
Fedele a Dio fino a dare la sua vita
Alla sequela di Gesù, don Andrea Santoro ha cercato di amare incondizionatamente, di essere disponibile all’accoglienza, di offrire occasioni di incontro e di dialogo, di testimoniare il perdono. Ha affermato la sua continua disponibilità al confronto, soffocando l’egoismo, combattendo i propri limiti per rimanere coraggiosamente fedele alla chiamata di Dio». Con queste parole monsignor Martin Kmetec, religioso francescano sloveno, dal dicembre 2020 arcivescovo di Izmir (Smirne) e attualmente presidente della Conferenza episcopale cattolica di Turchia, ha ricordato il sacerdote italiano ucciso in Turchia nel 2006, nel corso della messa celebrata ieri, 5 febbraio, nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio a Roma.
La parrocchia nella zona di Villa Fiorelli è l’ultima che don Santoro ha guidato come parroco, prima di partire per la Turchia. In quella chiesa, dal 3 dicembre 2022, riposa anche il suo corpo, nella tomba in travertino bianco e rosso posta sotto al crocifisso dove spesso don Andrea si fermava in preghiera e dove ieri si sono soffermati in silenzio e orazione i vescovi della Turchia, tutti presenti in quanto impegnati e presenti nella capitale per la visita ad limina apostolorum.
Alla celebrazione eucaristica, la composita e commossa assemblea ha pregato «affinché la testimonianza di don Andrea produca frutto come il chicco di grano che muore» e ha voluto ricordare la piccola comunità di Santa Maria a Trabzon, dove il missionario è stato ucciso, perché sia «una piccola luce che rende presente il nome di Cristo, un punto di incontro e riconciliazione». «Il ricordo di don Andrea Santoro significa essere fedeli a quanto egli ha vissuto: la fedeltà alla Chiesa, la fedeltà a Cristo, la fedeltà alla sua vocazione sacerdotale. Significa vivere la fedeltà a Dio, per essere forti anche nella debolezza, come dice san Paolo», ha rimarcato Kmetec. Il sacerdote italiano, ha detto, «viene ricordato in Turchia come un martire, come persona che ha dato la sua vita, e il suo sacrificio non è vano perché la nostra Chiesa vive dei frutti di quel dono supremo». «Don Andrea — ha specificato l’arcivescovo di Izmir — ci ricorda che ogni sacrificio, ogni atto di fedeltà a Cristo, ogni atto di amore fraterno, ogni atto di speranza, contribuisce alla vita della Chiesa per il futuro».
Sono questi i sentimenti e le convinzioni condivise ai vescovi della Turchia che si ritrovano a Roma, dopo l’attentato che il 28 gennaio ha colpito la chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Istanbul. I presuli hanno espresso «la tristezza di una comunità sconvolta e colpita dalla consapevolezza che persone e gruppi possono farci del male», ha riferito il presidente della Conferenza episcopale cattolica di Turchia, «ma noi vescovi, con i fedeli delle nostre chiese, siamo fermi nella speranza». La provvidenziale coincidenza della visita ad limina a Roma, già calendarizzata da tempo, «ci permette di chiedere l’intercessione degli apostoli Pietro e Paolo, di ispirarci al loro esempio, di prendere da loro il coraggio che non viene soltanto dalle capacità umane ma che è dono del Signore», ha dichiarato Kmetec. «A livello concreto — ha proseguito — vogliamo esprimere il nostro amore per Papa Francesco e per la Chiesa e vogliamo che questo nostro pellegrinaggio sia veramente un gesto di fedeltà e di comunione con il Papa e con la Chiesa».
Ai fedeli italiani e delle altre comunità cattoliche sparse nel mondo, i vescovi della Turchia chiedono «in primis la preghiera, che esprima l’unione della fede, nell’essere Chiesa» e poi, «per quanto possibile, anche un aiuto materiale per i nostri progetti, per il sostentamento di una piccola comunità che — ricordano — un anno fa è stata colpita dal terremoto». Questa vicinanza, ha auspicato l’arcivescovo di Izmir, si può esprimere anche con «le visite e i pellegrinaggi sui luoghi che riportano alla vita delle prime comunità cristiane e all’esperienza dell’apostolo Paolo», nella speranza che la terra di Turchia «non sia soltanto una meta di turismo ma anche un luogo di preghiera, come lo è stata per don Santoro, per andare alle radici della fede e trovare ispirazione nel cammino dell’oggi».
L’Osservatore Romano, martedì 6 febbraio 2024, pagina 7
Paolo Affatato
Martedì 7 febbraio 2006. Aeroporto di Ciampino. Proprio lì, quel giorno, ho conosciuto meglio mamma Maria, la mamma di don Andrea Santoro. Con gli altri, con le autorità — il Cardinale Vicario, i ministri della Repubblica Italiana — e i parenti, attendeva l’aereo proveniente dalla Turchia, un C130, che riportava, nella bara, don Andrea, ucciso due giorni prima con due colpi di pistola, mentre stava in ginocchio nell’ultimo banco della Chiesa di Santa Maria di Trabzon. In quella chiesa è caduto con la Bibbia in mano, anch’essa trafitta dalle pallottole.
