchiani, che si sentivano trascinati dal suo esempio, dalla sua pietà e dalla sua generosità; i suoi preferiti erano gli ammalati, i poveri, i bambini.
Saggio consigliere e solerte promotore di opere sociali, era aperto a tutti: cattolici, ortodossi, musulmani ed a tutti sapeva offrire, col sorriso, il suo servizio; per questo era particolarmente amato dai suoi fedeli, stimato e rispettato dagli altri.
Durante poi l’imperversare del colera, il suo apostolato si illuminò di carità eroica: fu nello stesso tempo sacerdote e medico. Incurante del contagio, passava di casa in casa assistendo moralmente e materialmente gli ammalati. In questa circostanza scrisse alla sorella, religiosa Trinitaria: “Mi sentivo un tale coraggio che l’andare presso il coleroso, soccorrerlo, amministrargli medicine, ecc., mi sembravano cose ordinarie”. E ne indicava la chiara motivazione: il sacerdote pieno di fede in Dio non teme i pericoli e “corre ad alleviare il misero fratello che tante volte si trova abbandonato dai suoi più cari” (Lettera alla sorella Suor Maria Pia, religiosa Trinitaria, 4 dicembre 1890).
Quando insorsero con violenza i sintomi premonitori della tempesta che si avvicinava minacciosa, i confratelli esortarono il Padre Salvatore a riparare in luoghi più sicuri. Gli stessi abitanti della zona, preoccupati per la vita del loro Padre, insistettero perché si ponesse in salvo. La risposta di Padre Lilli fu calma e decisa: “Non posso abbandonare le mie pecorelle; preferisco morire con loro, se è necessario” (Positio super Martyrio, Summarium, teste III, ad art. 16, p. 36); e rimase nella stazione missionaria.
Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante pose subito l’alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi di baionetta che ne fecero scorrere il sangue.
Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l’ultima volta di scegliere fra l’abiura e la morte: “All’infuori di Cristo non riconosco alcuno”, disse il Padre. Non meno nobile fu la risposta degli altri Martiri: “Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra religione” (Ivi., teste V, p. 53 ad 8).
Per primo fu ucciso il beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette subirono la medesima sorte.
I nomi di sette dei dodici fedeli armeni martiri insieme a padre Salvatore Lilli sono: Baldji Ohannès, Khodianin Kadir, Kouradji Tzeroum, Dimbalac Wartavar, Ieremias Boghos, David Oghlou, Toros David; degli altri non si conosce il nome.
SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI NOVE BEATI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica di San Pietro, 3 ottobre 1982
Cari fratelli e sorelle!
1. Grande è la gioia della Chiesa per l’elevazione agli onori degli altari di alcuni luminosi suoi figli: il Beato Salvatore Lilli, dei Frati Minori, e la Beata Jeanne Jugan, Fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Un italiano ed una francese, al primo dei quali sono associati sette cristiani della Turchia Orientale (Armenia Minore), martiri della fede.
È significativo che la Beatificazione del Padre Salvatore Lilli, missionario francescano della Custodia della Terra Santa e parroco di Mujuk-Deresi, avvenga proprio oggi, vigilia della festa di san Francesco d’Assisi.
Nel settimo centenario della morte del Santo di Assisi, nel 1926, il mio predecessore Pio XI volle sottolineare l’unione che lega il Serafico san Francesco alla terra di Gesù, beatificando otto francescani della Custodia, uccisi a Damasco nel 1860. Oggi, nell’anno otto volte centenario della nascita di san Francesco, un altro suo figlio, anch’egli impegnato pastoralmente in terra d’Oriente, è elevato agli onori degli altari, insieme a sette suoi parrocchiani martiri.
2. La cronologia del beato Salvatore è semplice, ma ricca di fatti che attestano il suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette Soci nel martirio conosciamo i nomi, le famiglie e l’ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche drammatici.
Fra quella gente umile il giovane missionario si immerse con dedizione totale, realizzando in breve tempo quanto poteva sembrare impensabile agli altri. Fondò tre nuovi villaggi per riunire i nuclei familiari dispersi, allo scopo di meglio proteggerli ed istruirli; provvide all’acquisto di un vasto terreno per dare un lavoro ed un pane a chi ne era privo e promosse con tenacia l’istruzione dei giovani. Soprattutto impresse un ritmo più intenso alla vita religiosa dei suoi parrocchiani, che si sentivano trascinati dal suo esempio, dalla sua pietà e dalla sua generosità; i suoi preferiti erano gli ammalati, i poveri, i bambini.
