Don Tonino Bello testimone e maestro
Prefazione al libro “Testimone e maestro di virtù” del vescovo Domenico Cornacchia, Libreria Editrice Vaticana
Si potrebbe ritenere che le relazioni interpersonali seguono due direttrici: una che procede dalla conoscenza all’amore e l’altra che dall’amore si muove verso una sempre più profonda conoscenza. Ciò può dirsi anche per don Tonino Bello: chi lo ha conosciuto non ha potuto non volergli bene, stimarlo, apprezzarlo; d’altra parte, leggere i suoi scritti, ripercorrere la sua vicenda terrena e leggere quanto si scrive a suo riguardo, aiuta conoscerlo meglio nella sua dimensione umana, spirituale e pastorale. È un po’ questa anche la situazione di chi monsignor Bello lo ha effettivamente incontrato di persona, ha dialogato con lui e, per quanto da differenti angolazioni, è un testimone de visu, come direbbe lo stile curiale dei procedimenti canonici per la beatificazione e canonizzazione.
La diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, dove egli fu vescovo per un decennio, ha il grande merito di avere reso possibili, riguardo a “don Tonino”, i due movimenti della conoscenza e dell’amore. Lo ha fatto specialmente con la pubblicazione di sei volumi dei suoi scritti — fondamentale e imprescindibile punto di riferimento — e con l’avvio del “processo” canonico per la sua beatificazione e canonizzazione. A tale proposito, il volume della Positio è un altro fondamentale punto di riferimento soprattutto per le testimonianze che ne sono parte integrante.
In questa linea si pone la presente pubblicazione del vescovo Domenico Cornacchia, che del vescovo Antonio Bello è successore nella sede del ministero ecclesiastico. Il titolo scelto per questo volume, Testimone e maestro di virtù, espone chiaramente il proposito dell’Autore, il quale già nell’Introduzione parla di «unità profonda tra la vita e la professione di fede» individuando in tale coerenza «il segreto del fascino che emana dalla sua figura».
Tale connessione ha il suo nome in quella che san Tommaso d’Aquino chiama «credibilità». Egli lo diceva della stessa predicazione di Gesù: «Praedicatio Christi facta erat credibilis per miracula» (Super Io, cap. 1 l. 15). Parole pronunciate con la bocca e gesti compiuti con la vita, dunque. È questo che rende testimoni. Scriveva sant’Ignazio di Antiochia: «È meglio tacere ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se chi parla opera. Uno solo è il maestro e ha detto e ha fatto e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre» (Ef, XV, 1).
Il sottotitolo, poi, rimanda a un «cammino»: quello della vita. Cristiano, ovviamente. Io, però, vorrei soffermarmi proprio sul tema del cammino. Come la vita, anche la santità è un cammino. Nessuno «nasce santo»! La stessa Vergine Maria, che la fede della Chiesa riconosce e professa immune da ogni macchia di peccato originale, fu donna in cammino per la sua fede. Lo ricorda esplicitamente il Concilio Vaticano II, il quale della Santa Madre di Dio scrive: «La beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce» (Lumen gentium, n. 58). Un testo mariano di monsignor Bello è dedicato, appunto, a Maria, donna in cammino. Inizia così: «Se i personaggi del Vangelo avessero avuto una specie di contachilometri incorporato, penso che la classifica dei più infaticabili camminatori l’avrebbe vinta Maria» (Scritti, III, 71).
Chi legge questo libro noterà senz’altro che nel suo impianto fondamentale esso segue l’impostazione della classica Positio preparata dai postulatori, che a sua volta s’ispira alle indicazioni offerte da Prospero Lambertini - Benedetto XIV nel suo notissimo De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione relativamente all’esame della «eroicità delle virtù» e, in particolare, al Libro III, cap. 23 (eroicità delle virtù teologali) e cap. 24 (eroicità delle virtù cardinali o morali e delle virtù annesse). La successione scelta dal vescovo Cornacchia però è in direzione inversa avendo il suo apogeo nel rimando alla virtù della fede la quale — così si legge — «è stata il fulcro attorno a cui ruotò la sua vita e la forza che gli permise di realizzare pienamente la sua vocazione».
Molto opportuno — anche per rimarcare il legame di monsignor Bello con la diocesi di cui è stato vescovo — l’inserimento in appendice di testi, specialmente omiletici, di quanti gli sono succeduti nella guida della Chiesa particolare e anche dell’arcivescovo Angelo Amato (poi cardinale e molfettese di origine), che nell’aprile 2010 intervenne in veste di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e disse, fra l’altro: «Le Cause di Beatificazione di un sacerdote, come don Grittani o di un vescovo, come don Tonino, danno alla diocesi una nobiltà particolare, quella della santità».
L’auspicio col quale concludo queste poche righe di presentazione — scritte con sentimenti di fraterna amicizia nei riguardi del vescovo Domenico — è che il libro aiuti chi non conosce ancora la fisionomia spirituale di «don Tonino» ad amarlo di vero cuore e chi già lo ama e lo stima a conoscerlo meglio.
Marcello Card. Semeraro