Il giovedì successivo — ed è questa l’immagine straziante ma “ bella” che ho davanti agli occhi, vivida ancora oggi — nell’obitorio di San Lorenzo, ci hanno permesso di pregare intorno alla bara, guardando il volto di don Andrea, sereno e tranquillo. Seduta vicino alla cassa, con le mani appoggiate sul bordo, c’era mamma Maria. Ho iniziato la preghiera. Abbiamo recitato il Santo Rosario, poi ho preso il Vangelo di Matteo, il capitolo quinto, ed ho cominciato a leggere: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei… Vi è stato detto: amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori...». Arrivato a questo punto mamma Maria mi interrompe e come se stesse in preghiera dice: «Ma io lo perdono… io perdono quel ragazzo che ti ha ucciso, Andrea... ma che dolore pensare che quel ragazzo ha una mamma… e quella mamma ha saputo che suo figlio è un assassino, è uno che ha ucciso mio figlio… povera… ma povera mamma… Io prego per lei, per questa donna che ha un figlio che ha ucciso mio figlio… povera mamma!».
Non so perché — sono i misteri del nostro spirito — in quel momento, ricordo, mi è venuto alla mente un piccolo racconto che mia mamma mi aveva fatto nella mia infanzia (forse lo avrà letto sul “sussidiario”, il libro che utilizzavamo nelle scuole elementari) di una madre che aveva un figlio terribile, che per soldi era arrivato ad ucciderla e, come sfregio finale, le aveva strappato il cuore. Fugge, quel ragazzo, con il cuore in mano, ma inciampa e cade. Si sente allora una voce che viene da quel cuore: «Figlio mio, ti sei fatto male?». Il cuore di una madre!
Nel 2009, mamma Maria mi ha scritto in una lettera: «…La mia sofferenza per la morte di Andrea è grande, e tutti i giorni mi domando: perché? Perché? Ma non trovo la risposta. Mi sembra ieri che sia successo… non può una mamma non pensare e non soffrire. Nel cuore ho una ferita e tu lo sai…».
Come non pensare alla madre di quel figlio inchiodato sulla croce. Come non immaginare — la tradizione popolare ce ne parla — il suo camminare accanto a lui verso il Calvario. E, cosa strana, di quel suo cammino, nei Vangeli, non si dice niente, non si riporta nemmeno un sospiro, un pianto, un grido. La troviamo, però, sotto la croce. Maria non apre bocca, non dice una parola. Possiamo immaginare le parole. Saranno state parole cariche di amore, come solo le mamme sanno dire, come il Figlio le ha insegnato.
L'Osservatore Romano, 06 maggio 2023
Enrico Card. Feroci
Preghiere a Maria di Don Andrea Santoro
Maria Donna di Gerusalemme
Maria Donna di Gerusalemme
dove ti offristi con Gesù ai piedi della croce,
Maria Donna del Cenacolo
dove raccogliesti il soffio dello Spirito Santo,
Maria Donna di Efeso,
dove giungesti con Giovanni tuo “figlio”
inviato in missione dallo Spirito: prega per noi.
Maria madre delle pecore fuori dell’ovile,
madre di chi non conosce tuo figlio,
madre di coloro che non sanno quello che fanno: prega per noi.
Maria madre delle anime senza vita,
madre delle menti senza luce
madre dei cuori senza speranza,
madre dei figli che uccisero tuo Figlio,
madre dei peccatori, madre del ladrone non pentito,
madre del figlio non ritornato: prega per noi.
Maria madre di chi non lo ha seguito,
madre di chi lo ha rinnegato,
madre di chi è tornato indietro,
madre di chi non è stato chiamato: prega per noi.
Maria madre di coloro che vanno come Giovanni
a cercare i figli di Dio dispersi.
madre di quelli che scendono agli inferi
per annunciare ai morti la Vita: prega per noi.
Maria madre mia vieni a vivere con me:
vieni nella casa dove mi chiede di abitare,
vieni nella terra dove mi chiede di andare,
vieni tra gli uomini che mi chiede di amare,
vieni nelle divisioni che mi chiede di sanare,
vieni nei cuori che mi chiede di visitare.
Vieni a casa mia a farmi da madre,
vieni Maria a darmi il tuo cuore di madre.
Alla Madonna del Manto
“Ecco tua madre” mi disse Gesù quando ero con te sotto la croce.
Allora Maria permetti che ti preghi così:
“Madre mia portami nel tuo cuore,
prendimi per mano,
donami quel latte santo con cui allattasti Gesù,
tienimi sotto il tuo manto
come tenevi Gesù all’ombra delle tue braccia.
Madre mia, parlami di Gesù, raccontami tutto di lui:
da quella notte di Natale alla notte del Calvario,
dalla luce del concepimento alla luce della risurrezione.
Guidami a scoprire quella volontà del Padre che avevi in comune con lui.
Guidami ad accogliere quello Spirito Santo
che dette vita al tuo grembo e dette vita alla sua tomba.
Aprimi a quell’amore che ti rese benedetta e piena di grazia.
Aprimi a quella missione che ti rinchiuse prima nei silenzi di Nazareth
e ti portò poi in terra straniera in cerca dei figli dispersi.
Insegnami l’abbandono e la fiducia, la povertà e l’umiltà,
la mitezza e il nascondimento.
Insegnami a piangere, a soffrire, a morire.
Insegnami a donarmi, a dire “eccomi” a colui che può tutto.
Insegnami a camminare per dove lui vuole.
Insegnami a perdere tutto per diventare con te madre di tutti.
Assistimi in ogni ora, soprattutto in quell’ultima
che mi porterà a vedere il tuo volto.
Insegnami a dire “si” quando verrà a prendermi
da questo mondo per portarmi al Padre”.