Saggio consigliere e solerte promotore di opere sociali, era aperto a tutti: cattolici, ortodossi, musulmani ed a tutti sapeva offrire, col sorriso, il suo servizio; per questo era particolarmente amato dai suoi fedeli, stimato e rispettato dagli altri.
Durante poi l’imperversare del colera, il suo apostolato si illuminò di carità eroica: fu nello stesso tempo sacerdote e medico. Incurante del contagio, passava di casa in casa assistendo moralmente e materialmente gli ammalati. In questa circostanza scrisse alla sorella, religiosa Trinitaria: “Mi sentivo un tale coraggio che l’andare presso il coleroso, soccorrerlo, amministrargli medicine, ecc., mi sembravano cose ordinarie”. E ne indicava la chiara motivazione: il sacerdote pieno di fede in Dio non teme i pericoli e “corre ad alleviare il misero fratello che tante volte si trova abbandonato dai suoi più cari” (Lettera alla sorella Suor Maria Pia, religiosa Trinitaria, 4 dicembre 1890).
Quando insorsero con violenza i sintomi premonitori della tempesta che si avvicinava minacciosa, i confratelli esortarono il Padre Salvatore a riparare in luoghi più sicuri. Gli stessi abitanti della zona, preoccupati per la vita del loro Padre, insistettero perché si ponesse in salvo. La risposta di Padre Lilli fu calma e decisa: “Non posso abbandonare le mie pecorelle; preferisco morire con loro, se è necessario” (Positio super Martyrio, Summarium, teste III, ad art. 16, p. 36); e rimase nella stazione missionaria.
Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante pose subito l’alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi di baionetta che ne fecero scorrere il sangue.
Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l’ultima volta di scegliere fra l’abiura e la morte: “All’infuori di Cristo non riconosco alcuno”, disse il Padre. Non meno nobile fu la risposta degli altri Martiri: “Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra religione” (Ivi., teste V, p. 53 ad 8).
Per primo fu ucciso il beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette subirono la medesima sorte.
3. Questo missionario francescano ed i suoi sette fedeli parlano con eloquenza incisiva al mondo di oggi: sono per tutti noi un salutare richiamo alla sostanza del cristianesimo. Quando le circostanze della vita ci pongono di fronte alle scelte fondamentali, fra valori terreni e valori eterni, gli otto Beati Martiri ci insegnano come si vive il Vangelo, anche nelle contingenze più difficili.
Il riconoscere Gesù Cristo come Maestro e Redentore implica l’accettazione piena di tutte le conseguenze che nella vita derivano da tale atto di fede. I Martiri, elevati oggi agli onori degli altari, vanno onorari imitandone l’esempio di fortezza e di amore a Cristo. La loro testimonianza e la grazia che li ha assistiti sono per noi motivo di coraggio e di speranza: ci assicurano che è possibile, di fronte alle più ardue difficoltà, seguire la legge di Dio e superare gli ostacoli che si incontrano nel viverla e metterla in pratica.
I nostri beati Martiri hanno vissuto in prima persona le parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli: “Chiunque mi renderà testimonianza davanti agli uomini, gli renderò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32). Il beato Salvatore ed i suoi compagni hanno subìto la morte per rendere la loro eroica testimonianza a Cristo di fronte al mondo: il Signore ha reso loro la sua testimonianza davanti al Padre con la vita eterna.
Questa lezione, insieme a quella della carità eroica della Beata Jeanne Jugan, sia di sprone a tutti i battezzati per una vita cristiana sempre più coerente e sempre più generosa al servizio del Signore, della Chiesa e dell’uomo.
