Non conversione, ma cammino
Introduzione al Simposio
«San John Henry Newman, Dottore della Chiesa universale. La sua rilevanza oggi»
Mi congratulo sinceramente per questa iniziativa, voluta proprio alla vigilia della proclamazione di San J.H. Newman a Dottore della Chiesa universale: evento, quest’ultimo, avviato all’inizio del 2021 con l’accoglienza delle petizioni giunte dalla Conferenza Episcopale d’Inghilterra e del Galles, cui successivamente si unirono le Conferenze Episcopali di Scozia e d’Irlanda, la famiglia spirituale L’Opera e la Confederazione dell’Oratorio San Filippo Neri. Ad esse aderirono ben presto molte altre petizioni provenienti da tutta la Chiesa cattolica. Significativamente, all’iniziativa della Chiesa d’Inghilterra e del Galles si affiancherà il fraterno sostegno, notificato a Papa Francesco, delle due più alte autorità della Chiesa d’Inghilterra, ossia gli Arcivescovi di Canterbury e di York.
A seguito di ciò, avuto il consenso e il mandato di Papa Francesco, il Dicastero delle Cause dei Santi avviò il procedimento canonicamente previsto, a cominciare dalla dovuta consultazione del Dicastero per la Dottrina della Fede circa il voto sulla eminens doctrina. A ciò, il Prefetto di quel Dicastero, il Card. Victor Manuel Fernández, espresse un giudizio che così inizia: «Non c’è alcun dubbio sull’eccellenza e l’attualità dell’opera di questo grande pensatore cattolico ...». Il lavoro del Dicastero delle Cause dei Santi era già completato e la Plenaria dei Padri Cardinali e Vescovi era già convocata per il 1 luglio 2025, quando intervenne la morte di Papa Francesco. Con il consenso del nuovo Successore di Pietro la riunione ebbe regolarmente luogo sicché, nell’udienza concessami il successivo 31 luglio, Leone XIV confermò il parere affermativo di quella Sessione Plenaria dei Cardinali e Vescovi circa il conferimento del titolo di Dottore della Chiesa universale a San J. H. Newman; successivamente, la domenica 28 settembre il Papa annunciò che il rito sarebbe stato celebrato il 1 Novembre 2025 Disse: «Conferirò il titolo di Dottore della Chiesa a San John Henry Newman, il quale contribuì in maniera decisiva al rinnovamento della teologia e alla comprensione della dottrina cristiana nel suo sviluppo».
Ho accettato di buon grado l’invito rivoltomi a presiedere la prima sessione di questo Simposio e la richiesta di aggiungere alcune brevi parole introduttive. Lo farò accennando a una sola questione, ossia alla scelta, quanto alla classica petitio che domani rivolgerò al Santo Padre, di chiamare «passaggio» alla Chiesa Cattolica quella che abitualmente è indicata come sua «conversione». Newman, infatti, scriverà: «Dal 1845 non ho mai esitato, neppure per un solo istante, nella convinzione che fosse mio preciso dovere aderire (to join), come allora ho fatto, in questa Chiesa cattolica che, nella mia propria coscienza, ho sentita essere divina» (Postscript alla Lettera al Duca di Norfolk).
Non è, ovviamente, questa la sede per sviluppare l’intera questione; cercherò solo d’indicare alcuni miei punti di riferimento. Il primo è la convinzione che con il suo Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana Newman non ci abbia lasciato soltanto un principio teologico, ma pure consegnato la sua personale esperienza di un approdo ex umbris in veritatem. A questa idea mi hanno riportato a suo tempo le parole con le quali J. Ratzinger, il 28 aprile 1990, intervenendo per concludere il Simposio per centenario della morte di Newman, disse che in lui pensiero e vita si compenetravano e si determinavano reciprocamente, sicché in quel suo Saggio potevamo trovare non soltanto la sua teologia ma pure la sua personale esperienza «d’una conversione mai conclusa». Per parte sua, colloquiando con Jean Guitton, Paolo VI dirà che «Newman è un autore autobiografico».
Nel suo intervento Ratzinger userà la parola «conversione», ma dall’insieme si comprende bene che egli non intendeva l’abbandono di una via precedente per intraprenderne una nuova e diversa. Questo non comporta che nel cammino di Newman siano mancate le ombre e le tempeste. Come non ricordare, ad esempio, quel che, nella fase della crisi siciliana, egli, quasi delirando, ripeteva al suo fedele domestico e amico Gennaro: «Io non ho peccato contro la luce» (My illness in Sicily – 28 dicembre 1834: I have not sinned against the light); come non risentirla, questa frase, insieme con ciò che, lucidamente, scriverà in principio del capitolo V della sua Apologia: «Al momento della mia conversione non ebbi coscienza d’un qualsiasi cambiamento intellettuale o morale, che avvenisse nel mio spirito… ma mi sembrava di tornare in porto dopo una navigazione tempestosa»?
Ho ricordato il colloquio di Paolo VI con J. Guitton. Concludo, allora, con questa sua affermazione tratta dalla medesima fonte: «Newman è grande. Per giungere alla sua Verità, vale a dire la Verità assoluta, la Verità integrale, Newman, nel pieno della sua vita, ha rinunciato a ciò che vale più della vita: ha rinunciato alla Chiesa d’Inghilterra, e non per separarsi da questa, ma per realizzarla. Ha detto che non smetteva di credere in ciò che aveva creduto, ma che vi credeva anche di più: che aveva portato la fede anglicana alla sua pienezza» (Dialoghi con Paolo VI, Milano 1967, 162).
Ringraziandovi ancora, auguro di cuore a voi tutti un buon lavoro.
Pontificia Università Gregoriana – Roma, 31 ottobre 2025
Marcello Card. Semeraro