Solo chi è povero è capace di donare
Omelia nel dies natalis della beata Carmen del Niño Jesús González Ramos
Trovandomi a Siviglia per la beatificazione, celebrata ieri, del sacerdote José Torres Padilla, ho potuto accogliere il vostro invito a celebrare la Santa Eucaristia e ricordare con tutte voi, carissime sorelle, la beata Carmen del Niño Jesús González Ramos nella chiusura dell’Anno Giubilare celebrato per 125mo anniversario del suo transito. Se vogliamo individuare la ragione che la guidò e la spinse a fondare il vostro Istituto possiamo indicarla nel soccorso verso chi maggiormente è nel bisogno, l’aiuto verso chi da solo non è in grado di sollevarsi dalla povertà. Non è stata certamente la carità, l’unica sua virtù che anzi, nel percorso del processo per la sua beatificazione, furono segnalate pure la sua la sua totale dedizione alla crescita e al consolidamento della nuova famiglia di vita consacrata da lei progettata e la profonda umiltà che ella apprendeva dalla contemplazione di quel Niño Jesús che volle legato al suo nome religioso. Tutto questo emerse giorno dopo giorno specialmente dopo l’avvio di una nuova forma di vita consacrata, che volle sempre ravvivata dal fuoco d’amore dei Cuori di Gesù e di Maria. La sua carità, tuttavia, fu come un fiume sotterraneo che irrorava la sua vita prima ancora che poi si mostrasse in opere forti.
Voi sapete bene che la vita terrena della nostra Beata non è stata davvero facile, dalla prima giovinezza sino al termine del cammino: nella famiglia, nella condizione matrimoniale e poi vedovile e pure nella famiglia religiosa da lei fondata. Nel rileggere la sua storia preparandomi a questo incontro di preghiera, mi tornava alla memoria ciò che dice il libro dei Proverbi: «Il cuore dell’uomo elabora progetti, ma è il Signore che rende saldi i suoi passi» (16,9). L’uomo fai suoi progetti e pure le sue scelte e sono di vario genere, talvolta buone e altre no, ma è Dio che, in ogni caso, dirige la sua vita. L’Imitazione di Cristo, della quale si dice che è il libro più letto dopo il Vangelo, sentenzia quello che è poi divenuto un proverbio: «L’uomo propone, ma chi dispone è Dio, le cui vie noi non conosciamo» (I, 19, 2). Questo si è verificato anche nella vita terrena della beata Carmen del Niño Jesús. In tutte le tappe della sua vita, però, troviamo la carità verso i più poveri e bisognosi.
Proprio così la nostra Beata ci aiuta a comprendere meglio la Parola di Dio che è stata letta in questa domenica. Da essa emergono in particolare le figure di due donne. Ciò che le unisce è la povertà e la carità. Al profeta Elia che le domanda da mangiare, la vedova di cui ci ha narrato il testo biblico (cf. 1Re 17,10-16) risponde: «non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Il profeta, però, la incoraggia a non temere e la conclusione sembra quella di una favola: «Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì». Sembra già di vedere annunciato Gesù che con cinque pani e due pesci sfamò «circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini» (Mt 14,21). L’altra donna povera è quella presentataci dal racconto del vangelo (cf. Mc 12,38-44): nel tesoro del tempio quella povera vedova «gettò due monetine, che fanno un soldo» Nella sua miseria, però, ella donò tutto quanto aveva per vivere!
Cosa ci dicono questi due racconti? Una delle tante cose è anche questa: che per valutare una persona non dobbiamo lasciarci catturare dal solo atteggiamento esteriore. Il racconto del vangelo ci ha detto che Gesù, «seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte»! Ma non è dall’esterno che occorre valutare. Almeno Dio non valuta così. «Sulla giustizia divina non si pesa la quantità dei doni», diceva san Leone magno (Sermo II. De Natali II, 1: PL 54, 143)) e un altro Papa, san Gregorio magno similmente insegnava che «agli occhi di Dio, la mano non si trova mai priva di doni, se lo scrigno del cuore è colmo di buona volontà» (Hom. in Ev. I, 5, 3: PL 76, 1094).