4. Et exaltavit humiles! Ces paroles bien connues du Magnificat remplissent mon esprit et mon cœur de joie et d’émotion, alors que je viens de proclamer bienheureuse la très humble fondatrice des Petites Sœurs des Pauvres. Je rends grâce au Seigneur d’avoir réalisé ce que le Pape Jean XXIII avait légitimement espéré et ce que Paul VI avait si ardemment désiré. Certes, on pourrait appliquer le texte cité tout à l’heure aux innombrables disciples du Christ béatifiés ou canonisés par l’autorité suprême de l’Eglise. Cependant, la lecture attentive de la Position sur les vertus de Jeanne Jugan, comme les récentes biographies consacrées à sa personne et à son épopée de charité évangélique, m’inclinent à dire que Dieu ne pouvait glorifier plus humble servante. Je ne crains pas, chers pèlerins, de vous encourager à lire ou à relire les ouvrages qui parlent si bien de l’héroïque humilité de la bienheureuse Jeanne, comme de l’admirable sagesse divine, qui dispose avec patience et discrétion les événements destinés à favoriser la germination d’une vocation exceptionnelle et l’éclosion d’une œuvre nouvelle, à la fois ecclésiale et sociale.
5. Cela dit, je voudrais méditer avec vous et pour vous sur l’actualité du message spirituel de la nouvelle bienheureuse. Jeanne nous invite tous – et je cite les termes de la Règle des Petites Sœurs – “à communier à la beatitude de la pauvreté spirituelle, acheminant vers le dépouillement total qui livre une âme à Dieu”. Elle nous y invite beaucoup plus par sa vie que par les quelques paroles conservées d’elle et marquées du sceau de l’Esprit Saint, telles que celles-ci: “C’est si beau d’être pauvre, de ne rien avoir, de tout attendre du Bon Dieu”. Consciente et joyeuse de sa pauvreté, elle compte totalement sur la divine Providence, qu’elle reconnaît à l’œuvre dans sa propre vie et dans celle des autres. Cette confiance absolue n’est pas pour autant inactive. Avec le courage et la foi qui caractérisent les femmes de son terroir natal, elle n’hésite pas à “mendier à la place des pauvres qu’elle accueille”. Elle se veut leur sœur, leur “Petite Sœur”. Elle veut s’identifier à tout ce monde des anciens souvent mal portants, parfois bien délaissés. N’est-ce pas l’Evangile à l’état pur?
N’est-ce pas la voie que le Tiers-Ordre de saint Jean Eudes lui avait enseignée: “... n’avoir qu’une vie, qu’un cœur, qu’une âme, qu’une volonté avec Jésus” pour rejoindre ceux que Jésus a toujours préférés: les petits et les pauvres? Grâce à ses exercices quotidiens de piété – longue oraison silencieuse, participation au Sacrifice eucharistique et communion au Corps du Christ plus fréquente que de coutume en cette époque, récitation méditée du rosaire qui ne la quittait pas, et cet agenouillement fervent devant les stations du chemin de la croix – l’âme de Jeanne était véritablement plongée dans le mystère du Christ Rédempteur, spécialement dans sa passion et sa croix. Son nom de religion – Sœur Marie de la Croix – en est le symbole réel et émouvant. Depuis le hameau natal des Petites-Croix (coïncidence ou présage?) jusqu’à son départ de ce monde, le 29 août 1879, la vie de cette fondatrice est comparable à un long et très fécond chemin de croix, vécu dans la sérénité et la joie selon l’Evangile. Comment ne pas souligner ici que, quatre ans après la naissance de l’Œuvre, Jeanne fut victime d’immixtions abusives et extérieures au groupe de ses premières compagnes? Elle se laissa dépouiller de sa charge de Supérieure, et un peu plus tard elle accepta de rentrer à la Maison-Mère pour une retraite qui durera vingt-sept années, sans la moindre protestation. En mesurant pareils événements, le mot d’héroïsme vient de lui-même à l’esprit. Saint Jean Eudes, son maître spirituel, disait: “La vraie mesure de la sainteté, c’est l’humilité”. En recommandant souvent aux Petites Sœurs: “Soyez petites, bien petites! Gardez l’esprit d’humilité, de simplicité! Si nous venions à nous croire quelque chose, la Congrégation ne ferait plus bénir le Bon Dieu, nous tomberions”, Jeanne livrait en vérité sa propre expérience spirituelle. Et dans sa longue retraite à la Tour Saint-Joseph, elle exerça certainement sur de nombreuses générations de novices et de Petites Sœurs une influence décisive, imprimant son esprit à la Congrégation par le rayonnement silencieux et éloquent de sa vie. A notre époque, l’orgueil, la recherche de l’efficacité, la tentation des moyens puissants ont facilement cours dans le monde et parfois, hélas, dans l’Eglise. Ils font obstacle à l’avènement du royaume de Dieu. C’est pourquoi la physionomie spirituelle de Jeanne Jugan est capable d’attirer les disciples du Christ et de remplir leurs cœurs de simplicité et d’humilité, d’espérance et de joie évangélique, puisées en Dieu et dans l’oubli de soi. Son message spirituel peut entraîner les baptisés et les confirmés à une redécouverte et à une pratique du réalisme de la charité qui est étonnamment efficace dans une vie de Petite Sœur ou de laïc chrétien lorsque le Dieu d’Amour et de Miséricorde y règne pleinement.
