Introduzione
Convegno «Non c’è amore più grande. Martirio e offerta della vita»
Più che un dovere e una cortesia è un intimo bisogno da parte mia rivolgere il saluto mio e del Dicastero delle Cause dei Santi a voi tutti, che avete accolto l’invito a prendere parte a questo Convegno, il terzo della nuova serie avviata con il Convegno su «La santità oggi» dell’ottobre 2022 e l’altro su la «Dimensione comunitaria della santità» del novembre 2023. Anche di quest’ultimo sono, da oggi, a disposizione gli Atti, che si aggiungono a quelli del Convegno precedente. Questi preludono non soltanto a quelli che saranno pubblicati del presente momento di riflessione e di studio, ma pure del «colloquio» sul tema del miracolo, che si è tenuto nella sede del Dicastero nei giorni 29-30 dello scorso mese di ottobre.
Dico subito pure la comune riconoscenza ai Professori e alle Personalità, che hanno accettato di guidarci nel presente Convegno, nonché all’Istituto Patristico «Augustinianum», che ci ospita con la consueta disponibilità, e ai Moderatori e ai nostri Officiali, che in vario modo, agevolano il comune lavoro.
Fin da ora, però, anche se ciò accadrà giovedì mattina p.v., invio, certamente nome di tutti, un grazie di cuore e filiale al Santo Padre Francesco, che a conclusione del Convegno ci riceverà in particolare udienza e ci rivolgerà la sua parola. Per quanto, poi, riguarda direttamente il servizio del Dicastero delle Cause dei Santi, gli siamo, con tutta la Chiesa, grati per due particolari ragioni: anzitutto per la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio Maiorem hac dilectionem sull’offerta della vita (11 luglio 2017), che è uno dei due principali oggetti di studio del presente Convegno, e poi per l’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, pubblicata l’anno successivo (19 marzo 2018), della quale il nostro Dicastero ha pubblicato, come noto, un prestigioso commentario.[1]
Permettete, ora, che dica poche parole di presentazione del tema prescelto e introduca brevemente i due argomenti fondamentali per la riflessione del nostro Convegno, ossia, come enunciato dal sottotitolo, il martirio e l’offerta della vita.
Non c’è amore più grande
L’espressione, come noto, è tratta da Gv 15,13 e su di essa ci parlerà fra poco S.E. Mons. Ambrogio Spreafico, membro del nostro Dicastero, Dottore in Scienze Bibliche e, oltre che Docente, pure già Rettore della Pontificia Università Urbaniana. Attualmente egli è vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e di Anagni-Alatri. Lo ringrazio per avere accettato d’introdurre il nostro Convegno: lo ascolteremo con attenzione.
Ugualmente saluto il prof. Andrea Riccardi che farà seguito con una relazione sul martirio nella vita della Chiesa.[2] Egli è legato al nostro Dicastero anche perché vice-presidente della «Commissione dei Nuovi Martiri – Testimoni della Fede» che Papa Francesco, con Lettera resa nota mercoledì 5 luglio, ha istituito in forma stabile presso il nostro Dicastero con lo scopo di aggiornare un Catalogo di tutti coloro che hanno versato il loro sangue per confessare Cristo e testimoniare il Vangelo. Di questa Commissione è Presidente S.E. monsignor Fabio Fabene, segretario del nostro Dicastero.
Perché, dunque, il titolo desunto dal quarto vangelo? Sono diverse le immagini con le quali, nel corso della storia cristiana, è stata, fin dal principio, tratteggiata la figura del martire. Ne elenco sommariamente le principali:[3] il disprezzo dei dolori corporali, anzitutto, che già trova le sue basi bibliche nei Libri dei Maccabei e pure nella filosofia stoica; un secondo luogo comune, anch’esso in comune con lo stoicismo, è la serenità e tranquillità interiore con cui il martire affronta la morte; un terzo tema ricorrente è la sottolineatura della volontaria disponibilità ad affrontare il martirio: il che mostra l’irrevocabilità della scelta cristiana; c’è, ancora, il comportamento coraggioso del martire che evidenzia pubblicamente la sua interiore libertà; da ultimo, ed è ciò che il titolo del nostro Convegno vuole evidenziare, c’è la concezione del martirio come espressione di amore perfetto. È, questo, un aspetto che ha preminenza su tutti gli altri e al quale la teologia cristiana del martirio si è sempre attenuta.
