Uomo in pienezza, cioè santo
Prolusione al Convegno ACI su «Dentro la vita, dentro la storia. La santità di Pier Giorgio Frassati»
Mi scuso se inizio il mio intervento con qualcosa di personale, ma ne dirò la ragione. Si tratta del fatto che da alcune settimane è nelle librerie una biografia di Pier Giorgio Frassati scritta da me. Per questo testo ho desiderato specificare da subito che non si tratta di un elaborato «storico», soprattutto considerando il fatto che io non sono uno storico e neppure sono un agiografo.[1] Lo si potrà inserire, eventualmente, in quella «teologia dei santi e della teologia» auspicata a suo tempo da K. Rahner, nella quale posso muovermi più agevolmente.[2] Nel mio saggio ho perciò fatto riferimento alla teologia della speranza, che papa Francesco ha voluto al centro della spiritualità di questo anno giubilare 2025.[3] Per lo stesso motivo mi sono ispirato all’enciclica Spe salvi di Benedetto XVI (30 novembre 2007), individuando, sul suo modello, nella vicenda terrena di P.G. Frassati alcuni spazi particolari di apprendimento e di esercizio della speranza, ossia la preghiera, l’amicizia, la carità e la gioia.[4]
Prima, però, di avviare l’esposizione preparata come prolusione a questo Convegno, desidero sinceramente ringraziare l’Azione Cattolica Italiana, che del processo per la beatificazione e la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati è stata la parte attrice, ossia chi non soltanto l’ha promossa, ma pure (cosa non da poco) ne ha avuto la responsabilità morale e finanziaria. Il suo ruolo è stato, in questo caso, fondamentale. Questo Convegno mi offre, allora, l’occasione, per dire pubblicamente (anche in veste di Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi) il grazie sincero all’Azione Cattolica Italiana per tutto quanto ha operato in favore di questa Causa. Questo grazie non è solo riconoscenza, ma pure riconoscimento di tanti meriti, per i quali il nuovo Santo certamente interporrà la sua intercessione presso Dio e presso la Vergine Santa perché, questa realtà associativa così unica, singolare e antica nella storia del nostro Paese, continui a essere per i suoi associati una «grande palestra di virtuoso operare» e per tutti una testimone verace «del senso e del costume cristiano» (Paolo VI).[5]
***
Il motivo, dunque, per il quale ho inizialmente citato il mio libro è l’intenzione di avviare la mia riflessione sulla santità di P.G. Frassati a partire dal suo suo sottotitolo: Alpinista dello spirito. Perché? L’espressione mi giunge da san Paolo VI il quale vi fece ricorso in un discorso del 26 settembre 1970 per indicare lo scopo e la specificità – il carisma, oggi si direbbe – degli Istituti Secolari, che sotto gli auspici della allora Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, in quei giorni stava celebrando in Roma un Congresso guidato da apposito comitato presieduto dal prof. Giuseppe Lazzati, grande nome del laicato cattolico, ora Venerabile e all’epoca rettore magnifico dell’Università Cattolica del S. Cuore. Il Papa disse così:
[Il vostro è] il campo del mondo; del mondo umano, qual è, nella sua inquieta e abbagliante attualità, nelle sue virtù e nelle sue passioni, nelle sue possibilità di bene e nella sua gravitazione verso il male, nelle sue magnifiche realizzazioni moderne e nelle sue segrete deficienze e immancabili sofferenze: il mondo. Voi camminate sul fianco d’un piano inclinato, che tenta il passo alla facilità della discesa e che lo stimola alla fatica dell’ascesa. È un camminare difficile, da alpinisti dello spirito.
