Omelia nella beatificazione dei martiri redentoristi di Madrid

 

Non temo il male, perché tu sei con me

Omelia nella beatificazione dei martiri redentoristi di Madrid

 

Nel Prefazio dei Santi Martiri la Chiesa loda il Signore così: «Tu riveli nei deboli la tua potenza e doni agli inermi la forza del martirio». È la lode che oggi noi ripetiamo in occasione della beatificazione di questi martiri uccisi nel 1936, ossia durante la persecuzione anticristiana che afflisse la Spagna negli anni della guerra civile. Accadde proprio qui a Madrid, dove la lotta contro la Chiesa fu particolarmente cruenta. La vicenda del Servo di Dio Vicente Renuncio Toribio e degli altri 11 religiosi redentoristi, oggi proclamati Beati, è stata rievocata all’inizio di questa Liturgia. A loro possono bene applicarsi le parole dell’Apostolo, che abbiamo ascoltato nella prima lettura: «Tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,8-10).

San Paolo – quasi presentandoci, con queste parole, la sua personale condizione di testimone di Cristo – mette, per un aspetto, in luce la nostra condizione di fragilità, poiché siamo come vasi di creta. D’altra parte rivela il segreto della testimonianza cristiana, poiché dice che quel fragile vaso custodisce un tesoro, ossia la forza della vita di Cristo, che abita in noi. La vita del Crocifisso-Risorto è nel cristiano. È questo il punto centrale del testo paolino ed è questo pure l’annuncio che noi oggi intendiamo raccogliere dall’evento martiriale, di cui facciamo memoria è lì che si trova la forza interiore della testimonianza dei nostri Beati. Uno di loro, per motivare la sua quotidiana celebrazione della Santa Messa a chi, per proteggerlo dalla persecuzione, cercava di scoraggiarlo, usava ripetere: «Se mi catturano dirò chiaramente che sono un sacerdote e un Redentorista: e se mi uccidono per questo, che grande onore» (A. Girón González: Summ. Doc. Doc. 6).

Ed ora, carissimi, volgiamo la nostra attenzione alle parole di Gesù, che ci sono state trasmesse con la proclamazione del Santo Vangelo (cf. Mt 10,26-33). C’è in esse una esortazione, che è pure un incoraggiamento: Non abbiate paura! Altre due volte, sempre nel racconto dell’evangelista Matteo, troviamo simile esortazione. Così, ai discepoli impauriti dalle onde che sommergevano la barca, Gesù disse: «“Perché avete paura, gente di poca fede?”. Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia» (8,26). E quando, sconvolti, vedendolo  camminare sul mare dicevano: «È un fantasma!» e gridavano dalla paura, subito parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (14,26-27). Ed ora abbiamo sentito ancora la sua parola: Non temete! Per tre volte è stata ripetuta: Non abbiate paura! Non temete!

Perché tutto questo? Forse perché dobbiamo essere ardimentosi? Oppure perché dobbiamo allenarci e così diventare forti? Nient’affatto. Piuttosto, perché vogliamo essere fedeli discepoli di Gesù. Immediatamente prima delle parole che abbiamo oggi ascoltato dal racconto evangelico, Gesù aveva detto ai suoi discepoli: «È sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro» (Mt 10,25). Praticamente diceva loro: se voi siete come me, allora non dovete avere paura! Vincerete la morte proprio come me! Anche in voi, quel che è morte diventa vita. Per questo non dovete avere paura: non dovete averne a motivo della mia intimità con voi.

«Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Questa, che è la parola che chiude tutto il vangelo secondo Matteo, è pure il cuore della pagina oggi proclamata. Questa medesima convinzione noi possiamo ritrovarla nelle parole di uno dei nostri martiri: «Non possono farci nulla se siamo fedeli a Dio...» (J. J. Erviti Insausti: Summ. Doc. Doc. 101). In queste parole, colme di confidenza e di fiducia, troviamo anche l’altra ragione per la quale il discepolo non deve lasciarsi sopraffare dalla paura ed è la certezza della provvidenza del Padre, che si manifesta persino verso i passerotti e verso i capelli del capo.