6. Jeanne Jugan nous a également laissé un message apostolique tout à tait d’actualité. On peut dire qu’elle avait reçu de l’Esprit comme une intuition prophétique des besoins et des aspirations profondes des personnes âgées: ce désir d’être respectees, estimées, aimées; cette appréhension de la solitude en même temps que le souhait d’un espace de liberté et d’intimité; cette nostalgie de se sentir encore utiles; et très souvent, une volonté d’approfondir les choses de la foi et d’en mieux vivre. J’ajouterais que, sans avoir lu et médité les beaux textes de “Gaudium et Spes”, Jeanne était déjà en accord secret avec ce qu’ils disent de l’établissement d’une grande famille humaine où tous les hommes se traitent comme des frères er partagent les biens de la création selon la règle de la justice, inséparable de la charité. Si les systèmes de sécurité sociale actuellement en vigueur ont supprimé les misères du temps de Jeanne Jugan, la détresse des personnes âgées se rencontre encore en maints pays où œvrent ses Filles. Et même dans les régions où ils existent, ces systèmes de prévoyatice ne procurent pas toujours aux anciens ce type de maisons vraiment familiales qui correspondraient à leur attente, comme à leurs besoins corporels et spirituels. On le voit: dans un monde où le nombre des personnes âgées va croissant – le récent Congrès international de Vienne s’en est préoccupé – l’actualité du message apostolique de Jeanne Jugan et de ses Filles est hors de doute. Dès les premières années, la fondatrice a voulu que sa Congrégation, loin de se limiter à l’ouest de la France, devienne un véritable réseau de maisons familiales, où chaque personne soit accueillie, honorée, et même – selon les possibilités individuelles – promue à un épanouissement de son existence. L’actualité de la mission inaugurée par la bienheureuse est si vraie que les demandes d’admission et de fondation ne cessent d’affluer. A sa mort, deux mille quatre cents Petites Sœurs étaient au service des personnes pauvres et âgées, en dix pays. Aujourd’hui, elles sont quatre mille quatre cents, réparties à travers trente nations et sur les cinq continents. L’Eglise tout entière et la société elle-même ne peuvent qu’admirer et applaudir la merveilleuse croissance de la toute petite semence évangélique jetée en terre bretonne, voici bientôt cent cinquante ans par la très humble Cancalaise, si pauvre de biens mais si riche de foi!
7. Puisse la béatification de leur très chère fondatrice apporter aux Petites Sœurs des Pauvres un nouvel élan de fidélité au charisme spirituel et apostolique de leur Mère! Puisse la répercussion de cet événement à travers toutes les fondations éclairer et décider de nombreuses jeunes filles à rejoindre les rangs des Petites Sœurs! Puisse la glorification de leur compatriote être pour les paroissiens de Cancale et pour tous les diocésains de Rennes un appel vigoureux à la foi et à la charité évangéliques! Puisse enfin cette béatification devenir pour les personnes âgées du monde entier une source tonifiante de joie et d’espérance, grâce au témoignage solennellement reconnu de celle qui les a tant aimés au nom de Jésus-Christ et de son Eglise!