Un’altra cosa, per quanto paradossale possa apparire, è questa: nessuno è mai così povero da non potere donare qualcosa. Una volta Papa Francesco ha detto che «l’affamato ha bisogno non solo di un piatto di minestra, ma anche di un sorriso, di essere ascoltato e anche di una preghiera, magari fatta insieme. Il Vangelo di oggi invita tutti noi ad essere proiettati non solo verso le urgenze dei fratelli più poveri, ma soprattutto ad essere attenti alla loro necessità di vicinanza fraterna, di senso della vita, di tenerezza» (Angelus del 4 novembre 2018).
Giorni fa, appena uscito da casa per recarmi al Dicastero delle Cause dei Santi, dove svolgo il mio ministero, mi ha fermato un signore che mi ha detto: «Io sono povero, ma non le domando soldi. Sono orfano e le chiedo una cosa sola: questa sera, alle 20, 30 dica una Ave Maria per la mia mamma». Sono rimasto senza parole: non mi ha detto il perché ed è subito andato via. Ho avuto appena il tempo di stringergli la mano e promettergli che l’avrei fatto. Sono rimasto pensoso: in realtà era stato lui a donarmi qualcosa! I due racconti della Liturgia della Parola forse vogliono dirci anche questo: che i poveri sono le uniche persone capaci di donare per davvero.
Voi, carissime sorelle, avete la testimonianza della vostra Fondatrice. I santi ci sono non soltanto per essere invocati e onorati, ma anzitutto per essere imitati. Un’altra volta, in occasione della solennità di tutti i santi ancora Papa Francesco ha detto che «imitare i loro gesti d’amore e di misericordia è un po’ come perpetuare la loro presenza in questo mondo. E in effetti quei gesti evangelici sono gli unici che resistono alla distruzione della morte: un atto di tenerezza, un aiuto generoso, un tempo passato ad ascoltare, una visita, una parola buona, un sorriso...» (Angelus del 1 novembre 2015). Vogliate festeggiare anche così il 150mo anniversario del dies natalis della vostra Fondatrice.
Antequera (Spagna), 10 novembre 2024
Marcello Card. Semeraro
__________
Encontrándome en Sevilla con motivo de la beatificación, celebrada ayer, del sacerdote José Torres Padilla, he podido aceptar vuestra invitación para celebrar la Sagrada Eucaristía y recordar con todas vosotras, queridas hermanas, a la Beata Carmen del Niño Jesús González Ramos en la clausura del Año Jubilar celebrado por el 125 aniversario de su tránsito. Si queremos identificar la razón que la guió y la llevó a fundar vuestro Instituto podemos señalar el socorro hacia los más necesitados, la ayuda hacia aquellos que por sí solos son incapaces de salir de la pobreza. Ciertamente, la caridad no fue su única virtud; por el contrario, durante el proceso para su beatificación, también se destacó su total dedicación al crecimiento y consolidación de la nueva familia de vida consagrada que ella había proyectado y la profunda humildad que aprendió al contemplar a ese Niño Jesús que quiso vincular a su nombre religioso. Todo esto surgía día tras día, sobre todo tras el inicio de una nueva forma de vida consagrada, que ella siempre quiso vivificada por el fuego del amor de los Corazones de Jesús y de María. Su caridad, sin embargo, era como un río subterráneo que regaba su vida incluso antes de manifestarse en obras fuertes.
Sabéis muy bien que la vida terrena de nuestra Beata no fue fácil, desde su primera juventud hasta el final de su camino: en la familia, en el estado matrimonial y luego viudo, e incluso en la familia religiosa que fundó. Al releer su historia para preparar este encuentro de oración, recordé lo que dice el Libro de los Proverbios: «El corazón del hombre hace sus planes, pero es el Señor quien hace firmes sus pasos» (16,9). El hombre hace sus planes y también sus opciones y éstas son de diversa índole, a veces buenas y a veces no, pero es Dios quien, en cada caso, dirige su vida. La Imitación de Cristo, del que se dice que es el libro más leído después del Evangelio, afirma lo que se ha convertido en un proverbio: «El hombre propone, pero es Dios quienen dispone,cuyos caminos no conocemos» (I, 19, 2). Así fue también en la vida terrena de la Beata Carmen del Niño Jesús. En todas las etapas de su vida, sin embargo, encontramos la caridad hacia los más pobres y necesitados.
