Omelia nella festa di Santa Rita

OMELIA NELLA FESTA DI SANTA RITA

(Cascia, mercoledì 22 maggio 2019)

 

 

Cari fratelli e sorelle,

 

Sono lieto di presiedere questa Santa Messa nella festa liturgica di santa Rita, che il Papa Leone XIII definì “la perla preziosa dell’Umbria”. Santa Rita merita i festeggiamenti solenni che ogni anno voi abitanti di Cascia le tributate. È infatti una delle Sante più popolari in Italia e nel mondo, la cui fama di santità risale al momento della sua morte e si è prolungata fino ai nostri giorni. Come si spiega la straordinaria diffusione della devozione a Santa Rita? La risposta immediata potrebbe essere data dalla tradizione popolare che la definisce come la santa dei “casi impossibili”, la santa dunque a cui rivolgersi in ogni momento difficile della nostra vita. Lei infatti è vissuta nella ferma convinzione che, affidandosi a Dio, tutto può accadere. Per questo i vostri padri spesso si sono rivolti a lei soprattutto quando sopraffatti da forze oscure come le devastanti scosse sismiche a cui la vostra terra spesso è soggetta, hanno avuto bisogno di rivolgersi a lei per ottenere l’impossibile. Tuttavia la risposta più bella sulla popolarità di Santa Rita ci è stata data dal Papa San Giovanni Paolo II. In occasione del sesto centenario della nascita della Santa, scriveva: “Perché Rita è santa? “– si chiedeva- “Non tanto per la fama dei prodigi che la devozione popolare attribuisce all’efficacia della sua intercessione presso Dio onnipotente, quanto per la stupefacente “normalità” dell’esistenza quotidiana, da lei vissuta prima come sposa e madre, poi come vedova ed infine come monaca agostiniana”. Queste parole sottolineano come Santa Rita sia stata semplicemente una nostra sorella che ci ha preceduto nel vivere una vita normale, intessuta però della luce e dell’incessante presenza di Dio, il quale mai abbandona le sue creature, specialmente nell’ora del dolore e del turbamento. Di lei è stato persino detto: “Sarebbe potuta essere una mediocre o anche una pessima cristiana, inasprita dalla sofferenza e provocata alla ribellione. Fu, invece, una Santa".

Le letture che sono state proclamate ci aiutano a cogliere la bellezza e la fecondità del messaggio di santa Rita, che può riassumersi in tre raccomandazioni: siate santi, sappiate perdonare, amate la croce.

Siate santi. È questo un imperativo per tutti i battezzati. Santa Rita ci ricorda la meravigliosa chiamata che Dio ha fissato per tutti noi: la chiamata alla santità. Essere santi non ci porta a fuggire dal mondo, a fuggire dai nostri impegni quotidiani, ci spinge invece a trasformare la nostra esistenza in un progressivo e quotidiano incontro con il Signore. La pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato ci presenta la similitudine della vite e dei tralci. Come i tralci sono uniti alla vite, così i discepoli del Signore sono legati a Lui con legame strettissimo e vitale, nel senso che non possiamo vivere senza essere uniti a Lui. Le attenzioni che il contadino ha per la sua vigna – l’innesto, la pulizia, la potatura, la cura del frutto – sono solo una pallida immagine della dedizione amorevole che il Signore ha per ognuno di noi. Egli ci ama di un amore smisurato! L’immagine della vite e dei tralci è incisiva anche per un altro motivo. Il tralcio vive e porta frutto in quanto è unito alla vite e in quanto è unito vitalmente agli altri tralci. È questo che avviene per noi con il Battesimo: noi abbiamo, sì, radici profonde nell’amore di Dio, ma le abbiamo anche tra di noi. Infatti diventando figli di Dio, si innesta tra i cristiani un rapporto speciale che è quello della carità reciproca. La nostra linfa vitale è l’amore che riceviamo da Gesù e che siamo chiamati a donare agli altri, realizzando così una comunione fraterna e solidale.

La via indicata dall’odierna Parola di Dio è difficile, ma non impossibile. Dinanzi alle esigenze radicali del Vangelo ci può essere la tentazione di pensare che la chiamata alla santità è solo per alcuni, per i Santi come Rita. Ma il Vangelo è per tutti e ogni esistenza umana è la storia del rapporto d’amore col Signore. Certo abbiamo attorno a noi una mentalità, un modo di pensare anche nelle nostre case, che non ci aiuta ad essere cristiani e tantomeno santi. Eppure ci conforta il pensiero che oltre a splendidi modelli di Santi che hanno attraversato i secoli in ogni nazione e continente, vi è pure l’incoraggiante esempio di numerosissimi testimoni sconosciuti e anonimi delle nostre comunità, delle nostre famiglie e delle nostre parrocchie. Uomini e donne che hanno preso sul serio il Vangelo e lo hanno incarnato nella concretezza della vita quotidiana, rimanendo uniti a Gesù, come tralci uniti alla vite e per questo hanno portato molto frutto.

