Presentazione Il processo di beatificazione di santa Rita del 1626

 

Il processo di Beatificazione di Santa Rita del 1626

Presentazione del volume[1]“Il processo di beatificazione di santa Rita del 1626”

 

 

Torno volentieri qui a Cascia dopo la Santa Messa celebrata il 22 maggio dello scorso anno, per onorare insieme con voi e nelle veste ufficiale di Prefetto del Dicastero della Cause dei Santi, Santa Rita.

Saprete che proprio stamane è stato reso pubblico una documento del Dicastero per la Dottrina della Fede recante il titolo: Norme del Dicastero per la Dottrina della Fede per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali. Ci si riferisce, ovviamente, a fenomeni di vario genere, come apparizioni, visioni … e pure a «fenomeni psicofisici e di altra natura, che sembrano oltrepassare i limiti dell’esperienza quotidiana e che si presentano come aventi presunta origine soprannaturale» (Ivi, n. 6). A motivo della coincidenza, potrebbe sembrare ovvio che, trattandosi di Santa Rita io faccia un riferimento almeno a quel ben noto fenomeno che la riguardò, ossia alla spina che, mentre era in preghiera davanti al Crocifisso, ella sentì conficcarsi nella sua fronte. Il richiamo, però, l’ho fatto solo per introdurmi nel nostro incontro, che però è motivato dalla presentazione del volume appena pubblicato sul Il processo di Beatificazione di Santa Rita del 1626, curato da Leonardo Lolli, il cui intervento abbiamo appena ascoltato.

Poiché, tuttavia, ho accennato al tema dirò in proposito solo due cose. La prima è che in questo Processo il tema della spina appare in forma molto sobria e specialmente in contesti iconografici e liturgici. La seconda  è che, come riporta pure il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede, questa fenomenologia di tipo mistico non condiziona, di per sé, un processo di Beatificazione e Canonizzazione. Il testo vi allude al n. 13, dove si legge: «anche quando si concede un Nihil obstat per i processi di canonizzazione, ciò non implica una dichiarazione di autenticità degli eventuali fenomeni soprannaturali presenti nella vita di una persona». L’esempio che si adduce rimanda al decreto di canonizzazione di santa Gemma Galgani, dove si legge che il papa Pio XI «ha voluto volentieri soffermarsi sulle virtù eroiche di questa fanciulla innocente quanto penitente, senza però che con il presente decreto (cosa che di solito non avviene mai) si emetta un giudizio sui carismi preternaturali della Serva di Dio».

Come avrò modo di ripetere più avanti, nella sistemazione attuale il Processo per una beatificazione e canonizzazione poggia su tre pilastri: l’esercizio delle virtù in forma eroica, la fama di santità e di segni, la presenza di un miracolo. Riguardo a quest’ultimo, papa Francesco ha detto: «Ci vuole un miracolo perché è proprio il dito di Dio lì. Senza un intervento del Signore chiaro, noi non possiamo andare avanti nelle cause di canonizzazione».[2]

Fatte queste premesse, andiamo alla ragione del nostro incontro che è, come detto, la presentazione di questo interessante e bel volume dov’è pubblicato e reso alla disposizione di chi lo desideri Il processo di Beatificazione di Santa Rita nel 1626. Il manoscritto che serve da fonte è quello conservato nell’Archivio Storico della Archidiocesi di Spoleto-Norcia. Questo mi dà occasione per ringraziare di vero cuore l’arcivescovo Renato Boccardo, per l’ulteriore segno di amicizia fraterna offertomi con questo invito, e per congratularmi sinceramente per questa iniziativa editoriale. Lo faccio non soltanto a nome mio personale, ma anche del Dicastero delle Cause dei Santi dove si attende questo volume perché sia conservato nel suo Archivio. Al momento, difatti, di Santa Rita c’è soltanto la documentazione per la sua canonizzazione.[3]

 