In questa immagine io ravviso la santità del nostro Frassati e per avvalorare questa mia visione mi sono avvalso del pensiero di Karl Rahner, il quale ben conobbe P.G. Frassati avendo vissuto con lui per un mese, dal 27 settembre al 25 ottobre 1921, quando egli fu ospite nella sua casa a Friburgo in Br. In un libro scritto negli ultimi di vita († 30 marzo 1984) dialogando con Meinold Krauss, K. Rahner disse:
Sembra che a Roma sia in corso il processo di beatificazione. Effettivamente è stato un giovane piuttosto eccezionale; sportivo, praticava l’alpinismo, lo sci, l’equitazione: un tipo allegro che sapeva vivere con gli altri in modo vivace e impetuoso. Mi raccontava, fra l’altro, che agli inizi del fascismo lui, cattolico, si azzuffava con gli studenti fascisti per le strade di Roma. Del resto era di una pietà straordinaria, un giovane di preghiera che quasi ogni mattina andava in chiesa a sentir messa prima che gli altri membri della famiglia si alzassero. Svolgeva anche una straordinaria attività – diremmo oggi – di carattere sociale a favore dei poveri, e per essa ci rimise la vita, avendo contratto la poliomielite proprio in quell’ambiente. Ai poveri pensò sempre con amore fino alle ultime ore della sua vita. Forse sarà beatificato. Ricordo ancora con quanto entusiasmo declamava in italiano la preghiera di San Bernardo a Maria della Divina Commedia di Dante. Recitava sempre il Rosario. Dichiarò a mia madre di non aspirare al sacerdozio per poter meglio lavorare, nell’ambiente liberale in cui era nato, a favore della Chiesa e del Cristianesimo. E d’altra parte aveva tutte le qualità umane per poter amare una ragazza ... Si dice che la causa di beatificazione, che in genere dura a lungo ed è circostanziata, si avvia lentamente alla fine. Se mi capiterà di vivere fino a quel giorno, potrei dire di aver conosciuto in vita un giovane elevato all’onore degli altari, insieme al quale avevo fatto dello sport nei boschi della Selva Nera.[6]
Un’introduzione alla vita di Pier Giorgio Frassati K. Rahner l’aveva già scritta per la biografia messa a punto da Luciana Frassati, ma ve n’è un’altra poco conosciuta, perché preparata per l’edizione in lingua tedesca di un libro su di lui scritto in francese dal gesuita Robert Claude con il titolo: Jeune témoin pour aujourd’hui. Il testo, però, apparirà solo nel 2012 come prefazione all’edizione in lingua polacca.[7] Ho avuto copia dell’originale dattiloscritto tedesco dalla nipote di Pier Giorgio, la sig.ra Wanda Gawronska, che ancora ringrazio. Quella prefazione di Karl Rahner è riportata, tradotta in lingua italiana, nelle pp. 166-175 del mio libro. Ne trascrivo alcuni passi, che illuminano sulla santità di Frassati.
Due cose nella loro unità mi paiono caratteristiche di Pier Giorgio e d’esempio per noi: l’unità di tutta la sua vita e del suo essere cristiano e l’ingenuità stranamente santa nella quale questa unità è stata vissuta come se fosse una cosa naturale. Proverò a spiegare ciò che intendo dire. Nel panorama dei santi della Chiesa cattolica, specialmente negli ultimi secoli, è possibile osservare un certo professionismo nella vita ascetica e spirituale. I santi più recenti sono stati per la maggior parte religiosi, suore o almeno chierici. Il loro «anelito di santità», le loro «virtù eroiche, la loro spiritualità sono quindi stati espressamente curati e vissuti in quanto tali, poiché erano anche, in larga misura, il contenuto della loro vita in generale e il senso della loro vocazione … Non vi è l’aspirazione a un interesse «mondano» per qualche occupazione terrena, per la cultura, la scienza, l’arte, ecc. di per sé; al massimo gli viene dato spazio in dosi misere quando proprio non si può evitare … Oggi, però, auspichiamo anche cristiani completi che non siano professionisti spirituali, ma che, conducendo un’esistenza umana «normale», con tutti i compiti, i conseguimenti, le gioie e le delusioni della stessa, visti, sperimentati e sofferti in modo naturale e diretto, realizzino quella che è l’essenza del cristianesimo. In una vera unità dell’esistenza umana e dell’essere cristiano, nella quale vengano conservati entrambi questi elementi, nella quale nessuno dei due spinga da parte e tolga importanza all’altro, e nella quale essi si presuppongano e si completino a vicenda.