Es precisamente así como nuestra Beata nos ayuda a comprender mejor la Palabra de Dios que se ha leído en este domingo. De ella surgen las figuras de dos mujeres en particular. Lo que las une es la pobreza y la caridad. Al profeta Elías que le pide comida, la viuda de la que nos habla el texto bíblico (cf. 1Re 17,10-16) responde: «No tengo nada cocido, sino sólo un puñado de harina en la tinaja y un poco de aceite en el cántaro; ahora recogeré dos trozos de leña, después iré a prepararlo para mí y para mi hijo: lo comeremos y después moriremos». El profeta, sin embargo, la anima a no temer, y la conclusión parece la de una fábula: «Ella fue e hizo lo que Elías le había dicho; luego comieron ella, él y su casa durante varios días. La harina del cántaro no faltó y el cántaro de aceite no disminuyó». Ya nos parece ver anunciado Jesús que con cinco panes y dos peces alimentó «a unos cinco mil hombres, sin contar las mujeres y los niños» (Mt 14,21). La otra pobre mujer es la que nos presenta el relato evangélico (cf. Mc 12,38-44): en el tesoro del templo, la pobre viuda «echó dos monedas, que hacen un céntimo» ¡En su miseria, sin embargo, dio todo lo que tenía para vivir!
¿Qué nos dicen estas dos historias? Una de las muchas cosas es también ésta: que, para evaluar a una persona, no debemos dejarnos capturar sólo por las actitudes externas. El relato evangélico nos dice que Jesús, «sentado delante del tesoro, miraba cómo la gente echaba monedas en él. ¡Muchos ricos echaban muchas»! Pero no es desde fuera desde donde hay que evaluar. Al menos Dios no evalúa así. «La cantidad de dones no se sopesa con la justicia divina», decía San León Magno (Sermo II. De Natali II, 1: PL 54, 143)) y otro Papa, San Gregorio Magno enseñaba de forma similar que “a los ojos de Dios, nunca falta la mano en los dones, si el cofre del corazón está lleno de buena voluntad” (Hom. in Ev. I, 5, 3: PL 76, 1094).
Otra cosa, por paradójica que parezca, es ésta: nadie es nunca tan pobre que no pueda dar algo. El Papa Francisco dijo una vez que «la persona hambrienta necesita no sólo un plato de sopa, sino también una sonrisa, ser escuchada, e incluso una oración, tal vez hecha juntos». El Evangelio de hoy nos invita a todos a proyectarnos no sólo hacia las urgencias de nuestros hermanos más pobres, sino sobre todo a estar atentos a su necesidad de cercanía fraterna, de sentido de la vida, de ternura» (Ángelus del 4 de noviembre de 2018).
Hace unos días, cuando salía de casa para ir al Dicasterio para las Causas de los Santos, donde ejerzo mi ministerio, me paró un señor que me dijo: 'Soy pobre, pero no le pido dinero. Soy huérfano y sólo le pido una cosa: esta noche, a las 20.30, rece un Ave María por mi madre». Me quedé sin palabras: no me dijo por qué y se marchó inmediatamente. Apenas tuve tiempo de estrecharle la mano y prometerle que lo haría. Me quedé pensativo: ¡realmente me había dado algo! Los dos relatos de la Liturgia de la Palabra quizá también quieran decirnos esto: que los pobres son los únicos capaces de dar de verdad.
Vosotras, queridas hermanas, tenéis el testimonio de vuestra Fundadora. Los santos no están sólo para ser invocados y honrados, sino ante todo para ser imitados. En otra ocasión, en la solemnidad de Todos los Santos, el Papa Francisco volvió a decir que «imitar sus gestos de amor y misericordia es un poco como perpetuar su presencia en este mundo». Y, en efecto, esos gestos evangélicos son los únicos que resisten a la destrucción de la muerte: un acto de ternura, una ayuda generosa, un rato de escucha, una visita, una buena palabra, una sonrisa...» (Ángelus del 1 de noviembre de 2015). Celebrad también así el 150 aniversario del dies natalis de vuestra Fundadora.