Traduzione italiana del discorso pronunciato in lingua francese
4. “Et exaltavit humiles!” Queste parole molto conosciute del Magnificat riempiono il mio spirito e il mio cuore di gioia e di emozione, mentre ho appena proclamato beata l’umilissima fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Rendo grazia al Signore di aver potuto realizzare ciò che Papa Giovanni XXIII aveva legittimamente sperato e che Paolo VI aveva desiderato ardentemente. Certo, si potrebbe applicare il testo citato poc’anzi agli innumerevoli discepoli di Cristo beatificati o canonizzati dall’autorità suprema della Chiesa. Tuttavia, la lettura attenta della “Positio” sulle virtù di Jeanne Jugan, come le recenti biografie consacrate alla sua persona e alla sua epopea di carità evangelica, mi fanno dire che Dio non poteva glorificare una serva più umile. Non esito, cari pellegrini, ad incoraggiarvi a leggere o a rileggere le opere che parlano così bene dell’eroica umiltà della beata Jeanne, e dunque dell’ammirabile saggezza divina, che dispone con pazienza e discrezione gli avvenimenti destinati a favorire la nascita di una vocazione eccezionale e la fioritura di una nuova opera insieme ecclesiale e sociale.
5. Detto questo, vorrei meditare con voi e per voi sull’attualità del messaggio spirituale della nuova beata. Jeanne ci invita tutti – e cito le parole della Regola delle Piccole Sorelle – “a partecipare alla beatitudine della povertà spirituale, camminando verso la spoliazione totale che eleva l’anima a Dio”. Essa ci invita a questo ancor di più con la sua vita che mediante le sue parole conservate e segnate dal sigillo dello Spirito Santo, come queste: “È così bello essere poveri, non possedere nulla, attendersi tutto dal Buon Dio”. Cosciente e gioiosa della sua povertà, essa fa conto totalmente sulla Divina Provvidenza, che riconosce operante nella sua vita e in quella degli altri.
Questa fiducia assoluta non è pur tuttavia inattiva. Con il coraggio e la fede che caratterizzano le donne della sua terra natale, ella non esita a “mendicare al posto dei poveri che accoglie”. Vuole essere loro sorella, la loro “Piccola sorella”. Vuole identificarsi con tutti questi anziani spesso in cattiva salute, a volte del tutto abbandonati. Non è il Vangelo allo stato puro (cf. Mt 25,34-41)?
Non è la via che il Terzo ordine di San Jean Eudes le aveva insegnato “... non avere che una vita, che un cuore, che un’anima con Gesù” per raggiungere coloro che Gesù ha sempre preferito: i piccoli e i poveri? Grazie ai suoi esercizi quotidiani di pietà – lunga orazione silenziosa, partecipazione al sacrificio eucaristico e comunione al Corpo di Cristo più frequente di quanto fosse nell’uso dell’epoca, la recita meditata del Rosario, che non abbandonava mai, e l’inginocchiarsi fervente davanti alle stazioni della Via crucis – l’anima di Jeanne era veramente immersa nel mistero di Cristo Redentore, specialmente nella sua passione e croce. Il suo nome da religiosa – Suor Maria della Croce – ne è il simbolo reale e commovente. Dal piccolo borgo nativo di Petites Croix (coincidenza o presagio?) fino alla sua morte, avvenuta il 29 agosto 1879, la vita di questa fondatrice è paragonabile ad un lungo e fecondissimo cammino di croce, vissuto nella serenità e nella gioia secondo il Vangelo. Come non ricordare qui che, quattro anni dopo la nascita dell’Opera, Jeanne fu vittima di intromissioni indebite ed esterne al gruppo delle sue prime compagne? Essa si lasciò spogliare della sua carica di Superiora, e un po’ più tardi accetterà di rientrare alla Casa madre per un ritiro che durerà ventisette anni, senza la minima protesta.