Gli esempi sono significativi: il valore commerciale di due passeri era davvero molto esiguo e vuole dirci che nulla di noi è insignificante per il Padre del cielo. Altra volta Gesù aveva detto: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?» (Mt 6,26). Ugualmente si dirà per l’esagerazione circa i capelli del capo. Se li abbiamo in capo, sappiamo quanti sono? E quando li perdiamo, ce ne accorgiamo? Giovanni Crisostomo commentava così: «Dio vi ama meglio e più ancora di un padre, e vi ama tanto da contare perfino i capelli! Dunque non si deve avere paura» (In Matth. Hom. 34, 2: PG 57, 401). Ed è proprio questo che intendiamo raccogliere dalla beatificazione di questi martiri: il messaggio della fiducia totale in Dio. Fiducia nell’amore del Padre; fiducia nell’intimità di Gesù crocifisso e risorto con noi.

Ancora San Giovanni Crisostomo, commentando la pagina di vangelo che abbiamo ascoltato, osservava che Gesù non mette i suoi discepoli al riparo dai rischi e dalle sventure, ma si mette sempre accanto a loro per confortarli e incoraggiarli (cf. In Matth. Hom. 34, 1: PG 57, 397). La fede radicale in Dio, che è nostro Padre, e la solidarietà assoluta con il suo Figlio Gesù Cristo: sono queste le coordinate che, sole, possono orientarci, anche quando ci troviamo nel mezzo delle paure e dei ricatti umani.

Certo, nonostante questo l’uccellino cade per terra e il discepolo viene messo a morte. Questo scandalo, che durerà sino alla fine della storia, può essere superato da noi soltanto con la certezza di fede, che un Salmo esprime con queste parole: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (Sl 23[22],4).

È questa la nostra fede. «Non temerò il male – spiega sant’Agostino –, perché tu, Signore Gesù, grazie alla fede abiti nel mio cuore e ora sei con me, affinché, dopo l’ombra della morte, sia anch’io con te per sempre» (cf. Enarr. in Ps. XXII, 4: PL 36, 182). Non temo alcun male, Signore Gesù, perché tu sei con me. Amen.

 

Madrid, Catedral de Santa María la Real de la Almudena, 22 ottobre 2022

 

Marcello Card. Semeraro

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Non temo el mal, porque tú estás conmigo

Homilía durante la beatificación de los mártires redentoristas de Madrid

 

En el Prefacio de los Santos Mártires, la Iglesia alaba así al Señor: «Tú das firmeza en la perseverancia y concedes la victoria en el combate». Esta es la alabanza que repetimos hoy con motivo de la beatificación de estos mártires asesinados en 1936, durante la persecución anticristiana que afligió a España en los años de la guerra civil. Sucedió aquí mismo, en Madrid, donde la lucha contra la Iglesia fue especialmente sangrienta. La historia del Siervo de Dios Vicente Renuncio Toribio y de los otros once religiosos redentoristas, hoy proclamados Beatos, fue recordada al comienzo de esta Liturgia. Las palabras del Apóstol, que hemos escuchado en la primera lectura, bien pueden aplicarse a ellos: «Atribulados en todo, mas no aplastados; apurados, mas no desesperados; perseguidos, pero no abandonados; derribados, mas no aniquilados, llevando siempre y en todas partes en el cuerpo la muerte de Jesús, para que también la vida de Jesús se manifieste en nuestro cuerpo» (2Cor 4,8-10).

San Pablo -como si nos presentara con estas palabras su condición personal de testigo de Cristo- pone de relieve, por un lado, nuestra condición de fragilidad, pues somos como vasos de barro. Por otra parte, revela el secreto del testimonio cristiano, pues dice que ese frágil recipiente contiene un tesoro, a saber, el poder de la vida de Cristo, que habita en nosotros. La vida del Crucificado-Resucitado está en el cristiano. Éste es el punto central del texto paulino, y éste es también el anuncio que pretendemos retomar hoy del acontecimiento del martirio que conmemoramos, y es allí donde se encuentra la fuerza interior del testimonio de nuestros Beatos. Uno de ellos, para motivar su celebración diaria de la Santa Misa, a los que intentaban desanimarlo para protegerlo de la persecución, solía repetir: «Si me cogen diré claramente que soy sacerdote y Redentorista: y si me matan por eso, qué gran honra» (A. Girón González: Summ. Doc. Doc. 6).