K. Rahner applica il tutto a Pier Giorgio. Nel testo che ora segue trascrivo in corsivo i passaggi che ritengo decisivi:
Questa unità è grazia, ma c’è. La vita santa di cui ci ha dato esempio è stata anche una vita «cosmica», una vita (nonostante tutti i problemi della famiglia) umanamente ricca, gioiosa, quasi scatenata, a cavallo, sugli sci, in montagna, con Dante e altri poeti, con compagni e giovani fanciulle, con canti e comizi e discorsi politici, con la raccolta di minerali, le baruffe con la polizia e così via; con tutto ciò che, appunto, può riempire un’esistenza giovane e sana ... In Pier Giorgio, l’aspetto umano e quello cristiano sono presenti in una straordinaria unità, che permette anche a noi di cercare e di amare allo stesso tempo la terra e Dio, di essere mondani e trascendenti, pur sapendo che entrambe le cose trovano compimento solo nel passaggio attraverso la morte di Gesù, che dobbiamo condividere nella nostra morte. È forse proibito desiderare santi simili con questa unità?
È leggendo queste pagine di K. Rahner che mi è tornata alla memoria l’immagine dell’alpinista, usata da san Paolo VI, e l’ho scelta come sottotitolo a prescindere dalla forte passione di Frassati per l’alpinismo! È una risposta – quella di K. Rahner – che sommessamente faccio mia, convinto come sono che la figura del santo cristiano non deve soltanto «parlare», ma deve parlare al mondo di oggi e deve farlo non comunque, ma nella forma da esso udibile e per esso e per tutti provocante sicché ci si domandi: «perché questo comportamento inusuale?». La Chiesa, oggi, nella società dell’indifferenza,[8] ha bisogno anzitutto di questi testimoni, di queste figure di santi.
Permettete un’ultima, breve riflessione, visto che se il sottotitolo di questo nostro Convegno chiede di dire qualcosa sulla «santità» di Pier Giorgio Frassati, il titolo ci domanda di entrare pure «dentro la vita, dentro la storia», proprio come avrebbe fatto lui. Una santità, infatti, non è provocatoria se non ci porta dentro la storia e dentro la vita! Di ciò parleranno i diversi relatori, ai quali domando scusa se ho tolto del tempo.
Penso anzitutto al tema della pace, oggi urgente più che mai e sulla quale in ambiti «mondani» si spendono parole molto ambigue e anche reticenti. Ad una mia domanda sul tema della pace e su cosa potessimo fare noi, una volta papa Francesco mi rispose così: «i nostri appelli per la pace sono spesso dei semi che cadono nel terreno dei cuori di persone sensibili… Gli appelli per la pace ci mantengono svegli e ci aiutano a fare in modo che ci possiamo muovere, concretamente, dove e come possiamo, per soccorrere chi invece vive in prima persona quel dramma».
Ha colto nel «Segno» (è un gioco di parole) l’Azione Cattolica, quando ha titolato con «artigiani di pace e seminatori di speranza» l’editoriale dell’ultimo numero della sua rivista e ha così sottoscritto la copertina: «Con Pier Giorgio, verso l’alto. L’Alto delle meraviglie del creato, ma anche l’Alto da cui guardare più in basso, dove l’umanità vive le fatiche e la bellezza dell’esistenza».
Pier Giorgio Frassati è stato davvero – e dichiarandolo santo la Chiesa ce lo propone come modello da imitare – artigiano di pace e seminatore di speranza. Ad una donna, il cui un fratello era morto ucciso in guerra, egli domandò: «Natalina, lei non darebbe la vita per fare cessare la guerra?». Al rifiuto della donna egli rispose: «Io sì che la darei, anche subito!».[9] Eppure Frassati era un «battagliero». Nei giorni scorsi ho letto con attenzione un intervento apparso sull’edizione torinese de «la Repubblica», dove si fa un parallelo tra Pier Giorgio Frassati e Pietro Gobetti, ambedue ispirantisi a don Luigi Sturzo e vittime del fascismo.[10] Le analogie ci sono per davvero.
