Coniugare contemplazione e azione
Omelia nella beatificazione di Giovanni Merlini
La Chiesa celebra oggi la festa del Battesimo del Signore, «in cui egli mirabilmente è dichiarato Figlio di Dio, l’amato, le acque sono santificate, l’uomo è purificato e tutto il creato esulta»: sono le parole con le quali il Martirologio Romano descrive questa Domenica che chiude il tempo natalizio. Oggi il Signore si mostra a noi non con opere e parole, con miracoli e parabole, ma con un gesto pieno di silenzio che però è il più eloquente fra tutti: la preghiera! Come abbiamo appena ascoltato durante la proclamazione del vangelo, mentre tutto il popolo veniva battezzato Gesù, una volta ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera (cf. Lc 3,21).
Dai racconti evangelici e specialmente dal vangelo secondo Luca sappiamo che per Gesù la preghiera è un atteggiamento abituale, il luogo privilegiato in cui egli vive il mistero della sua persona e della sua missione, lo spazio vitale in cui colloca le sue relazioni con il Padre e con i discepoli. Il Padre suo Gesù lo prega sempre; da ultimo nel Getsemani e sulla croce. Per i discepoli prega quando li sceglie e quando insegna loro a pregare… Tutto questo ci dice che Gesù è maestro di preghiera; anzi, come leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, egli, «quando prega… già ci insegna a pregare» (n. 2607).
In questo – oggi lo riconosciamo con gioia – il beato Giovanni Merlini è stato suo ottimo discepolo. Le testimonianze raccolte nel Processo per la sua beatificazione e canonizzazione sono unanimi nel dirci che il Signore lo aveva arricchito del dono della preghiera: una preghiera che in lui diveniva abitualmente contemplazione. Un testimone ha dichiarato: «Gridai, domandando permesso di entrare e neppure mi rispose. Entrai nella stanza, mi appressai a lui che diceva l’Uffizio e lo trovai come estatico, senza che si avvedesse di nulla, e perciò fui costretto ad uscire dalla stanza con ammirazione senza potergli parlare. Faccio notare che il suo volto era come ridente, e bello in modo non ordinario» (Summ. §129, p. 45). Penso che del nostro beato si potrà ripetere in qualche modo ciò che riguardo a san Francesco ha scritto Tommaso da Celano e cioè che era uomo fatto preghiera (Vita seconda 61, 95: FF 682).
Egli, tuttavia, fu anche uomo di azione e di apostolato, in particolare nella predicazione missionaria (cosa per la quale era molto stimato da san Gaspare), e fu pure uomo dalle ottime capacità di governo e, soprattutto, arricchito dalla virtù della prudenza. È questa, difatti, tra le virtù cardinali quella più necessaria in chi ha responsabilità di guida: aspetto, questo, che san Tommaso d’Aquino sottolineava in particolare giacché – diceva – è prudente chi sa decidere il da farsi concretamente e sa farlo con sapienza. Del beato Giovanni Merlini i testimoni del processo per la beatificazione dicono che esercitava la virtù della prudenza in modo veramente straordinario: studiava le situazioni, consultava e interveniva in forme adatte e questo, specialmente in decisioni difficili per le persone, con carità (cf. Summ. §492-495, pp. 191-192).
Tra le testimonianze ho letto con sorpresa questa: che «il Servo di Dio congiunse insieme la vita di Marta e di Maddalena, in modo da apparire eroico sì nell’una che nell’altra» (Ibid. §924, p. 370). All’epoca (siamo nel processo ordinario svoltosi ad Albano tra il 1880 e il 1905) era abituale assimilare Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, a Maria di Magdala; non è da qui, però, la mia sorpresa; lo è piuttosto nel riconoscimento del legame fra le due tradizionali forme di vita: quella detta «contemplativa» e l’altra chiamata «attiva». C’è chi ancora oggi ne parla come forme di vita alternative, laddove sono invece complementari, anzi consequenziali. Giuliano Pomerio – un maestro spirituale del V secolo – scriveva che «con la vita attiva si progredisce e con quella contemplativa si raggiungono le vette» (La vita contemplativa XII, 1). Oggi papa Francesco insegna che «la sapienza del cuore sta proprio nel saper coniugare questi due elementi: la contemplazione e l’azione. Marta e Maria ci indicano la strada. Se vogliamo assaporare la vita con gioia, dobbiamo associare questi due atteggiamenti: da una parte, lo “stare ai piedi” di Gesù, per ascoltarlo mentre ci svela il segreto di ogni cosa; dall’altra, essere premurosi e pronti nell’ospitalità, quando Lui passa e bussa alla nostra porta, con il volto dell’amico che ha bisogno di un momento di ristoro e di fraternità» (Angelus del 21 luglio 2019). Anche questa «ospitalità», il beato Merlini l’ha praticata. «In ogni bisogno e necessità – dichiara un testimone – bastava ricorrere a lui per essere sicuri di tutta la sua premura, ed interessamento in aiutarli come se si fosse trattato di cosa sua propria, ed anche meglio» (Summ. §583, p. 228).
Sono questi, carissimi, alcuni aspetti della vita e della spiritualità del nuovo Beato che da oggi la Chiesa ci propone per la invocazione e per la imitazione. Ce n’è, però, un altro che non voglio omettere di richiamare ed è l’amicizia con cui egli è vissuto specialmente con i confratelli nella famiglia religiosa e con le persone a lui affidate per la guida e l’accompagnamento spirituale. I nomi di san Gaspare del Bufalo e di santa Maria de Mattias sono emblematici per il loro speciale legame con il beato Giovanni Merlini.
C’è un detto medievale che dice così: Ubi est charitas et dilectio, ibi est sanctorum congregatio, «dove ci si ama e ci si vuole bene, lì s’incontrano i santi». Mi viene, allora, da pensare: se è vero che i santi fanno amicizia tra loro, sarà pure vero che c’è una amicizia (quella unita alla carità), che fa i santi. Il Signore ce lo conceda, magari nel tempo opportuno di questo «anno santo», per il quale il Papa ci ha scritto pure che «abbiamo bisogno di “abbondare nella speranza” per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore; perché la fede sia gioiosa, la carità entusiasta; perché ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (Spes non confundit, n. 18). Amen.
Arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano, 12 gennaio 2025
Marcello Card. Semeraro