Omelia per la Beatificazione di P. Emilio Moscoso

OMELIA PER LA BEATIFICAZIONE DI P. EMILIO MOSCOSO

(Riobamba, Ecuador, sabato 16 novembre 2019)

 

 

«La grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, a gloria di Dio» (2Cor 4,15).

 

Cari fratelli e sorelle,

un motivo per innalzare l’inno di ringraziamento a gloria di Dio è, per la Chiesa universale e specialmente per la Chiesa dell’Ecuador, la beatificazione di padre Emilio Moscoso, sacerdote gesuita, la cui testimonianza eroica oggi esaltiamo e proponiamo al Popolo di Dio. La sua vita di apostolo, pieno di dedizione e coraggio, è sempre stata ispirata da un instancabile zelo evangelizzatore. Religioso innamorato della sua vocazione, dedito al Signore e al bene degli altri, era ritenuto un apostolo generoso, mite, mansueto, pronto al sacrificio, ben voluto dai confratelli e dalla gente, nonché dai sacerdoti della diocesi e dal Vescovo.

Il suo martirio è manifestazione di quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo: «Siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati» (vv.8-9). Né le sofferenze delle malattie, né il peso della responsabilità, né l’indefessa attività ministeriale svolta frequentemente in circostanze rischiose, riuscirono a soffocare in padre Emilio la gioia irradiante che nasceva dal suo amore per Cristo, e che nessuno gli ha potuto togliere. La radice più profonda della dedizione agli altri era il suo ardente desiderio di immedesimarsi in Gesù, persino nella sua morte. Fu ucciso, infatti, nella sua camera mentre pregava il Rosario davanti al crocifisso. Si può dire che egli associò così il suo sacrificio con quello di Cristo sulla croce. Tale sua conformazione alla morte redentrice del Figlio di Dio è testimoniata anche dai persecutori che saccheggiarono la residenza dei gesuiti al grido «Mueran los frailes, muera Cristo» (Positio, Summ. Docum. doc. 51, 240-241).

L’uccisione del Beato Emilio Moscoso si inserisce nel clima persecutorio e di crescente violenza contro la Chiesa Cattolica che caratterizzò, in quegli anni, la storia dell’Ecuador ed in particolare la regione di Riobamba. Rientrano in tale contesto l’arresto del Vescovo diocesano, quello di altri sacerdoti e di alcuni gesuiti. Risalgono a questo periodo anche nume­rosi altri provvedimenti adottati contro la Chiesa, come la chiusura dei seminari minori, le restrizioni nell’insegnamento, i controlli sulle parrocchie, le espropriazioni di conventi, l’arresto di religiosi, fino ad arrivare all’abolizione del Concordato con la Santa Sede. Il 4 maggio 1897 si verificò l’attacco e l’invasione del Collegio San Felipe, di cui era Rettore il padre Emilio. Tale atto corrispondeva ad un sentimento di odio contro la fede e contro la Chiesa messi in atto dal governo liberale, influenzato da ideologie anticristiane, come dimostrano le azioni violente che accompagnarono l’assassinio stesso del Padre Moscoso: assalto alla chiesa, profanazione dell’Eu­caristia, distruzione di immagini sacre e suppellettili liturgiche, furti nel collegio, insulti e minacce ai religiosi.

Abbiamo ascoltato nella pagina evangelica il monito di Gesù: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25). In queste parole possiamo veder delineato l’itinerario spirituale del Beato Emilio Moscoso, uomo di Dio, non solo nella intensa preghiera, ma anche nella instancabile dedizione al ministero sacerdotale, mediante un continuo dono di se stesso. Dalle testimonianze raccolte nel corso del processo canonico, emerge il profilo virtuoso di un religioso animato dallo spirito evangelico e impegnato nel servizio del prossimo, senza escludere la possibilità di dovere offrire la propria vita imitando radicalmente Cristo e accogliendo il martirio (cfr Informatio, pp. 65-67). Il suo carattere timido e pacifico, non gli impediva di essere coerente e coraggioso nell’esercizio delle proprie responsabilità, fino alla fine.

