Saper discernere a chi consegnare tutto se stesso
Omelia nella beatificazione di Michał Rapacz, sacerdote e martire
«Bisogna che l’invocazione della misericordia di Dio scaturisca dal profondo dei cuori (…) in cerca di una fonte infallibile di speranza. Perciò veniamo oggi qui, nel Santuario di Łagiewniki, per riscoprire in Cristo il volto del Padre: di Colui che è "Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2 Cor 1, 3)».
1. Cari fratelli e sorelle, il 17 agosto 2002 San Giovanni Paolo II iniziava così la sua omelia, durante la celebrazione di dedicazione di questo santuario, che lui stesso ha definito luogo speciale scelto da Dio per spargere la grazia della sua misericordia. Da qui il messaggio di Santa Faustina Kowalska, apostola della divina misericordia, irradia speranza e consolazione sull’intera nazione polacca e su tutto il mondo. Sono quindi lieto di ritrovarmi qui insieme con voi, in questa circostanza tanto solenne.
Oggi, nel contesto della chiusura del Congresso Eucaristico, celebrazione del sacramento che è il grande dono della Divina Misericordia, la testimonianza di Michał Rapacz, sacerdote e martire, si aggiunge alla serie di santi e beati, che fin dai tempi di San Stanislao onora la Chiesa di Cracovia; la beatificazione odierna è dunque segno di consolazione da parte di Dio, in un tempo ancora ferito dalla violenza e dalla guerra in molte parti del mondo ed anche non molto lontano da qui.
2. All’uomo bisognoso di misericordia, di consolazione e di speranza Dio non solo fa una promessa, ma ripetutamente la rinnova. In Gesù Cristo, il salvatore dell’uomo, il sì di quella promessa di bene riecheggia in ogni angolo della storia umana ed invita a non avere paura. Per questo, non c’è un passo della Scrittura che meglio interpreti e commenti il brano del vangelo di Matteo che abbiamo appena ascoltato – Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no" – di quello che scrive Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi (…) non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il “sì”. Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì” (2Cor 1, 19-20).
Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia riviviamo il sì di Gesù Cristo, che per noi e per tutti ha dato la sua vita. Entriamo – per usare le parole di San Paolo, proclamate in questa liturgia - in comunione col donarsi di Gesù per noi. Per questo l’Eucaristia è il sacramento della misericordia, perché ci ricorda costantemente che Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8). Prima ancora che potessimo dimostrarci all’altezza dei suoi doni, Dio ci ha fatto dono di tutto se stesso. Si comprendono bene allora le parole di Papa Francesco, quando ha detto: L’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli, per i peccatori. È il perdono, è il viatico che ci aiuta ad andare, a camminare (Solennità del Ss. Corpo e Sangue del Signore, 4 giugno 2015).
Nutriti del Pane eucaristico, possiamo pronunciare anche noi il nostro sì, che è la scelta della vita cristiana, l’impegno a compiere vivere scelte radicali, coraggiose, forse anche scomode. Il sì ad un modo diverso di rispondere al male con il bene (cf. Rm 12, 21), diventando costruttori di pace ed abbracciando gli ideali di quella misura alta della vita cristiana che i santi, con la loro testimonianza, ci fanno vedere. Il sì a metterci con generosità al servizio degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, dei più piccoli e degli indifesi. Il seguace di Cristo adora l’Eucaristia, perché sa bene che senza di essa vivere da cristiani è impossibile: l’Eucaristia è l’amore che ci è donato, perché solo così possiamo amare Dio e il prossimo con tutto noi stessi.
3. Anche se questo vale per tutti i cristiani, è ai giovani qui presenti che desidero rivolgere un saluto particolare, che sia per voi anche un incoraggiamento ad abbracciare con tutto voi stessi il Vangelo di Gesù, proprio come ha fatto il Beato Michał Rapacz. Nei poco più di 40 anni della sua vita, egli ha maturato la sapienza più grande: quella di saper discernere a chi consegnare tutto se stesso. Possa essere così anche per voi. Rispondere con generosità alla vocazione cristiana è sempre rispondere a quella chiamata ad essere santi, che Dio rivolge ad ogni uomo e donna del mondo.
