Omelia nel Santuario Santa Maria di Canneto

 

La Madonna del Sorriso

Omelia nella novena di preparazione della Natività della Beata Vergine Maria

 

Anticipandomi la storia di questo antico Santuario mariano, il vostro Vescovo – che ringrazio di cuore per l’invito e che fraternamente abbraccio – mi ha segnalato un titolo con il quale voi qui invocate la Santa Madre di Dio: quello di Madonna del sorriso. In effetti è proprio questo l’atteggiamento della Vergine nella bella statua che ispira la vostra devozione, come pure sorridente è il volto del Santo Bambino che ha sulle ginocchia. Permettete, allora, che proprio su questo vi offra un primo spunto di riflessione e di meditazione, se non altro perché il sorriso è un primordiale gesto umano, che sulla terra ci differenzia da tutte le altre creature. È noto il verso virgiliano, che dice: Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem, «comincia, o piccolo neonato, a riconoscere la tua madre dal sorriso/con un sorriso» (Bucoliche IV, 66). È un verso ricchissimo di valori umani: il sorriso è, fin dalla più tenera età, all’inizio del processo di riconoscimento umano e delle dinamiche relazionali e questo a partire dal rispecchiarsi reciproco dei volti di una mamma e di un figlio. Nell’atto del sorridere la madre rende riconoscibile al bambino non solo se stessa, ma la propria vita; il bambino, a sua volta, sorridendo alla madre inizia il lungo cammino della conquista di sé nel corso della propria esistenza.

Il sorriso assume, così, la sua propria caratteristica: gesto di accoglienza, di apertura, di riconoscimento. È così che si vive. Se uno rende la propria vita chiusura su di sé e isolamento, inimicizia e rivalità allora la svilisce e la distrugge. Sorridere e sorridersi vuol dire riconoscersi, accogliersi, volersi bene ed è questa, certamente, la relazione che voi qui, con la vostra devozione, stabilite con la Vergine Maria. Ella non sorride solo al suo Figlio, ma a tutti voi, a tutti noi che la guardiamo e ci dice un’altra cosa: figlia, figlio, non ti voglio bene soltanto io, ma ti vuole bene anche il mio figlio Gesù il quale, come dice un antico autore, «è il sorriso per tutti gli uomini santi e il gaudio di tutti gli angeli» (Ruperto di Deutz, La glorificazione della Trinità IV, 22: PL 169, 95).

Queste considerazioni ci aiutano a comprendere meglio il racconto del Vangelo, che è stato proclamato: l’angelo appare in sogno a Giuseppe e gli dice: Non temere (Mt 1,20). La maternità che egli aveva scoperto in Maria, sua sposa, aveva scompaginato tutti i suoi progetti. Non è facile spiegare questa situazione. Abitualmente si pensa che Giuseppe fosse rimasto gravemente perplesso davanti a una maternità che, avvenuta fuori della convivenza legale, esponeva Maria ad una condanna. C’è pure chi spiega il timore di Giuseppe come una intuizione del mistero che si era compiuto in Maria sì da non volere interferire nel piano di Dio. Di cosa ha paura Giuseppe? Dell’adulterio della sua sposa, oppure della sua santità, di una santità che lo escludeva e lo metteva da parte? Lasciamo agli esegeti la risposta. Noi, invece, contempliamo il sorriso di Dio per questo «uomo giusto»; di Dio che gli dice: «non ti sto mettendo da parte, ma ti sto affidando una missione più grande: prendi pure con te Maria, la tua sposa». Non vi nascondo che io ho sempre preferito questa spiegazione.

L’esortazione a non temere ricorre altre volte nel Vangelo. L’angelo lo dice a Zaccaria, il padre del Battista (cf. Lc 1,13); Gesù lo dice a Simone (cf. Lc 5,10). Anche a Maria l’angelo Gabriele dice: Non temere (Lc 1,30). Il timore di Maria era quello di chi si trova davanti ad una svolta fondamentale della vita sicché il non temere dell’Angelo è per lei una chiamata a non lasciarsi bloccare, ma piuttosto affascinare dal nuovo, che Dio le sta aprendo. Così anche a Maria Gabriele sta comunicando il sorriso di Dio. Le dice subito, infatti: «Hai trovato grazia presso Dio». E Maria cosa fa? Si apre al dialogo con Dio e dichiara: «Avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Maria si apre alla volontà di Dio. Ciò che le sta a cuore, infatti, è fare la volontà di Dio.

Altre volte, nella Bibbia, ricorre questa esortazione a non temere. Il profeta Isaia, ad esempio, dice: «Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d’Israele» (Is 41, 14). Bello il commento, che ne fece Papa Francesco nell’omelia a Santa Marta del 12 dicembre 2013: «In questo modo parla il Signore. E addirittura fa come fanno i genitori, che ai loro bambini dicono cose un po’ ridicole — giocattolo mio! — e tutte queste cose. Anche Gesù dice: vermiciattolo di Giacobbe, tu sei come un vermiciattolo per me, sei una cosa piccolina ... ma ti amo tanto. Questo è il linguaggio del Signore: un linguaggio d’amore, di padre, di madre». Riflettiamoci anche noi, magari oggi mentre siamo insieme sotto lo sguardo della Madonna del sorriso! Dio si prende cura di un «vermiciattolo». Egli non si cura delle cose grandi. Queste bastano a se stesse, si accreditano da sé. La Vergine Maria, però, ci assicura che le cose grandi Dio non solo non le ha considerate, ma le ha abbassate. Ciò che è piccolo, invece, lo ha innalzato: «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1, 52).

C’è un’altra volta in cui nel Vangelo ricorre l’esortazione a non avere paura ed è quello che dice l’Angelo del Signore alle due Marie che erano andate al sepolcro di Gesù ormai vuoto (cf. Mt 28,5). Non abbiate paura, voi, dice loro: se le guardie, custodi della morte, sono tramortite dal sorgere della vita che scuote la terra come il grembo di una partoriente, voi, invece, rallegratevi perché è giunta la Redenzione. Si rinnova così la storia della prima Maria – la Madre del Signore – cui lo stesso Angelo aveva detto: «Rallegrati, non temere» (cf. Lc 1,28-30). Come non risentire, allora, queste altre parole di Papa Francesco all’inizio dell’esortazione Evangelii gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».

Tutto questo, che è accaduto a Giuseppe, alla Vergine Madre, alle due Marie accade pure per noi, nella vita della Chiesa. A tutti i suoi discepoli Gesù dice: «Non temere, piccolo gregge…» (Lc 12,32). Siamone certi, sorelle e fratelli carissimi. Ho letto la preghiera alla Madonna del sorriso, che dice: «Sono venuto qui, al tuo santuario di Canneto, per chiederti un dono: la gioia del tuo sorriso!» È una preghiera davvero molto bella. La porterò come ricordo di questo nostro incontro e la ripeterò spesso privatamente. È una preghiera che domanda un sorriso di Grazia, un sorriso di luce, un sorriso d’amore e conclude: «O Madre mia, concedimi il tuo sorriso perché possa donarlo a tutti, sempre e dovunque! Concedi che la mia presenza porti a tutti gioia e consolazione! Nell’ora della morte vieni, Madre mia, per accogliermi con il tuo sorriso e portarmi con Te in Paradiso». Amen.

 

Santuario Diocesano Santa Maria di Canneto – Roccavivara (CB), 7 settembre 2024

 

Marcello Card. Semeraro