La teologia del martirio ha, infatti, sempre ricondotto il suo incomparabile valore a questa parola di Gesù: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici». Già sant’Ireneo di Lione scriveva che «la Chiesa in ogni luogo, per il suo amore verso Dio, manda al Padre, in ogni tempo, una moltitudine di martiri»:[4] capiamo che il martirio può essere compreso soltanto come espressione di un amore più grande e che il criterio ultimo della sua autenticità è l’amore. Sant’Agostino lo dirà in termini categorici: In quo charitas coronatur, ipse erit verus martyr, «vero martire è solo colui nel quale è premiata la carità».[5]
Il martirio
Perché, ciò premesso, l’importanza e l’esigenza, direi, di un approfondimento della teologia del martirio? Mio scopo non è delineare questa teologia, che per alcuni aspetti ritengo ovviamente supposta.[6] Per di più, alle due relazioni introduttive di questa sera si aggiungeranno, con considerevole ampliamento di orizzonti ai diversi contesti geografici e pure alle altre confessioni cristiane nonché alle arti visive con riferimento al cinema (ma ugualmente interessante sarebbe il ricorso alle arti pittoriche), le relazioni di domani 12 novembre.
Mio scopo è almeno accennare a due questioni molto importanti. La prima è la tendenza ad un ampliamento al concetto di martirio. Gli storici ci avvertono che un primo segnale in tal senso sia da riconoscere al martirio di san Tommaso Becket (29 dicembre 1170) poiché la vita non gli fu tolta per motivo della fede (che oltretutto era professata pure dai suoi uccisori), bensì perché difendeva la libertà della Chiesa, messa a rischio dal conflitto fra potere politico e istituzione ecclesiastica. Ciò detto, considerando la più riflessione teologica il pensiero va in modo particolare a vari studi specialmente di Karl Rahner appunto sul tema della dilatazione del concetto di martirio.[7] Alcune sue istanze, peraltro, sono state sostanzialmente recepite: penso a Oscar Romero (1917-1980), arcivescovo di San Salvador, martire, beatificato a Roma il 12 aprile 2015 da Papa Francesco. Il tema è interessante ed è oggi ripreso.[8] È sempre, tuttavia, necessaria la precisazione che non ogni morte volontaria, a prescindere dalla causa per la quale è subita, è possibile, sotto il profilo teologico cattolico, chiamare «martirio».
A questo rimanda il secondo aspetto, anch’esso rilevante, che esporrò con le parole di Benedetto XVI scritte in una Lettera del 24 aprile 2006 inviata ai partecipanti alla sessione plenaria della allora Congregazione delle Cause dei Santi. Cito:
I martiri di ieri e quelli del nostro tempo danno la vita (effusio sanguinis) liberamente e consapevolmente, in un supremo atto di carità, per testimoniare la loro fedeltà a Cristo, al Vangelo, alla Chiesa. Se il motivo che spinge al martirio resta invariato, avendo in Cristo la fonte e il modello, sono invece mutati i contesti culturali del martirio e le strategie ex parte persecutoris, che sempre meno cerca di evidenziare in modo esplicito la sua avversione alla fede cristiana o ad un comportamento connesso con le virtù cristiane, ma simula differenti ragioni, per esempio di natura politica o sociale. È certo necessario reperire prove inconfutabili sulla disponibilità al martirio, come effusione del sangue, e sulla sua accettazione da parte della vittima, ma è altrettanto necessario che affiori direttamente o indirettamente, pur sempre in modo moralmente certo, l’odium Fidei del persecutore. Se difetta questo elemento, non si avrà un vero martirio secondo la perenne dottrina teologica e giuridica della Chiesa. Il concetto di “martirio”, riferito ai Santi e ai Beati martiri, va inteso, conformemente all’insegnamento di Benedetto XIV, come: voluntaria mortis perpessio sive tolerantia propter Fidem Christi, vel alium virtutis actum in Deum relatum. È questo il costante insegnamento della Chiesa.
L’offerta della vita
Alcune riflessioni, da ultimo, sul tema della offerta della vita. Come prima accennato, è stato il Santo Padre Francesco ad aggiungere con il m. p. Maiorem hac dilectionem alle due già esistenti tipologie per la beatificazione e canonizzazione del martirio e dell’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane quella della oblatio vitae, della offerta, dono della vita.