Considerando simili avvenimenti, la parola eroismo viene spontanea al cuore. San Jean Eudes, suo maestro spirituale, diceva: “La vera misura della santità, è l’umiltà”. Raccomandando spesso alle Piccole Sorelle: “Siate piccole, molto piccole! Mantenete lo spirito di umiltà, di semplicità! Se pensiamo di essere qualcosa, la Congregazione non glorificherà più il Buon Dio, noi cadremmo”, Jeanne consegnava in verità la sua propria esperienza spirituale. E nel suo lungo ritiro alla Tour-Saint-Joseph, ella esercitò certamente su numerose generazioni di novizie e di Piccole Sorelle una influenza decisiva, imprimendo il suo spirito alla Congregazione attraverso l’irradiamento silenzioso ed eloquente della sua vita. Ai nostri giorni, l’orgoglio, la ricerca dell’efficacia, la tentazione di mezzi potenti hanno libero corso nel mondo e talvolta, purtroppo, anche nella Chiesa. Sono di ostacolo all’instaurazione del Regno di Dio. Ecco perché la fisionomia spirituale di Jeanne Jugan è in grado di attirare i discepoli di Cristo e di riempire il loro cuore di semplicità e di umiltà, di speranza e di gioia evangelica, attinte in Dio e nella dimenticanza di sé. Il suo messaggio spirituale può condurre i battezzati e i cresimati alla riscoperta e alla pratica del realismo della carità che è efficace in modo straordinario in una vita di Piccola Sorella o di laico cristiano quando il Dio d’Amore e di Misericordia vi regna pienamente.
6. Jeanne Jugan ci ha anche lasciato un messaggio apostolico di grande attualità. Si può dire che essa aveva ricevuto dallo Spirito come un’intuizione profetica dei bisogni e delle aspirazioni profonde delle persone anziane: quel desiderio di essere rispettate, stimate, amate; quella paura della solitudine insieme al bisogno di uno spazio di intimità e di libertà; quel desiderio di sentirsi ancora utili; e molto spesso, una volontà di approfondire le cose della fede e di viverle meglio.
Aggiungerei che, senza aver letto e meditato i bei testi della Gaudium et Spes, Jeanne era già in segreta sintonia con quello che essi dicono riguardo all’instaurazione di una grande famiglia umana, in cui tutti gli uomini si trattino come fratelli (cf. Gaudium et Spes, 24) e condividano i beni della creazione secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità (cf. Ivi. 69). Se i sistemi di sicurezza sociale attualmente hanno eliminato la miseria dei tempi di Jeanne Jugan, l’avvilimento delle persone anziane si riscontra ancora in molti paesi in cui operano le sue Figlie. E anche nelle regioni in cui esistono, questi sistemi di previdenza non procurano sempre agli anziani quel tipo di casa veramente familiare che corrisponde alle loro attese e ai loro bisogni fisici e spirituali. Lo vediamo: in un mondo in cui il numero delle persone anziane è in continua crescita – il recente Congresso internazionale di Vienna se ne è preoccupato – l’attualità del messaggio apostolico di Jeanne Jugan e delle sue Figlie è fuor di dubbio. Fin dai primi anni, la Fondatrice ha voluto che la sua Congregazione, ben lungi dal limitarsi all’ovest della Francia, divenisse una vera rete di case familiari, in cui ogni persona venisse accolta, onorata e anche – secondo le possibilità individuali – aiutata al raggiungimento del pieno sviluppo della propria esistenza. L’attualità della missione inaugurata dalla beata è così vera che le domande di ammissione non cessano di affluire. Alla sua morte, duemilaquattrocento Piccole Sorelle erano al servizio di persone povere e anziane, in dieci paesi. Oggi, esse sono quattromilaquattrocento, divise in trenta nazioni sui cinque continenti. La Chiesa tutta intera e la società stessa non possono che ammirare e lodare la meravigliosa crescita del piccolo seme evangelico gettato in terra bretone, or sono circa centocinquanta anni dalla umilissima Cancalese, così povera di beni ma ricca di fede!
7. Possa la beatificazione della loro carissima Fondatrice apportare alle Piccole Sorelle dei Poveri un nuovo slancio di fedeltà al carisma spirituale e apostolico della loro Madre! Possa il riverbero di questo avvenimento attraverso tutte le fondazioni rischiarare e rendere decise numerose ragazze ad ingrossare le fila delle Piccole Sorelle! Possa la glorificazione della loro compatriota essere per i parrocchiani di Cancale e per tutti i diocesani di Rennes un appello vigoroso alla fede e alla carità evangelica! Possa infine questa beatificazione divenire per le persone anziane del mondo intero una sorgente tonificante di gioia e di speranza, grazie alla testimonianza solennemente riconosciuta di colei che li ha tanto amati in nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa!