Siate cristiani! Siate cristiani!
Omelia nel 60mo anniversario della visita di Paolo VI ad Aprilia
Questo incontro attorno alla Mensa del Signore è per me motivo di intima gioia. Per il luogo, certo, che mi riporta a tante altre occasioni negli anni del mio episcopato nella Chiesa di Albano, a cominciare dalla Domenica 28 novembre 2004 quando, dopo avere iniziato la sera prima nella Cattedrale la mia missione, giunsi qui al mattino per celebrare la Santa Messa in questa Parrocchia. C’è, poi, l’occasione per la quale sono tornato ad Aprilia ed è il ricordo dei sessant’anni dalla visita a questa Città del Papa san Paolo VI, il 23 agosto 1964: evento che è stato commemorato poco fa nella Sala Comunale e per il quale il carissimo mons. Franco Marando, vostro Parroco e Vicario Generale della Diocesi, mi ha invitato. Ritrovatici ora qui per celebrare l’Eucaristia, possiamo ancora ricordare quel santo Pontefice che, come ho già avuto modo di dire, ha tanto amato la nostra Diocesi e possiamo ben farlo, anche perché oggi sarebbe stato il suo compleanno.
Egli nacque infatti il 26 settembre 1897 a Concesio, in provincia di Brescia. In una lettera scritta ai Genitori per ringraziarli degli auguri inviatigli in questa ricorrenza, si legge: «ricevo la lettera della Mamma con gli auguri … li tengo come la vostra benedizione per il cammino della mia vita, che se ne va sempre più allontanando col crescere degli anni dal momento che da voi Papà e Mamma la ebbi, vuole però sempre più avvicinarsi a quello scopo, a quel termine per cui la ebbi, e ritrovare così in Dio, nella speranza o nel possesso, un comune centro di riunione e di vita» (Lettera da Varsavia del 26 sett. 1923, in «Lettere ai Familiari», I, Brescia 1986, pp. 262-263). Riflettiamo qualche momento, carissimi, su queste parole tanto intime, tanto personali, tanto significative sia per l’animo di chi scriveva, sia per noi che le risentiamo. In esse, infatti, Ci sono, valori umani e cristiani di grande importanza.
C’è subito l’animo filiale, grato e riconoscente, verso i genitori per il dono della vita. Montini ricorda che la vita non è qualcosa che si «ha», ossia un possesso di cui faccio ciò che mi pare, bensì un dono che si riceve e perciò si accoglie, si custodisce, si rispetta. C’è ancora questo senso della vita? Le cronache quotidiane non ci aiutano, purtroppo, a dare una risposta del tutto positiva. Già anni or sono, Viktor E. Frankl, il fondatore della logoterapia e dell’analisi esistenziale, osservava che oggi tutto è momentaneo e frammentato, privo di senso. In questa situazione, scriveva, «al giorno di oggi un numero sempre maggiore di individui dispone di risorse per vivere, ma non di un significato per cui vivere» (cf. Un significato per l’esistenza. Psicoterapia e umanismo, Città Nuova Editrice, Roma 1990, pp. 73–74). Emerge così una questione educativa; compare l’esigenza di una maggiore responsabilità soprattutto nel mondo di chi è adulto e lo è in senso morale, sociale e politico.
Ai suoi Genitori G.B. Montini è grato per il dono della vita e questa vita egli l’intende non come un semplice dato di fatto, ma come un qualcosa che cresce, che ha un fine, un orientamento: uno «scopo», scrive e questo egli lo indica in Dio. Sì, la vita è un dono ed è, in definitiva, un dono di Dio: ci giunge dai genitori, ma il dono è di Dio. La preghiera del mattino appresa dalla mia Mamma comincia così: Ti adoro, mio Dio e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte… Iniziare la giornata con un «grazie»! Papa Francesco ha detto una volta che la parola «grazie» è, insieme con «permesso» e «scusa», come la porta d’ingresso sulla vita della famiglia. «Dobbiamo diventare intransigenti sull’educazione alla gratitudine, alla riconoscenza – ha proseguito – perché la dignità della persona e la giustizia sociale passano entrambe da qui. Se la vita famigliare trascura questo stile, anche la vita sociale lo perderà» (Catechesi del 13 maggio 2015).
Qui, poi, si tratta di Dio: Ti ringrazio di avermi creato… Noi non siamo semplicemente una delle tante opere delle mani di Dio. Siamo di più; siamo un progetto, siamo un sogno, siamo una speranza di Dio. Nella esortazione apostolica Christifideles laici (1988) san Giovanni Paolo II ha lasciato scritto che «Dio dall’eternità ha pensato a noi e ci ha amato come persone uniche e irripetibili…» (n. 58). Pensate a cosa significano queste parole! Vuol dire che se io verrò meno al sogno di Dio, Egli non avrà mai più un altro come me… Quale delusione, quale dolore per il Signore!
Ecco, carissimi, qualcosa di ciò che mi è passato nel cuore, rileggendo le parole che, ricordando il suo compleanno, Montini scrisse ai suoi genitori. E, intanto, cosa abbiamo ascoltato dal racconto del vangelo? Sentito ciò che si diceva di Gesù, Erode dice tra sé e sé: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?» (Lc 9,9). Noi sappiamo perché e come Erode ha fatto uccidere Giovanni il battista: affascinato, nel contesto di un banchetto, dalla bellezza di una ragazza prese un impegno… ! Ma è questo, la vita? È storia anche di oggi. C’è poi la sua curiosità su Gesù: chi è, costui? Questo interrogativo gli rimarrà sino al momento della passione del Signore. Erode è il tipo di chi nella vita non riesce mai a decidersi e cerca, come suole dirsi, di salvare «capre e cavoli». Nell’antico dilemma la cosa si risolve; la vita, però, è ben altro. In costoro ne vien fuori una vita incapace di proiettarsi oltre, che rimane prigioniera del momento e non trova mai il senso, il significato, il valore… i valori.
Vi ripeto, allora, le parole che Paolo VI disse sessant’anni or sono qui ad Aprilia; sono riportate nelle pagine del libro che il caro don Franco Marando ha voluto pubblicare e con esse concludo: «Siate cristiani! Siate cristiani! … La vita cristiana, proprio come una luce che si accende sopra il panorama della nostra scena presente, dà senso alle cose di questo mondo, dà valore alle vostre fatiche, alle vostre speranze, al vostro dolore, al vostro amore, alla vita umana … Significa accorgersi e sapere che siamo stati amati da Dio. Che c’è qualcuno in cielo che ci vuol bene, che c’è una Provvidenza sopra di noi, che c’è l’amore del Padre che ci guarda, c’è una tenerezza infinita distesa sopra di noi. Che questo Amore si è fatto fratello nostro, è diventato il Cristo, è diventato Gesù». Amen.
Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo e Santa Maria Goretti, Aprilia (LT), 26 settembre 2024
Marcello Card. Semeraro