Mediante l’Eucaristia, che egli celebrava quotidianamente, nell’eccomi sacerdotale del Beato Michał Rapacz riconosciamo un’eco del sì di Gesù Cristo. Per il parroco di Płoki l’Eucaristia è stata il fondamento della sua vita di uomo di Dio. Diffondere l’amore a Cristo presente nel Pane consacrato era per lui il solo antidoto efficace all’ateismo, al materialismo ed a tutte quelle visioni del mondo che minacciano la dignità dell’uomo. Dal dono di Gesù sull’altare il nostro nuovo Beato trasse l’amore più grande, quello che non rimane paralizzato davanti all’odio, alla violenza ed a tutto ciò che fa paura; la carità del pastore di anime, per la quale egli fu fermo nel suo proposito: Sono pronto a dare la vita per le mie pecore.
Vi era in lui un’esigenza continua di spiritualità. Dal celebrare la Messa e adorare il Santissimo Sacramente attingeva forze ed energie interiori, capaci di trasformare la vita e il mondo, il quotidiano e la storia. Per la stessa spiritualità profonda per la quale egli riportava dentro il mistero di Gesù Eucaristia persone ed avvenimenti che aveva incontrato e conosciuto. Ogni notte – raccontano i documenti e le testimonianze – entrava in chiesa, si metteva davanti al tabernacolo, si prostrava a terra in forma di croce e lì lo Status animarum dei suoi parrocchiani diventava il suo libro di preghiera, intercedendo una a una per le famiglie e le persone della sua comunità. Michał Rapacz ci insegna così che non solo l’Eucaristia è sorgente del bene, ma ne è anche il compimento, perché in essa approdano e trovano riparo l’inquietudine dell’uomo, la sua ricerca, ogni sua necessità. Adorare l’Eucaristia è anche questo: riconsegnare a Lui, a Gesù Cristo, tutto noi stessi e tutto ciò che in questo momento ha bisogno di sperimentare la sua potenza liberante e trasformante.
4. Cari fratelli sacerdoti, permettete che, parlando del dono dell’Eucaristia e della testimonianza del nostro nuovo Beato, mi rivolga ora direttamente a voi. Anche all’origine del nostro ministero c’è il sì ad una chiamata che abbiamo ricevuto. Come scriveva Papa Karol Wojtyła, ogni vocazione sacerdotale è un grande mistero, è un dono che supera infinitamente l’uomo. Ognuno di noi sacerdoti lo sperimenta chiaramente in tutta la sua vita (Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, p. 1). Quella prima chiamata il Signore la rinnova continuamente e continuamente chiede a noi di rispondere con lo stesso sì degli inizi. Ce la rinnova quando, quotidianamente, ci fa prendere con le nostre mani il pane e il calice, e mette sulle nostre labbra le sue parole dell’Ultima Cena. Michał Rapacz, presbitero di Cracovia proprio come la maggior parte di voi che siete qui, ci mostra come quel gesto e quelle parole sono tutt’altro che espressioni del nostro lavoro: sono la verità della nostra vita, donata per amore di Cristo e dei nostri fratelli e sorelle. Ci invita quindi, il nostro nuovo Beato, a credere nella potenza dell’Eucaristia, la sola mediante la quale ognuno di noi può diventare, ogni giorno di più, proprio come è stato lui – lo abbiamo sentito nella Lettera Apostolica della Beatificazione –, pastor secundum cor Christi, fidelis et generosus Evangelii testis usque ad sui ipsius vitae donum. La gente, le nostre comunità, la Chiesa tutta ha bisogno del nostro sì, della nostra disponibilità a lasciare conformare la nostra vita al mistero che celebriamo all’altare.
5. Cari fratelli e sorelle tutti, oggi per la Polonia è un giorno di consolazione e speranza. Ha scritto Papa Francesco nella bolla di indizione del prossimo Giubileo: La testimonianza più convincente di tale speranza ci viene offerta dai martiri, che, saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore (Spes non confundit, 20).
Lasciamoci conquistare anche noi dalla fede e dalla carità del martire Michaeł Rapacz usque ad effusionem sanguinis, e così sarà rinvigorita la nostra fiducia in Gesù Cristo, il salvatore del mondo. L’anno giubilare che ci attende, che sarà come un copioso effluvio della Divina Misericordia sull’umanità, espanda la letizia di questo giorno in un’esperienza di vera speranza, un’esperienza grande quanto tutto il mondo.
Beato Michał Rapacz, prega per noi! Amen.
Cracovia, Santuario di Łagiewniki, 15 giugno 2024
Marcello Card. Semeraro