Y ahora, queridos hermanos, dirijamos nuestra atención a las palabras de Jesús, que nos han sido transmitidas a través del anuncio del Santo Evangelio (cf. Mt 10,26-33). Hay en ellas una exhortación, que es también un estímulo: ¡No tengáis miedo! Dos veces más, de nuevo en el relato del evangelista Mateo, encontramos una exhortación similar. Así, a los discípulos asustados por las olas que inundaban la barca, Jesús les dijo: «“¿Por qué tenéis miedo, hombres de poca fe?”. Se puso en pie, increpó a los vientos y al mar y vino una gran calma» (8,26). Y cuando, asombrados, al verle caminar sobre el mar dijeron: «¡Es un fantasma!» y gritaron de miedo, enseguida les habló diciendo: «¡Ánimo, soy yo, no tengáis miedo!» (14,26-27). Y ahora oímos de nuevo su palabra: ¡No tengáis miedo! ¡No temáis!

¿Por qué todo esto? ¿Tal vez porque tenemos que ser atrevidos? ¿O porque necesitamos entrenar y así fortalecernos? En absoluto. Más bien, porque queremos ser discípulos fieles de Jesús. Inmediatamente antes de las palabras que hemos escuchado hoy del relato evangélico, Jesús había dicho a sus discípulos: «le basta al discípulo con ser como su maestro» (Mt 10,25). Básicamente les decía: ¡si sois como yo, no tenéis que tener miedo! ¡Venceréis a la muerte igual que yo! Incluso en vosotros, lo que es muerte se convierte en vida. Por eso, no debéis tener miedo: no debéis temer  porque sois íntimos míos.

«Y sabed que yo estoy con vosotros todos los días, hasta el final de los tiempos» (Mt 28,20). Ésta, que es la palabra que cierra todo el evangelio según Mateo, es también el corazón del fragmento proclamado hoy. Podemos encontrar esta misma convicción en las palabras de uno de nuestros mártires: «Nada nos podrán hacer si nosotros somos fiéles a Dios…» (J. J. Erviti Insausti: Summ. Doc. Doc. 101). En estas palabras, llenas de seguridad y confianza, encontramos también la otra razón por la que el discípulo no debe dejarse vencer por el miedo, y es la certeza de la providencia del Padre, que se manifiesta hasta en los pajarillos y en los cabellos de la cabeza.

Los ejemplos son significativos: el valor comercial de dos pájaros era muy pequeño y pretende decirnos que nada de nosotros es insignificante para nuestro Padre del cielo. En otra ocasión, había dicho: «Mirad los pájaros del cielo: no siembran ni siegan, ni almacenan y, sin embargo,, vuestro Padre celestial los alimenta. ¿No valéis vosotros más que ellos?» (Mt 6,26). Lo mismo se dirá de la exageración sobre los cabellos de la cabeza. Si aún los tenemos en la cabeza, ¿sabemos cuántos hay? Y cuando los perdemos, ¿nos damos cuenta? Juan Crisóstomo comentaba así: "Dios os quiere más y mejor que un padre, y os quiere tanto que hasta cuenta los cabellos. Por lo tanto, no debéis tener miedo" (In Matth. Hom. 34, 2: PG 57, 401). Y es precisamente esto lo que pretendemos sacar de la beatificación de estos mártires: el mensaje de la confianza total en Dios.

Confianza en el amor del Padre; confianza en la intimidad de Jesús crucificado y resucitado con nosotros. También San Juan Crisóstomo, comentando la página evangélica que hemos escuchado, comentó que Jesús no protege a sus discípulos de los riesgos y las desgracias, sino que se pone siempre a su lado para consolarlos y animarlos (cf. In Matth. Hom. 34, 1: PG 57, 397). La fe radical en Dios, que es nuestro Padre, y la solidaridad absoluta con su Hijo Jesucristo: éstas son las coordenadas que, por sí solas, pueden guiarnos, incluso cuando nos encontramos en medio de los miedos y chantajes humanos.

Por supuesto, a pesar de esto, el pájaro cae al suelo y el discípulo es condenado a muerte. Este escándalo, que durará hasta el final de la historia, sólo podemos superarlo con la certeza de la fe, que un salmo expresa con estas palabras: «Aunque camine por cañadas oscuras, nada temo, porque tú vas conmigo» (Sl 23[22],4).

Esta es nuestra fe. «No temeré ningún mal -explica San Agustín-, porque tú, Señor Jesús, por la fe habitas en mi corazón y ahora estás conmigo, para que, después de la sombra de la muerte, también yo esté contigo para siempre» (cf. Enarr. in Ps. XXII, 4: PL 36, 182). No temo ningún mal, Señor Jesús, porque tú estás conmigo. Amén.