Sappiate perdonare. Non c’è santità senza amore. E l’amore chiede comportamenti di pazienza e di gratuità, di tolleranza e di attesa, di comprensione e di misericordia. A questo siamo invitati dalla seconda lettura. L’apostolo Paolo, così scrive ai cristiani di Roma: “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non rendete a nessuno male per male… Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete con il bene il male” (Rm 12, 9-21). Sappiamo quale è stato l’atteggiamento di santa Rita di fronte all’uccisione del marito e alla tentazione che i figli avrebbero potuto avere: quella di vendicare il sangue del padre con il sangue degli uccisori. Leggiamo nella sua biografia: “Afflitta la santa vedova per l’atrocità dell’avvenimento così duro, cercò il suo conforto nell’orazione e armata di costanza invincibile, con assidue e infuocate preghiere chiedeva da Dio benedetto il perdono per gli uccisori di suo marito. Ma poiché temeva forte che i due suoi figlioli, allora assai giovanetti, non facessero a suo tempo acerba vendetta della morte del padre, si diede come meravigliosa carità a raddolcire i loro animi e a disporli non solamente alla dimenticanza, ma al perdono del commesso misfatto”. Conosciamo poi il seguito: piuttosto che vedere i suoi figli macchiati dal peccato della vendetta preferì vederli morti anzitempo e in questo senso elevò preghiere al cielo.

Quale lezione sconvolgente di perdono!

Pertanto, siamo anche noi invitati a credere al miracolo della misericordia, come ha fatto santa Rita e come ci chiede la parola di Dio: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.

Siamo i tralci di Cristo, dobbiamo essere uniti a Lui, ascoltare la sua parola, coltivare con Lui un rapporto personale, cuore a cuore nella preghiera. Solo con la preghiera si raddolcisce il nostro cuore e possiamo ottenere la grazia di perdonare offese piccole e grandi, offese ricevute in casa e fuori casa. È solo per grazia di Dio che possiamo far nostre le parole di Gesù: prima di offrire il sacrificio, va’ e riconciliati con il tuo fratello. Sì, l’eucarestia è la celebrazione propria di cuori purificati dal perdono di Dio e dal perdono reciproco tra fratelli.

Amate la croce. Dalla biografia di Santa Rita abbiamo appreso come la vita non le risparmiò il dolore. Pensiamo all’iniziale convivenza burrascosa con il marito, alla tragedia sofferta per la sua morte e per quella dei suoi due figli. La stessa vita di convento fu contrassegnata dalla sofferenza. Ammalatasi gravemente, dovette rimanere a letto per lunghi anni, accettando con animo forte e sereno ogni tormento e intensificando la sua unione con il Signore. La sua devozione per la Croce fu così grande che un venerdì santo, dopo aver seguito una predica sulla passione, presa dall'amore per Cristo Crocifisso, fu trafitta alla fronte, fino all'osso, da una spina della corona, che le procurò un dolore durato fino alla morte. La Sua fu davvero una vita segnata dalla croce, sopportò il morso del dolore che le stringeva l'anima e le lacerava le carni perché comprese la sapienza della Croce. Tramutò cosi il dolore in una incredibile espressione di amore che dona senza chiedere e trasforma ogni limite in una forza travolgente di elevazione spirituale. Divenne quell'amore che loda Dio nonostante le sofferenze e raggiunge la forma più pura e più alta della carità.

È sempre Giovanni Paolo II a descriverci la singolarità di Santa Rita nel vivere la dimensione del dolore: “Discepola del Crocifisso ed esperta nel soffrire, imparò a capire le pene del cuore umano. Rita diventò così avvocata dei poveri e dei disperati, ottenendo per chi l'ha invocata nelle più diverse situazioni innumerevoli grazie di consolazione e di conforto” (Giovanni Paolo II, Udienza 20 maggio 2000) .

Anche noi vorremmo chiedere a Dio qualche grazia per l’intercessione di Santa Rita, ma la vorremmo supplicare con l’animo di chi, come ci suggerisce il Vangelo, non intende sprecare tante parole, perché il Padre sa già di cosa abbiamo bisogno, e desidera ardentemente solo l’avvento del Regno di Dio.

Trovandoci a casa di Santa Rita, che è stata moglie e madre, non possiamo non chiedere grazie speciali alle famiglie di oggi, chiamate ad affrontare molteplici sfide e che spesso non reggono. Invochiamo S. Rita affinché nasca una rete di solidarietà delle famiglie per fronteggiare la diffusa cultura secolarizzata, l’indifferenza religiosa e il relativismo morale. Siano i nostri cristiani fermi nella convinzione che la famiglia voluta da Dio è il luogo in cui un uomo e una donna rispecchiano l’amore di Dio e si fanno suoi generosi ed esclusivi collaboratori nella trasmissione della vita.

Un’ultima grazia la vorremmo chiedere per l’Italia perché non smarrisca tradizioni e cultura che l’hanno resa esempio di fede, di accoglienza e di pacifica e rispettosa convivenza dei suoi abitanti.

Che Santa Rita ci ascolti e interceda per noi!