C’è da aggiungere che nel suo stile di vita e nelle sue relazioni Frassati fu sempre portatore di riconciliazione e di pace e tale lo considerarono tutti i suoi amici, che testimoniarono nel processo per la beatificazione e canonizzazione: volenteroso nel togliere i dissensi, o urti fra i compagni di circolo, capace di fare da paciere tra i compagni, impegnato a fare ritrovare la serenità e a calmare gli animi, pure nelle assemblee più turbolente dove egli non aveva fatto da spettatore. In lui oggi possiamo ritrovare una attuazione «eroica», ossia fuori dal comune, di quella «beatitudine» propria degli operatori di pace.[11] A lui può bene applicarsi ciò che il Papa, parlando al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha detto il 16 maggio 2025: «la pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».
Roma, Aula Magna LUMSA, 6 settembre 2025
Marcello card. Semeraro
__________
[1] Rimando allo scopo agli studi pubblicati nel quaderno de «La Scuola Cattolica» del marzo giugno 1991 (CIX, nn. 2-3) dedicato esplicitamente al tema «agiografia e teologia», oltre che alla classica opera del bollandista H. Delehaye, Cinq leçons sur la méthode hagiographique, Société des Bollandiste, Bruxelles 1934.
[2] Mi permetto di citare per questo M. Semeraro, Per una teologia dei santi e della santità, Dicastero delle Cause dei Santi, Roma – Ed. Orantes, Lecce 2025 (“Sussidi per lo Studio delle Cause dei Santi”, 14).
[3] Cf. Francesco, Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell'Anno 2025 (9 maggio 2024). Proprio riferendosi a questo passo paolino (Rm 5,5) il postulatore il p. Paolo Molinari SJ annotava nella «Ponenza» che «la vita di Pier Giorgio proprio perché animata dalla carità, fu contraddistinta anche da quella viva speranza delle cose che non si vedono, in virtù della quale egli viveva veramente “nell’attesa delle beata speranza…” (Tit 2,13)». Era, appunto, questa speranza la fonte della sua gioia, dei suoi rapporti di amicizia.
[4] Cf. M. Semeraro, Pier Giorgio Frassati. Alpinista dello spirito, Messaggero, Padova 2025, pp. 89-153. Nell’enciclica di Benedetto XVI questi «luoghi» sono la preghiera, l’agire e il soffrire, il giudizio finale. Su questo cf. G. Ancona, Sperare. Una scelta di libertà, Queriniana, Brescia 2018.
[5] Cf. Paolo VI, Discorso del 30 luglio 1963 ai partecipanti al convegno dei Presidenti diocesani di Giunta di Azione Cattolica
[6] K. Rahner a colloquio con M. Krauss, La fatica di credere, Paoline, Cinisello Balsamo 1986, pp. 31-33.
[7] Cf. R. Claude, Pier Giorgio Frassati - Pośród nas, Wydawnictwo Znak, Cracovia 2012.
[8] Cf. M. Herzfeld, La produzione sociale dell’indifferenza, FrancoAngeli, Milano 2022; M. Sgalambro, Dell’indifferenza in materia di società, Adelphi, Milano 1944; A. Zamperini, M. Menegatto (a cura di), La società degli indifferenti. Relazioni fragili e nuova cittadinanza, Carocci, Roma 2011 (2024 rist.).
[9] Cf. https://it.wikipedia.org/wiki/Pier_Giorgio_Frassati, nota 8 (consult. 6 sett. 2025). Si tratta della sig.ra Natalina Rosa, che fu domestica in casa Frassati.
[10] B. Quaranta, Gioventù e antifascismo. quel devoto borghese così simile a Gobetti, ne «la Repubblica - Torino» del 4 settembre 2025, p. 9.
[11] D’altronde Giovanni Paolo II, già prima di essere eletto alla Cattedra di Pietro, aveva chiamato Frassati uomo delle otto Beatitudini. Karol Wojtyła chiamò così Pier Giorgio Frassati in occasione dell'inaugurazione di una mostra sulla figura di Frassati tenutasi a Cracovia il 27 marzo 1977.