Omelia (mariana) nella VI Domenica di Pasqua (Anno C)

 

Quando l’amore diventa dimora

Omelia (mariana) nella VI Domenica di Pasqua (Anno C)

 

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»: sono le prime parole di Gesù, che oggi abbiamo ascoltato dalla lettura del Santo Vangelo (cf. Gv 14,23-29). Vogliamo risentirle anzitutto riguardo alla Santa Madre di Dio, giacché siamo qui nella Basilica papale dedicata a Lei, che della Chiesa – ossia di tutti noi – è figura, madre e modello.

Se uno mi ama. Maria è una donna innamorata di Dio. Il Magnificat è lo specchio del suo amore. Nel suo animo c’è anzitutto la gioia di chi sa d’essere amata da Dio. Dio mi ha guardata, canta. Chi fra noi non ha fatto l’esperienza dell’essere guardato? Quante sensazioni sono legate a questa esperienza! Tante volte di commozione e di consolazione, ma poi anche di timore… Ad esempio quando dal papà o dalla mamma ci giungeva uno sguardo di rimprovero, di disapprovazione. Ma è da quando siamo usciti dal grembo della mamma che noi siamo guardati. Quante cose possiamo dire con lo sguardo e quante altre possiamo percepirne!

Nel suo Magnificat Maria confessa di aver avvertito lo sguardo di Dio su di sé e di averlo sentito come uno sguardo liberante. «Se mai, nella storia universale, qualcosa di capitale è accaduto, è precisamente questo sguardo», scriveva M. Thurian, riprendendo K. Barth (Maria madre del Signore immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1980, 106). Maria l’ha percepito come sguardo di misericordia, di amore e con il suo canto ricambia l’amore. Certo, nel cantare questo sguardo ella si riconosce «serva»; se però leggiamo questo titolo nel suo contesto biblico scopriamo che non ha nulla di servile. È, al contrario, un titolo che, come diceva C. M. Martini, indica qualcosa di molto tenero e insieme profondo: in esso c’è la risonanza dello scoprirsi amata dal Signore, lo stupore nel riconoscersi nel quadro delle predilezioni di grazia e di missione in cui si collocava la figura del Servo di Jahwè. La sua coscienza è quella del misterioso servitore amato da Dio, prescelto per essere riempito del suo spirito.

Osserverà la mia parola. Al termine del dialogo con l’angelo, che le ha dichiarato l’amore di Dio, Maria risponde con parole di piena adesione: eccomi! Il suo fiat è pieno consenso alla volontà di Dio: sceglie di collaborare all’opera di un Dio che non costringe, ma offre; non si impone, ma si propone e che, per portare avanti la storia della salvezza, sceglie nell’umanità «magnifiche complicità». Maria – come diceva J. J. von Allmenn, un teologo riformato – è appunto questa «umanità complice di Dio». Scorrendo i momenti della sua vita, scopriamo che la sua obbedienza fu scelta libera e costante del bene, adesione gioiosa, pur nel dolore, a quanto è inserito nel disegno di Dio. Il suo fiat non fu l’adesione di un momento, ma una consegna di sé ogni giorno più convinta, un cammino di crescente fedeltà fin sotto la Croce. E Maria non è soltanto donna che osserva la parola di Dio, ma è anche madre che c’invita a osservarla e ci mostra come farlo. Il «fate tutto quello che lui vi dirà» del vangelo di Cana ci presenta Maria come maestra ed esempio nel fare la volontà di Dio. E vediamo pure come l’obbedienza al Signore è sempre per l’uomo fonte di sorpresa e di letizia.

Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. La nostra tradizionale preghiera dell’Angelus dopo avere rievocato l’adesione della Vergine alla volontà di Dio conclude richiamando il mistero dell’Incarnazione con le parole di san Giovanni: venne ad abitare in mezzo a noi! Maria diventa la casa di questa abitazione di Dio in mezzo a noi. Maria è la madre di Gesù; il Figlio di Dio abita in lei, come ogni figlio nel grembo della sua mamma. Se la Chiesa è il popolo nel quale Dio ha posto la sua dimora, allora ci sono stati nove mesi durante i quali la Chiesa è stata soltanto Maria. Lei sola, per quei nove mesi è stata la Chiesa. Il Signore Gesù, però, non ha voluto abitare soltanto in lei. Ha voluto stare con noi e non soltanto per quegli anni che visse in Galilea e in Giudea, ma per tutti i giorni, sino alla fine dei tempi. Io sono con voi! Quando san Giovanni Crisostomo commentava questa frase del vangelo: il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14) diceva ai fedeli: «Voglio chiedere a tutti voi un favore. Non rifiutate la mia richiesta, perché non vi chiedo nulla di pesante e spiacevole. Che cos’è dunque ciò che vi chiedo? Che ciascuno di voi, prima della domenica, o anche prima del sabato, standosene seduto a casa, prenda in mano i versetti che dovranno essere letti in chiesa e li rilegga più volte e ne consideri ripetutamente e con attenzione il contenuto» (Omelie sul vangelo di Giovanni, XI, 1). Dio abita i mezzo a noi! Sant’Agostino, per parte sua, invitava i fedeli a gioire e a cantare: «Inneggiate con la lingua, perché egli è carne in mezzo a voi; ma poiché il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi, il suono della voce renda omaggio alla carne, e lo sguardo della mente a Dio. Inneggiate con intelligenza, e rendetevi conto che il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi» (Commento al vangelo di Giovanni, XIII, 3).

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Questa parola, che si è verificata in Maria può verificarsi in ciascuno di noi. Osservate la mia parola: è un comando? È una legge? No. Tutto è subordinato all’amore. Origene, uno dei primi e più grandi teologi cristiani, interpretava questi versetti come un banchetto dove l’amore occupa il posto principale (cf. Comm. al Cantico I, 11). Osservare i comandamenti, alla fin fine, è amare Gesù e scegliere di somigliarli, di vivere come lui. La morale cristiana, infatti, non ci presenta leggi, che stanno di fronte a noi come le leggi dello Stato; ci chiede, piuttosto, di agire da amati che rispondono all’amore. Questo, certo, non ci rende le cose più facili. Chi mai ha pensato che rispondere all’amore ed amare siano cose facili? Tuttavia proprio, anzi soltanto questo può riempirci il cuore, donarci forza e aprici alla speranza.

Basilica papale di Santa Maria Maggiore, 22 maggio 2022

Marcello Card. Semeraro