
Raffaele Mennella
(1877 - 1898)
Chierico professo della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori; la fede in Dio è stata il perno della sua vita. Sin da ragazzo egli si recava in parrocchia ogni giorno per la Messa e la sera andava in chiesa per ricevere la Benedizione eucaristica, tanto che l’assidua pratica religiosa gli fece maturare il desiderio di farsi sacerdote
Il Venerabile Servo di Dio Raffaele Mennella nacque a Torre del Greco il 22 giugno 1877, in una famiglia numerosa che viveva in condizioni molto modeste. Riferimento di tutta la famiglia fu la madre, Annunziata Manguso, che si interessò alla formazione cristiana dei figli trasmettendo loro la sua solida fede cristiana. Pur amando lo studio, dopo aver ottenuto la licenza elementare, dovette lasciare la scuola per intraprendere un lavoro che sostentasse la famiglia e apprese la lavorazione del corallo. Frequentando assiduamente la parrocchia, venne in contatto con Padre Luigi Torrese, della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, fondata da San Gaetano Errico, e partecipò ad alcune missioni popolari che fecero maturare in lui il desiderio di consacrarsi al Signore.
Ammesso tra i novizi a Secondigliano, ricevette la tonsura clericale e gli ordini minori e nel 1897 fu inviato ad approfondire gli studi teologici all’Università Gregoriana. In quegli anni visse intensamente la sua vocazione religiosa impegnandosi costantemente nella preghiera e fu conosciuto per lo zelo pastorale e per la carità che esercitava recandosi a visitare gli ammalati negli ospedali. Il 3 luglio 1898 gli venne diagnosticata una grave forma di tubercolosi; per evitare il contagio agli altri sacerdoti che vivevano con lui tornò in famiglia a Torre del Greco dove morì il 15 settembre 1898.
La breve vita del Venerabile Servo di Dio si svolse in un ristretto ambito geografico, tra Torre del Greco e Secondigliano, in un contesto di povertà e sacrificio. La fede in Dio è stata il perno della sua vita. Sin da ragazzo egli si recava in parrocchia ogni giorno per la Messa e la sera andava in chiesa per ricevere la Benedizione eucaristica, tanto che l’assidua pratica religiosa gli fece maturare il desiderio di farsi sacerdote. Pregava con costanza ed era conosciuto per il suo grande amore per l’Eucaristia. Come chierico dei Sacri Cuori visse con amore i tratti caratteristici della sua Congregazione nutrendo una grande devozione verso il Sacro Cuore di Gesù e per il Cuore di Maria. Da tale spiritualità scaturì la sua vicinanza ai sofferenti.
Esercitò la carità innanzitutto nei confronti della sua famiglia, aiutandola col suo lavoro a superare le difficoltà economiche e si prodigò per aiutare i sacerdoti della sua parrocchia nel loro ministero partecipando, sin da professo, alla missione del suo Istituto con l’insegnamento del catechismo ai ragazzi. Esercitò l’obbedienza ai suoi Superiori in spirito filiale con docilità e deferenza, accettando di svolgere anche i compiti più umili e fu sempre pervaso dalla speranza cristiana che si evidenziava nella serenità di spirito, mantenuta pure in mezzo alle contrarietà della vita. Accolse anche la malattia tubercolotica, allora incurabile, con spirito di abbandono alla volontà di Dio, e fino all’ultimo ebbe parole di incoraggiamento per i sacerdoti che lo andavano a visitare per confortarlo. I funerali, che videro la spontanea partecipazione di una grande folla, rappresentarono il riconoscimento pubblico di una vita spesa interamente per il Signore.