Un processo fra tradizione e innovazione

Il testo del processo è preceduto da una Introduzione scritta dal p. Rocco Ronzani O.S.A., il quale è, oltre al ministero di docenza, consultore teologo del Dicastero. Per comprendere, allora, il valore di questo bel volume sarà bene non dare grande rilievo alla mie parole di presentazione, ma leggere, piuttosto, il suo testo. Per dirla in sintesi, egli ben comincia con il mettere in luce un dato importante per la sua lettura e comprensione. Questo processo, infatti, quanto alla prassi della Chiesa cattolica in materia di beatificazioni e canonizzazioni lo si deve collocare fra tradizione e innovazione.[4] Per questo il p. Ronzani scrive: «La beatificazione di Rita coincise con la fase incipiente della riforma della materia delle beatificazioni e canonizzazioni intrapresa da Urbano VIII Barberini» (p. 5).

È una coincidenza da non sottovalutare, poiché Urbano VIII era stato per quasi dieci anni Vescovo di Spoleto (dall’ottobre 1608 al luglio 1617, quando sarà nominato prefetto del tribunale della Segnatura apostolica) e aveva avuto modo, perciò, di toccare quasi con mano la fama di santità della religiosa di Cascia. Una nota di curiosità è a p. 12 dove il p. Ronzani ricorda l’episodio delle cinque api della neonata Rita (anche nelle pagine successive ci sono richiami alla tradizione storico-letteraria su questa immagine) e lo collega al quinto anno del pontificato di Urbano VIII (nel cui stemma figurano tre api). Alle pp. 8-9 p. Ronzani scrive: «Negli anni 1626-1628 il contributo della famiglia Barberini e delle élite locali, soprattutto casciane, fu determinante nella celebrazione e nell’esito positivo del processo di Rita e la beatificazione fu la manifestazione più eloquente del legame inscindibile tra gli Agostiniani, i Barberini…».

Solo con Urbano VIII, in effetti, si avvierà una disciplina per la regolamentazione dei processi di beatificazione e canonizzazione; normativa della Chiesa cattolica che, ulteriormente perfezionata nei secoli successivi, passerà nelle varie normative sino all’attuale Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II sulla beatificazione dei Servi di Dio e sulla canonizzazione dei Beati Divinus Perfectionis Magister (1983).[5]

Il lettore troverà riassunta da p. 14 a p. 23 la storia del processo spoletano per la Beatificazione della nostra santa, celebrato dal 1626. Annoterò in proposito che nella fondamentale opera Le cause di canonizzazione nel primo periodo della Congregazione dei Riti (1588-1634), mons. Giovanni Papa, già Relatore generale dell’allora Congregazione delle Cause dei Santi, già osservava che «l’intento degli attori, nel volere tale processo, non era stata la canonizzazione, o, come ora si andava diffondendo, “beatificationis et canonizationis”, ma la sola beatificazione.[6] Così, effetti si legge nel testo ora edito a p. 31: in fabricatione Processus pro futura Beatificatione servae Dei sororis Ritae monialis. D’altra parte, nella stessa documentazione di questo Processo, più volte la Serva di Dio è dal popolo fedele già chiamata Beata.

Nel Processo del 1626, come spiega il p. Ronzani, «le testimonianze … si concentrano sulla fama sanctitatis di Rita, di cui si doveva provare l’antichità e la legittimità e sulla quale chi depone era certamente testimone de visu. Le testimonianze sulla vita e le virtù sono ovviamente meno rilevanti: i testimoni possono essere solo de auditu ab audientibus … testimoniano una narrazione agiografica ormai fissata nelle sue linee essenziali nel corso di circa centocinquant’anni…» (p. 16).

