Prefazione al libro "Uccisero anche i bambini"

 

“UCCISERO ANCHE I BAMBINI. Gli Ulma, la famiglia martire che aiutò gli ebrei”

di Pawel Rytel Andrianik e Manuela Tulli

Edizioni Ares Milano

 

«Una beatificazione senza precedenti»

Intervista con il cardinale Marcello Semeraro

 

Beatificazioni come quella degli Ulma «in tempi recenti e con le attuali procedure non ce ne sono mai state, forse per casi del genere bisogna risalire all’antichità». A parlare è il Prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, il cardinale Marcello Semeraro, che ha studiato il caso della famiglia polacca e ha sottoposto la sua storia a papa Francesco per la loro beatificazione. Il cardinale ci ha accolto nei suoi uffici al terzo piano del palazzo che affaccia direttamente su piazza San Pietro. Un luogo, in qualche modo, tra Terra e Cielo, con le immagini di coloro i quali hanno vissuto la santità nella vita di tutti i giorni. Ci sono, sparse sui tavolini, le immagini dei santi più famosi, di quelli meno conosciuti, di sacerdoti, suore, ma anche di tanti laici, santi o beati. Con loro anche gli Ulma, «una famiglia simpatica», dice sorridendo Semeraro, «la loro storia mi emoziona».

 

Eminenza, è la prima volta nella storia della Chiesa che viene beatificata, insieme, una intera famiglia?

Sotto il profilo dell’attuale procedura canonica è una novità, anche se beatificazioni e canonizzazioni di famiglie, nella storia della Chiesa, ci sono. Però, nei casi che abbiamo conosciuto fino agli Ulma, sia la procedura per la beatificazione sia la stessa beatificazione è avvenuta distintamente, cioè singolarmente, seguendo il principio che la prima valutazione è sull’esercizio in forma eroica delle virtù, un aspetto che è singolare, personale, nella vita, anche se ci sono sempre delle relazioni.

C’è una frase famosa: «nessun uomo è un’isola». E questo, a maggior ragione, è vero per la santità. Anche i santi vivono insieme, nel senso che in molti casi i santi si incontrano, si influenzano reciprocamente, diremmo è una sorta di contagio, se questa parola non avesse per noi, dopo il Covid, un significato negativo... ma quella dei santi è una sorta di contagio in positivo.

 

Quindi la storia degli Ulma, martiri e beati tutti insieme, sia i genitori che i figli, sarebbe un caso unico nella storia della Chiesa...

Di fatto sì. Beatificazioni come questa, in tempi recenti e anche con le attuali procedure, non ce ne sono state. Le famiglie sono state dichiarate sante ma con singole canonizzazioni. Pensiamo al caso dei genitori di santa Teresina di Lisieux, Luigi Martin e Maria Zelia Guérin. Loro sono stati proclamati santi insieme1 ma santa Teresina era stata canonizzata in precedenza. Poi nel caso degli Ulma parliamo di martiri. Nell’antichità, invece, casi come questo, o situazioni simili, ce ne sono stati; il Martirologio ne parla. Ma per l’epoca recente questo è un fatto del tutto nuovo, anche per la procedura che è stata condotta insieme per l’intera famiglia. E questo è stato talmente rilevante per noi del Dicastero, che ci ha incoraggiato a promuovere un convegno di riflessione proprio sulla “dimensione comunitaria” della santità. Partendo proprio dal caso della famiglia Ulma.

 

È come se il caso degli Ulma avesse quindi aperto una “pista” nuova nella storia della santità.

In qualche modo sì perché c’è una intera famiglia che ha subìto il martirio; poi l’esame della loro causa di beatificazione è stato condotto insieme, insieme è stato approvato il decreto e insieme sono beatificati.

 

È una novità anche il fatto che sia considerato martire dalla Chiesa un bambino che era ancora nel grembo della mamma, il settimo figlio degli Ulma?

Questo è un fatto ancora più nuovo. Tanto la Consulta dei Teologi quanto la Riunione Ordinaria dei cardinali e dei vescovi del Dicastero, che poi formula la petizione al Santo Padre, hanno incluso nel gruppo anche una creatura che era nel grembo della mamma, che probabilmente ha iniziato il parto, per la paura, durante l’esecuzione da parte dei nazisti.

Questo è un caso molto singolare che, facendo riferimento a un episodio evangelico, possiamo chiamare Battesimo di sangue. Penso, per un caso simile, a quello dei Santi Innocenti2. Anche questa creatura, la cui testa e parte del piccolo corpo sporgeva dal ventre della mamma, come fu trovata nella fossa comune nella quale era stata sbrigativamente sepolta tutta la famiglia dopo l’eccidio, è stata ritenuta meritevole di martirio.

 

Al di là del bambino in grembo alla mamma, ci sono i fratellini. Si può parlare di martiri? Marysia, la più piccola, aveva un anno e mezzo e gli altri erano poco più grandi. Forse non possono avere scelto consapevolmente il martirio...

Il martirio non è mai scelto, il martirio è sempre subìto, come violenza per l’amore di Dio.

Un’antica formula dice che quello che rende tale il martire è l’uccisione in odio della fede.

 

Ma forse a quell’età non c’è neanche consapevolezza piena della propria fede.

Erano cristiani e sono stati uccisi perché una famiglia, solidalmente, ha esercitato un atto di carità. Tutti e nove gli Ulma erano cristiani: è quella dimensione comunitaria della santità che è proprio peculiare di questo caso.

 

La procedura seguita per la beatificazione è stata quella del martirio ma si parla anche di presunti miracoli avvenuti attraverso l’intercessione della famiglia Ulma. Voi li avete esaminati?