Di essa si parlerà particolarmente nella terza giornata del nostro Convegno, ossia mercoledì prossimo 13 novembre. In questa mia Prolusione mi limiterò, allora, a sottolineare almeno un aspetto che unisce quest’ultimo titolo per la beatificazione e la canonizzazione ai due precedenti e ciò richiamandomi alla teoria della «opposizione polare», propria di una grande teologo contemporaneo, Romano Guardini, da lui considerata alla base di ogni realtà vivente.[9] Al di là di tutto, importante è considerare che la «opposizione» come è intesa da Guardini non ha nulla a che fare con la «contraddizione». L’aggettivo «polare» è, a questo proposito, determinante perché rimanda ad una coappartenza nella distinzione e perciò implica «apertura». In altra occasione lo stesso Guardini dirà che «la teoria degli opposti è la teoria del confronto che non avviene come lotta contro un nemico, ma come sintesi di una tensione feconda cioè come costruzione dell’unità concreta.[10]
Ciò ricordato, cosa sia l’offerta della vita lo indica già la premessa di Maiorem hac dilectionem:
Sono degni di speciale considerazione ed onore quei cristiani che, seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri ed hanno perseverato fino alla morte in questo proposito. È certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù cristiane.
Senza ora entrare in dettagli, che saranno oggetto delle relazioni programmate, è utile avere presente che questa tipologia ha in comune con il martirio l’accettazione per amore di Dio della morte prevista come minaccia; manca, però, in essa, la persona che uccide in odium fidei.[11] Nel martirio la morte è sempre subita, mai cercata!
Con le cause sull’esercizio eroico delle virtù, poi, la tipologia dell’offerta della vita ha in comune l’avere come base un atto eroico di carità; il suo oggetto, però è diverso poiché non richiede la pratica eroica di tutte le virtù, bensì, come si legge nel m. p., «l’esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte» (art. 2b).
Ecco, dunque, come è possibile riconoscere nella fattispecie la «opposizione polare» di Romano Guardini. È vero, d’altra parte, che abitualmente l’accettazione del martirio nasce in un cristiano sulle premesse di una vita virtuosa. Come si legge nell’art. 4 §1 dell’Istruzione Sanctorum Mater (2007) la causa di beatificazione e canonizzazione super martyrio deve essere avviata per chi «gode di fama di martirio perché, avendo seguito più da vicino il Signore Gesù Cristo, ha sacrificato la vita nell’atto del martirio. Per altro aspetto, anche l’aggettivo di «eroico» circa l’esercizio delle virtù esige che esso abbia raggiunto un grado di preminenza tale da essere di evidente e riconosciuto esempio per i fratelli e sorelle con cui vive.
Tutto ciò comporta l’ammissione che fra le tre tipologie per il riconoscimento ufficiale della Chiesa esiste una relazione, una sorta di reciproca attrazione.
Erano queste, alcune premesse, che mi è parso utile anticipare per il nostro Convegno. Mentre torno a ringraziare i nostri Relatori e gli operatori per la sua buona riuscita auguro a tutti un buon lavoro.
Roma, Istituto Patristico Augustinianum, 11 novembre 2024
Marcello card. Semeraro
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[1] Dicastero delle Cause dei Santi (a cura di), Gaudete et Exsultate. Commentario, San Paolo, Cinisello Balsamo 2023, 573 pp.
[2] Noto sul tema è il suo volume Il secolo del martirio. I cristiani nel Novecento, Mondadori, Milano 2000.
[3] Cf. per questo E. Schockenhoff, Fermezza e resistenza. La testimonianza di vita dei martiri, Queriniana, Brescia 2017, pp. 44-130.
[4] Adversus hereses IV, 33, 9: PG 7, 1078.
[5] Sermones 169, 15: PL 38, 924.
[6] Per una buona sintesi sulla teologia del martirio, corredata di ampia bibliografia, cf. M. Crociata, Martirio ed esperienza cristiana bella riflessione cattolica contemporanea, in «Ho Theológos» 14 (19969/3, pp. 315-368; Idem, Il martirio cristiano oggi, in «Orientamenti Pastorali» 68/11 (2020), pp. 8-23.
[7] Cf. K. Rahner, Dimensioni del martirio. Per una dilatazione del concetto classico, in «Concilium» 3 (1983), pp. 25-29; sempre di K. Rahner, cf. Sulla teologia della morte. Con una digressione sul martirio, Morcelliana, Brescia 1965 e Su una teologia della morte, in Nuovi saggi V, Roma 1975, 241-265.
[8] Cf. Schockenhoff, Fermezza e resistenza, pp. 209-236.
[9] Anche per J.M. Bergoglio essa è «come la struttura del pensiero quotidiano e dell’annunzio cristiano», cf. M. Borghesi, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica, Jaca Book, Milano 2017, p. 117. 120.
[10] Un’edizione in lingua italiana di questa opera giovanile, ma fondamentale di Guardini, è R. Guardini, L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente, Morcelliana, Brescia 2022.
[11] Sul tema cf. U. Parente, Note in margine all’odium fidei nelle beatificazioni dell’epoca contemporanea, in «Chiesa e Storia», XIII (2023), pp. 103-11.