Più avanti lo stesso p. Ronzani tratta della fase romana, avviata il 13 marzo 1627. L’1 ottobre dello stesso anno Urbano VIII concedeva alla Diocesi di Spoleto e ai due rami, maschile e femminile, dell’Ordine eremitano di Sant’Agostino la facoltà di celebrare la Messa e l’Ufficio liturgico traendo i testi dal comune delle Vergini. Il 4 febbraio 1628 lo stesso Pontefice provvide a estendere la concessione a tutti i presbiteri secolari che, in tutte le chiese dell’Ordine e in quelle della diocesi di Spoleto, avessero voluto celebrare la commemorazione della beata Rita «ormai definita beata anche nei decreti romani» (p. 23). Sotto il profilo sostanziale, però, come bene osserva il p. Ronzani, l’estensione del culto a tutta Chiesa sarebbe avvenuta solo con la canonizzazione fatta da Leone XIII il 24 maggio 1900.

 

Iter processuale

Diamo ora un rapido sguardo all’iter processuale che, come si dice, è un «Processo sui Miracoli e le virtù della Serva di Dio Rita» (p. 33), o pure, come si dice poco dopo, sulle «eroiche virtù, la santità e i miracoli della serva di Dio» (p. 35).

Potremo, in proposito, indicare subito una diversità rispetto alla prassi successivamente consolidata ed è il fatto che qui i miracoli, la vita e le virtù sono studiati in un unico processo. In questa epoca, effettivamente, lo studio delle virtù e dei miracoli si svolgeva all’interno di una medesima Relatio, per quanto in capitoli, parti o articoli distinti. Rispetto poi all’epoca del Processo oggetto della nostra attenzione, si aggiungerà che molto presto si comincerà ad avviare non più uno, ma due processi apostolici: uno in genere e l’altro in specie. Il primo consisterà in un processo di carattere generale «super fama sanctitatis, virtutibus, martyrio et miraculis in genere»; l’altro processo, invece, entrerà nelle diverse materie in forma più dettagliata («super fama sanctitatis, virtutibus, martyrio et miraculis in specie»).

Nel caso del nostro Processo su Rita da Cascia la prima cosa che si trova annotata è l’ispezione della salma, la quale, nonostante fossero trascorsi quasi 180 anni dalla morte, è dichiarato essere «integro, bianco, intatto e senza macchia e come se fosse morta di recente» (p. 36). Si passa, quindi, a elencare i miracoli attribuiti alla Serva di Dio. Ne sono indicati dieci.

1. Quando il quinto giorno dopo la sua Natività gl’entravano et uscevano di bocca alcune Ape bianche.

2. Quando Miracolosamente fu introdotta nel Monasterio da Santo Agostino, da San Giovanni Battista, et da Santo Nicola di Tollentino havendola le monache più volte refiutata.

3. Quando di gennaro essendo amalata si fece da una sua parente portar del orto doi fichi.

4. Qundo liberò zoppi, e stroppiati.

5. Quando di gennaro essendo amalata si fece portar doi Rose da una sua parente.

6. Quando libera Carcerati, e di lontano li fa venir a sé liberi e sciolti.

7. Quando liberò spiritati.

8. Quando Belardino da Cascia essendo assaltato da ladri fu libero.

9. Quando liberò Battista dal Col Iacone essendo cieco d’un occhio.

10. Quando una sua parente stroppiata d’un braccio fu liberata toccando solamente il Corpo di questa Beata. Et in dicto decimo Miraculo adest Corpus servae Dei Ritae prostatum in feretro cum diadema.

In nono, octavo, septimo, sexto, quinto et pariter in dd. Miraculis et quolibet eorum inspicitur effigies servae Dei Ritae cum splendore more sanctorum.

Si tratta, come si vede, di un elenco che si rifà a una tradizione orale, suffragata, come avverte la frase conclusiva, dalle presenza di numerose immagini votive. Altri interventi miracolosi di vario genere sono riportati a termine del documento. Ciò che in questi elenchi, poi, è chiamato «miracolo» è alquanto diverso da ciò che oggi, con tale termine si intende. Si tratta, ad ogni modo, di fenomeni tramandati dai fedeli che hanno suscitato ammirazione e meraviglia. Una accezione generica e quasi etimologica di miracolo che si trova, ad esempio, in san Tommaso d’Aquino, dice così: miraculum est aliquod arduum et insolitum.[7]

Segue una lunga serie di descrizioni di immagini della Serva di Dio, che, collocate in vari luoghi, denotano la persistenza e l’ampiezza di una fama di santità. Come testimonianza di fama di santità è ispezionata pure la cassa dove giace la Serva di Dio.