No. Per il martirio, secondo l’attuale disciplina ecclesiastica, non si richiede il miracolo. Per una futura canonizzazione servirebbe invece il miracolo.

Il miracolo lo si chiede anche per l’altra tipologia di beatificazione che è stata istituita da papa Francesco, cioè quella che fa riferimento al “dono della vita”. Per alcuni aspetti è simile al martirio, è il dono di sé, ma non è propriamente martirio. Ci sono già dei casi: in Italia ce n’è uno che può essere esaminato sotto questa prospettiva. È il caso di Salvo d’Acquisto3. Ma nel caso del dono della vita si esige il miracolo, e non necessariamente la virtù chiamata “eroica”. Anche se la parola eroismo, lasciatemelo dire, oggi è pericolosa, viene fraintesa, perché la santità è sempre l’accoglienza di un dono di Dio.

 

Markowa, la città degli Ulma, è a circa 60 chilometri dal confine con l’Ucraina, meno di un’ora di auto. Loro vittime della guerra e dell’odio e la stessa storia che si ripete. Che cosa possiamo fare per non dimenticare?

La preghiera è ciò che noi abbiamo di più prezioso, è sempre a disposizione, è tutto per noi. C’è una frase latina: amor vincit omnia, l’amore vince tutto. Questa beatificazione a pochi chilometri da un confine di guerra fa pensare... Ma il Papa usa sempre l’espressione della guerra mondiale a pezzi, che è cioè dappertutto. Anche se ormai, da quando c’è questo conflitto in Ucraina, il Papa, penso all’Angelus domenicale, invoca sempre la preghiera e usa l’espressione «la martoriata Ucraina».

Ma papa Francesco ricorda anche i tanti altri focolai o situazioni di guerra che ci sono nel mondo. Noi siamo concentrati su questa situazione dolorosa perché la sentiamo più vicina ma quante situazioni di violenza e di guerra ci sono dappertutto.

C’è un autore, non ricordo il nome, che dice che noi abbiamo perduto il senso sacrificale. In molti casi, per situazioni dolorose come quelle della guerra, abbiamo mandato un aiuto, un sostegno economico, oppure un supporto militare, su cui tanto si discute anche in Italia, e crediamo di avere fatto tutto attraverso un aiuto materiale. Ci sentiamo in pace e invece non sentiamo più quella capacità di coinvolgerci personalmente: la compassione, il soffrire con gli altri.

 

Compassione che invece hanno provato e vissuto gli Ulma aprendo le porte della loro casa...

Sì, il loro è un vero esempio di compassione, hanno nascosto otto ebrei per un anno e mezzo, rischiando la vita. Non si tratta solo di aiutare ma è la compassione che ci mette nella condizione di soffrire con l’altro per aiutarlo. Il coinvolgimento emotivo è facile ma la compassione è un’altra cosa.

 

Parliamo invece del suo ruolo di Prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi. Come presenta tutte queste storie al Papa per arrivare al decreto che stabilisce che una persona può essere dichiarata beata o santa?

Al Papa consegno sempre un testo che è composto da tre-quattro pagine. All’inizio c’è la storia, poi c’è l’esito dell’indagine da parte nostra e poi c’è la proposta che viene fatta. Il Papa ascolta e poi firma il decreto. Quando vengono fissate le udienze sa che devo portargli un certo numero di decreti, ognuno dei quali è una storia. Finora ho avuto tutto il tempo necessario per presentare le diverse situazioni. Anzi, qualche volta gli altri, che dovevano parlare con il Pontefice dopo di me, hanno dovuto aspettare.

 

Come ha presentato la storia degli Ulma al Papa?

Io personalmente mi sono sentito molto coinvolto da questa storia. È una bella famiglia, marito e moglie si volevano bene, nell’arco di nove anni hanno avuto sei figli e stavano aspettando un’altra creatura. Erano appassionati del loro lavoro, quello agricolo, e avevano anche degli hobby come la fotografia o l’apicoltura. È una famiglia umanamente molto simpatica.

Ambedue avevano un impegno cristiano. La moglie frequentava la chiesa, recitava nei gruppi parrocchiali, il marito era un personaggio molto vivace e conosciuto nel villaggio. Una famiglia veramente bella, mi ha coinvolto e mi ha lasciato molto pensare per questa dimensione comunitaria della santità.

 

Nel suo dialogo con papa Francesco, qual è stato l’aspetto della santità degli Ulma che è emerso maggiormente?

Con il Papa abbiamo parlato delle due particolarità di questa beatificazione: l’importanza della dimensione comunitaria, cioè che è un’intera famiglia, e poi la singolarità dei bambini e del figlio che la mamma aveva in grembo e che, forse per il terribile choc di quel momento, ha iniziato a partorire.

 

Infine, Eminenza, ci tolga una curiosità: si vive meglio stando tra i santi dalla mattina alla sera?

Credo di sì. Posso dire che di storie che mi aiutano a essere un buon sacerdote e un buon cristiano ne ho molte.

 

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1 Luigi Martin e Maria Zelia Guérin sono stati proclamati santi il 18 ottobre del 2015 da papa Francesco, con una celebrazione a piazza San Pietro.

2 I Santi Innocenti sono i bambini uccisi a Betlemme per volere di Erode.

3 Salvo Rosario Antonio D’Acquisto è stato un vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri, insignito della Medaglia d’oro al valor militare per essersi sacrificato, il 23 settembre 1943, per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento delle truppe naziste nel corso della Seconda guerra mondiale. Nel 1983 l’Ordinariato militare ha aperto la causa di beatificazione e canonizzazione. Nel 1991 gli atti sono stati trasmessi alla Congregazione (oggi Dicastero) per le Cause dei Santi.

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