La carità edifica
Omelia nella Santa Messa di ringraziamento nel 20° anniversario di Canonizzazione dei santi Annibale Maria di Francia e Luigi Orione
«Domenica mattina, 16 maggio 2004, ero anch’io sul sagrato della Basilica di San Pietro, tra i vescovi e sacerdoti che concelebravano la Santa Eucaristia durante la quale Giovanni Paolo II ha proclamato sei nuovi santi. Tra questi, Annibale Maria Di Francia… In tanti erano giunti, anche dalla nostra Diocesi, per essere presenti al solenne rito della Canonizzazione. Accanto a loro, io ho avuto la grazia di esprimere ufficialmente la “voce” della Chiesa di Oria, che lodava la Trinità Santa per avere glorificato questo fedele imitatore di Cristo». Comincia così la lettera pastorale che, dopo quell’evento, inviai alla Chiesa di Oria, di cui ero vescovo quell’anno. La scrissi perché quella Chiesa di Puglia godette in passato della presenza del nuovo santo, il quale vi portò gli orfanelli dopo la distruzione provocata dal terremoto di Messina. Vi apposi come titolo La doppia carità, scelto perché sant’Agostino abitualmente chiamava così il duplice amore verso Dio e verso il prossimo, spiegando che da esso erano formate «le due ali con le quali, nel desiderio e nella speranza, voliamo verso il Signore» (In Ps. 130 Enar., 12: PL 37, 1791).
Le letture bibliche che sono state appena proclamate ci hanno consegnato due verbi bellissimi, che potrebbero adattarsi molto bene ai nostri due santi: sant’Annibale M. Di Francia e san Luigi Orione. Sono vegliare e custodire (cf. At 20,28; Gv 17,11). I soggetti sono diversi: nel primo caso si tratta dell’esortazione di san Paolo agli anziani di Efeso; nel secondo, invece, è l’azione che il Padre e Gesù hanno per noi. I due verbi, ad ogni modo, hanno un profondo significato e questo non soltanto se consideriamo l’adempimento della missione pastorale dei due Santi, ma ancora di più se consideriamo la via scelta dal Signore per farli incontrare: il soccorso ai poveri e agli orfani e questa la aprì loro in occasione del terremoto di Messina del 1908.
È proprio in rapporto a questa via che nei giorni passati mi è tornata spesso alla memoria anche la frase di san Paolo: la carità edifica. L’Apostolo certamente la intendeva in altro contesto, ma il ricorso a quel verbo greco oikodomeó, che vuol dire letteralmente edificazione di una casa, inevitabilmente portava la mia mente alla distruzione causata dal terremoto e dall’urgenza della ricostruzione non soltanto materiale, ma umana: possiamo solo immaginare il dolore, lo sconforto, la paura di quei giorni…
La mano di cui il Signore si servì per l’incontro fra il p. Di Francia e Don Orione fu San Pio X. Proprio in una biografia di sant’Annibale scritta da Angelo Scelzo lessi una frase che non ho mai dimenticata e che molto spesso, soprattutto ora nel mio ministero nel Dicastero delle Cause dei Santi, mi accade di verificare: i santi non sono mai rimasti soli, ma «misteriosamente si cercano e misteriosamente si trovano». Anche questa è comunione dei santi!
C’è, anzi, una frase che può, in qualche modo essere applicata a tanti di loro. Si trova nell’opera di uno scrittore italiano: Luciano De Crescenzo, in un suo libro molto letto appena fu pubblicato. La frase è: «Siamo angeli con un’ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati». Anni dopo la fece sua Mons. Antonio Bello e così essa si è diffusa nel nostro ambiente ecclesiastico. Mi vien da dire che pure i santi, molto spesso, durante la vita terrena accostano le loro ali per volare meglio incontro al Signore.
Il carisma riconosciuto da Don Orione nei Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli coadiutori ed eremiti) si esprimeva apostolicamente nel «collaborare per portare i piccoli, i poveri e il popolo alla Chiesa e al Papa, mediante le opere di carità». Il legame di Don Orione con Pio X risaliva all’epoca in cui questi era Patriarca di Venezia. Negli anni successivi l’intesa fra loro crebbe sicché il Papa lo volle vicario generale plenipotenziario della diocesi di Messina quando sopraggiunse il terremoto del 1908 e poi negli anni successi.
Dopo quella distruzione, occorreva edificare ed ecco sopraggiungere l’incontro con il Padre Annibale. La stima fra i due fa parte della storia della carità. Si narra, fra l’altro, che Pio X rimase molto meravigliato quando seppe da Don Orione che Padre Annibale, in occasione del terremoto, non chiese mai contributi, ma solo benedizioni ed indulgenze! Ripeteva, difatti: «Il Papa ha da provvedere a tutto il mondo, non bisogna perciò ricorrere a lui per cose materiali, ma solo per favori spirituali». Intanto la carità continuava a edificare.
Nella Omelia per la beatificazione (26 ottobre 1980), san Giovanni Paolo II chiamò Don Orione «meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana»; aggiunse che nella vita «egli si è lasciato solo e sempre condurre dalla logica serrata dell’amore» e ripetette a voce alta il suo programma di azione: «La nostra politica è la carità grande e divina che fa del bene a tutti». Dieci anni dopo (7 ottobre 1990), ancora san Giovanni Paolo II disse del p. Annibale: «Dovunque vi erano necessità, a cui bisognava venire incontro: piccoli senza famiglia, fanciulle in gravi pericoli, monasteri di contemplative in difficoltà materiali, fu presente con tempestività e amore. Di tutti fu padre e benefattore; pronto sempre a pagare di persona, aiutato e sostenuto dalla grazia».
La carità edifica. È il messaggio che noi – grati al Signore che nella sua misericordia ce li ha donati e alla Chiesa che con voce alta ce li ha indicati – vogliamo imparare dai due santi, dei quali ricordiamo i venti anni dalla canonizzazione.
Chiesa dei Santi Antonio e Annibale Maria di Francia – Roma, 15 maggio 2024
Marcello Card. Semeraro