Le molte testimonianze che seguono riguardano di per sé non l’esercizio eroico delle virtù da parte della Santa, bensì ricordi di grazie ricevute, attestazioni di una fama di santità consolidata e diffusa. Riguardano pure l’attestazione di un culto, della richiesta di intercessione, di gesti di devozione verso la Serva di Dio. È vero che la legislazione immediatamente successiva proibirà forme di culto prima che sia intervenuta la beatificazione; in questa fase, però, tutto questo segnala una sincera vox populi che da tempo ritiene santa Rita meritevole di invocazione e di intercessione. Ugualmente si moltiplicano le testimonianze su miracoli/grazie ricevute. Una per tutte, da una teste che dichiara:

Ad ogni modo, come in altri itinera processuali di questo periodo e anteriori ad esso, anche in questo dedicato a santa Rita da Cascia è alquanto raro l’esame circa l’esercizio eroico delle virtù. Non mancano, tuttavia, affermazioni come queste:

È publica voce e fama continuata, dopo ch’io recordo ben e male, che la Beata Rita mentre visse era ornata di virtù christiane e signalate nella fede Cattolica”. …  “Io ho inteso ancora dire, e n’è publica voce e fama, che la Beata Rita mentre visse hebbe la Virtù della Speranza”…. “Io ho sempre inteso dire dalli più Vecchi di questo paese e da tutti gl’altri in modo ch’è publico e notorio, per tutte queste parti, e n’è publica voce e fama, che la detta Beata Rita, mentre visse, haveva in grado grande la virtù della carità che non solo amava Dio, ma cordialmente il prossimo, e gl’inimici, poiché publicamente ho inteso dire, e letto nelli libri che sono stati stampati della sua vita, ch’ella pregava per coloro che gl’havevano ammazzato il marito, e di questo n’è publica voce e fama”…. “Io ho inteso dire, e n’è publica voce e fama, che la Beata Rita visse santamente, così ancora ho letto nelli libri, essendo molto essercitata nella patienza, humiltà, et obedienza, et castità et in questo concetto di santità è morta, et si è conservata per il tempo passato si come si conserva sin’al presente giorno, e di questo n’è publica voce e fama”. (pp. 58-59)

Si tratta, in ogni caso e ovviamente, di testimonianze non de visu, bensì de auditu. Lo spazio più ampio è, invece, dedicato a molte testimonianze di devozione e pure di forme popolari di culto e alla elencazione di grazie e interventi ritenuti miracolosi. Quali conclusioni dedurne?

 

Importanza della fama di santità

Ciò che ne deduco personalmente è il recupero anche nella prassi attuale della importanza, in un processo per la beatificazione anzitutto, di una reale fama di santità.

Comprendo che il termine fama secondo l’uso profano potrebbe essere frainteso ed ha bisogno per questo di essere spiegato. Non si tratta, infatti, di semplice notorietà. La stessa espressione vox populi vox Dei non è valida a farne comprendere il senso. Per evidenziarlo abitualmente cito Alcuino di York, un teologo anglosassone dell’ottavo secolo, il quale dichiarava: «Non bisogna dare molta retta a quelli che ripetono vox populi vox Dei, perché non di rado il clamore della folla è molto vicino all’insipienza…».[8] Non può trattarsi, dunque, di un semplice dato sociologico ma di ravvisare una sostanza teologica da individuare in quello che è chiamato il sensus fidei del popolo di Dio. L’Istruzione Sanctorum Mater di Giovanni Paolo II la descrive così: «La fama di santità è l’opinione diffusa tra i fedeli circa la purità e l’integrità di vita del Servo di Dio e circa le virtù da lui praticate in grado eroico» (art. 5 § 1).

Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa del Vaticano II, si insegna che «tutti nella Chiesa… sono chiamati alla santità. Questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare (manifestatur et manifestari debet) nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli; si esprime in varie forme presso i singoli, i quali nel loro grado di vita tendono alla perfezione della carità ed edificano gli altri» (Lumen Gentium, n. 39). Come opportunamente spiega il p. BogusławTurek, sottosegretario del Dicastero, «questo testo è fondamentale perché con i termini “si manifesta e deve manifestarsi”, sottolinea il carattere rivelativo della santità». Precisa pure che detta “manifestazione” è la base primaria della fama di santità che viene richiesta perché un fedele possa essere proposto ufficialmente dalla Chiesa come esempio di vita evangelica a tutti i fedeli.[9]

L’Istruzione Sanctorum Mater della Congregazione delle Cause dei Santi (2007) avverte pure che per una beatificazione e canonizzazione la fama di santità deve essere unita a quella di segni: il riferimento alla fama di santità è sempre accompagnato dal riferimento anche alla fama di segni. C’è difatti, uno stretto legame tra le due realtà. La fama di segni, infatti, non è soltanto legata stabilmente alla fama di santità, ma costituisce anche un criterio indispensabile per valutare l’autenticità della stessa. Al contrario, non è da considerarsi autentica una fama di santità se non è accompagnata da una documentata e testimoniata fama di segni. In tal caso si potrebbe parlare al massimo di notorietà o di diffusa conoscenza di una persona, ma non propriamente di fama di santità.

Ecco, allora, la definizione che ne dà l’Istruzione: «La fama di segni è l’opinione diffusa tra i fedeli circa le grazie ed i favori ricevuti da Dio attraverso l’intercessione del Servo di Dio» (art. 6). Non si tratta, beninteso, di miracoli in senso proprio (i quale, nella legislazione attuale, richiedono un dettagliato studio e un’attenta verifica per essere dichiarati tali); si tratta, piuttosto, dell’intima convinzione dei fedeli che il loro ricorso all’intercessione di una persona che ritengono santa è stato esaudito dal Signore. In altre parole, come bene spiega il p. Turek, «la fama di segni si riferisce al fatto che ci sono persone che ricorrono all’intercessione di qualcuno e dichiarano di essere stati ascoltati. Tale loro affidamento è un’ulteriore conferma della loro intima convinzione della santità della persona che hanno invocato».

Già prima Benedetto XVI aveva detto: «I Pastori diocesani, decidendo “coram Deo” quali siano le Cause meritevoli di essere iniziate, valuteranno anzitutto se i candidati agli onori degli altari godano realmente di una solida e diffusa fama di santità e di miracoli oppure di martirio. Tale fama […] è un segno di Dio, che indica alla Chiesa coloro che meritano di essere collocati sul candelabro per fare “luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5,15). È chiaro che non si potrà iniziare una Causa di beatificazione e canonizzazione se manca una comprovata fama di santità, anche se ci si trova in presenza di persone che si sono distinte per coerenza evangelica e per particolari benemerenze ecclesiali e sociali».[10]

Perché, allora, queste annotazioni? Nelle Cause del passato (come ci dimostra il testo del Processo di beatificazione di Santa Rita, oggi presentato) la fama di santità e di segni, intesa come voce del popolo di Dio provata dai documenti e dalle testimonianze, era considerata come elemento fondamentale di ogni processo di beatificazione e canonizzazione, fino al punto di un apposito Processo.