Al momento dello scontro armato tra le due fazioni militari e davanti alla violenza degli aggressori, fu cosciente del pericolo estremo ma decise di rimanere al suo posto, senza fuggire. Inoltre, reagì attivamente a quella violenza affrontando nella preghiera quegli eventi e presentandoli a Dio perché potesse intervenire e comunque disponendosi attivamente a fare la Sua volontà qualunque essa fosse, anche la morte. Egli fu pienamente consapevole della missione affidata da Cristo ad ogni apostolo e si sforzò fino alla fine di imitare il Figlio di Dio, che volle salvare il mondo mediante l’umiliazione della Croce.

Così aveva fatto durante tutta la sua esistenza, ha lavorato e sofferto per produrre molto frutto, seguendo l’esempio di Gesù, chicco di grano caduto in terra (cfr Gv 12, 24), e attuando il carisma di sant’Ignazio di Loyola. In tutte le comunità della Compagnia di Gesù dove il padre Emilio Moscoso si trovò, lasciò sempre un ricordo di fedeltà, di fraternità e di servizio, lavorando intensamente per la formazione delle giovani generazioni. In quanti avvicinava egli cercava di instillare l’amore di Gesù povero ed umile e l’amore all’eucarestia; libero da ogni ricerca di rico­noscimenti e di titoli, ha dato esempio mirabile di umiltà e obbedienza, sempre pronto ad accettare le disposizioni dei superiori e il lavoro nella missione pastorale.

Con la Beatificazione di Padre Emilio Moscoso, ci viene presentato il modello di un sacerdote che fu coraggioso testimone dell’amore di Cristo. I presbiteri, i religiosi e l’intera Chiesa che è in Ecuador è incoraggiata a imitare il nuovo Beato che ha dato la vita per il Vangelo. In particolare, si sentiranno stimolati a seguirne l’esempio i suoi confratelli gesuiti e le Francescane di Maria Immacolata, la cui fondazione fu uno dei primi e fecondi frutti del martirio di padre Emilio: l’istituto fu infatti fondato con il preciso scopo di riparare alle gravi profanazioni e alla sua uccisione. Sempre in suo ricordo a Cuenca, città natia del martire dell’Eucarestia, come qui viene chiamato, è stata dedicata la chiesa del “Santo Cenaculo” all’adorazione perpetua dell’eucarestia.

I suoi carnefici, eliminando lui, volevano colpire la fede cattolica. Ma fu un tentativo inutile. Il martirio di questo eroico gesuita, sempre vivo nel ricordo devoto e orante della popolazione, ha dimostrato che la violenza non è in grado di rimuovere la fede dalle persone, né di eliminare la presenza della Chiesa nella società. Quanti tentativi vi sono stati nella storia della Chiesa! Eppure essa, provata, sbeffeggiata, perseguitata lungo i secoli è più viva che mai. Dobbiamo riconoscere che anche oggi sono presenti visioni esistenziali che cercano di sradicare la nostra gente dalle proprie tradizioni culturali e religiose. Concezioni che non rispettano la dignità della persona umana, la vita dal concepimento al suo naturale tramonto, la famiglia e il matrimonio tra un uomo e una donna.

La vita virtuosa e la morte eroica del Beato Emilio Moscoso incoraggiano ciascuno di noi a portare con entusiasmo la luce del Vangelo ai nostri contemporanei, così come ha fatto lui. La sua testimonianza è attuale e ci offre un significativo messaggio: non ci si improvvisa martiri, il martirio è frutto di una fede radicata in Dio e vissuta giorno per giorno; la fede richiede coerenza, coraggio e intensa capacità di amare Dio e il prossimo, con il dono di se stessi. Il Padre Emilio indica a tutta la Chiesa, a tutti noi, la strada per realizzare questo amore: la docilità alla volontà di Dio, da ricercare sempre e dovunque; l’attaccamento alla parola di Dio da accogliere ogni giorno come guida delle nostre azioni; la scelta di Maria, la Madre di Gesù, come modello di vita cristiana; la devozione all’eucaristia, come luogo privilegiato per assaporare il mistero della presenza del Signore in mezzo al suo popolo; la passione per la Chiesa e la disponibilità senza misura alle necessità degli altri, nei quali occorre sempre vedere il volto di Gesù.

Vi accompagni in questo cammino la materna protezione della Vergine Maria, e l’intercessione del nuovo Beato.

Beato Emilio Moscoso, prega per noi!