Oggi, al contrario, c’è la fondata impressione che almeno negli ultimi decenni il rimando alla fama di santità e di segni sia passato in secondo piano. Già sotto l’aspetto redazionale delle Positio, ad esempio, le pagine relative alla fama di santità (o di martirio o di offerta della vita) e la fama di segni vengono abitualmente inserite al termine dell’esposizione e sono di numero alquanto ridotto. Per questo, il 31 maggio 2021 il Dicastero delle Cause dei Santi si è preoccupato di trasmettere a tutti i Vescovi una lettera con cui raccomanda di verificare, insieme con l’esemplarità e attualità dei candidati alla beatificazione e alla canonizzazione, la consistenza e la genuinità della fama di santità, oltre ad una significativa fama signorum.

Proprio per tali ragioni ritengo di poter dire che il Processo che oggi è presentato nella sua pubblicazione è di grande aiuto per mostrare quanto l’esame della fama di santità e di segni debba ancora oggi essere ritenuta molto importante. Come io stesso ho avuto occasione di dire in altra circostanza, «la “fama di santità” combina insieme due sfumature: da un lato, la convinzione dei fedeli circa la santità di una persona, convinzione che nasce dalla percezione di una eccezionalità ed ha come conseguenza la richiesta di intercessione per le proprie o le necessità altrui; dall’altro, la capacità che tale eccezionalità risvegli nel Popolo di Dio la coscienza di essere tutti chiamati ad essere Santi: quella che il Concilio Vaticano II ha chiamato “universale vocazione alla santità” (Lumen Gentium, cap. V). La santità canonizzata, che propone alla Chiesa intercessori e modelli cui ispirarsi, ha prevalentemente questo fine: attraverso l’individuazione di figure esemplari, che superano il vissuto ordinario, richiamare i battezzati a vivere santamente la loro vita di ogni giorno».[11] È quanto è accaduto e accade ancora oggi con Santa Rita da Cascia.

 

Cascia (PG) – Sala Santa Chiara, 17 maggio 2024

 

Marcello Card. Semeraro

 

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[1] “Il processo di beatificazione di santa Rita del 1626”a cura di Leonardo Lolli, Ed. il Formichiere, Foligno 2024.

[2] Discorso ai membri della Congregazione delle Cause dei Santi, 12 dicembre 2019.

[3] Per questa fase cf. la sintesi del p. Rocco Ronzani in questo volume, alle pp. 23-24.

[4] Per questa fase processuale, cf. F. Veraja, La Beatificazione. Storia, problemi, prospettive, S. Congregazione per le Cause dei Santi, Roma 1983 («Sussidi per lo Studio delle Cause dei Santi», 2). Per S. Rita da Cascia, cf. le pp. 66-67. 87.

[5] Punto di riferimento in tutto questo arco di tempo è ancora oggi è l’opera De Servorum Dei beatificazione et de Beatorum canonizatione di Prospero Lambertini/Benedetto XIV, la cui prima edizione apparirà a Bologna 1734-1737. Per questo, Papa Lambertini è abitualmente chiamato il Magister e la sua opera in materia di beatificazione e canonizzazione è stata, in un discorso postumo che avrebbe dovuto pronunciare nel novembre 1958, da Pio XII paragonata alla Summa di san Tommaso d’Aquino.

[6] Cf. Ed. Urbanian University Press, Città del Vaticano 2001, pp. 203-204.

[7] Super Sent., II, d. 18, q. 1 a. 3 arg. 2.

[8] Epist. CLXVI, 9: PL 100, 438: Nec audiendi qui solent dicere: Vox populi, vox Dei. Cum tumultuositas vulgi semper insaniae proxima sit.

[9] Cf. l’intero intervento sul sito internet del Dicastero: https://www.causesanti.va/it/archivio-del-dicastero-cause-santi/interventi-e-articoli/boguslaw-turek-requisiti-necessari-per-il-riconoscimento-della-f.html

[10] Discorso alla Plenaria della Congregazione delle Cause dei Santi, 24 apr. 2006: AAS 98 [2006] 397-401.

[11] Conferenza stampa di presentazione del Convegno di Studio “La santità oggi”, su https://www.causesanti.va/it/ prefetto-dicastero-cause-santi/interviste-del-prefetto/presentazione-del-convegno-la-santita-oggi.html.