Omelia nella beatificazione di un gruppo di martiri domenicani spagnoli

 

LE PERSECUZIONI NON SONO UNA REALTÀ DEL PASSATO

Omelia nella beatificazione di un gruppo di martiri domenicani spagnoli

 

Dal racconto dell’Apocalisse abbiamo udito che, nella sua visione, Giovanni contemplò una grande moltitudine di persone le quali, avvolte in bianche vesti, inneggiavano a Dio. Stupito per questa immagine egli si domandò chi fossero. Gli giunse la risposta: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Sant’Agostino commenterà annotando che di per sé ogni sangue tinge di rosso, ma che, diversamente da ogni altro, il sangue dell'Agnello conferisce candore perché si tratta dell’Agnello di Dio «che toglie i peccati del mondo» (Gv 1,29); è il sangue di Cristo «sparso per molti in remissione dei peccati» (Mt 26, 28) (cf. Discorso 306/D: PLS 2, 788).

Nella prospettiva di questo sguardo profetico noi oggi guardiamo al consistente gruppo di Servi di Dio che poco fa sono stati dichiarati beati e proclamati martiri. Appartengono a quella «candida schiera dei martiri», che loda il Signore, come canta il Te Deum: «te martyrum candidatus laudat exercitus». La loro vicenda storica è stata rievocata all’inizio di questo sacro rito: furono tutti vittime della medesima persecuzione, che negli anni trenta del secolo scorso provocò la morte di altre centinaia e centinaia di cristiani: sacri ministri, persone consacrate, fedeli laici… Una moltitudine, davvero, che ha lavato le proprie vesti nel sangue dell’Agnello.

I nostri nuovi Beati furono persone umanamente molto diverse per il loro carattere, le loro storie personali. Li accomunava, però, il carisma di san Domenico: una scelta vocazionale, la loro, vissuta con fedeltà, coerenza, generosità. Risplende con singolare luminosità la figura di una donna, Suor Ascensiòn de San José. Insieme con altre ella fu crudelmente seviziata. A lei fu chiesto di bestemmiare e calpestare il crocifisso: si rifiutò e le fu spaccato il cranio. Non rinnegò la fede; anzi, morì osannando a Cristo Re e lodando il Santissimo Sacramento. Sapeva bene, Suor Ascensiòn, che il sangue dell'Agnello conferisce candore perché è il sangue «sparso per molti in remissione dei peccati».

Stiamo celebrando la Santa Messa: anche noi, allora, incoraggiati dalla sua testimonianza, ripetiamo nell’intimo del cuore la fede della Chiesa: «il suo Sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa» (Prefazio della SS.ma Eucaristia, I). È una verità che la Chiesa ci ricorda sempre e che ci ripete in questi giorni, mentre celebriamo la solennità del Corpus Christi. Tutti noi, che ci nutriamo del medesimo Corpo di Cristo e ci lasciamo santificare dal suo sangue prezioso, diventiamo un solo corpo. Ed oggi Gesù ci rassicura: su di noi c’è il suo sguardo, per noi c’è la sua preghiera. «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi». Ed è così che egli ci invia nel mondo: uniti a lui e in comunione tra noi.

Anche questo lo abbiamo ascoltato dalla lettura del Santo Vangelo: «come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo»! Il Vangelo deve essere proclamato anzitutto mediante la testimonianza della fraternità e della comunione. Nell’esortazione Evangelii nuntiandi san Paolo VI ce lo ha detto splendidamente: «un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno alla comunità d’uomini nella quale vivono, manifestano capacità di comprensione e di accoglimento, comunione di vita e di destino con gli altri, solidarietà negli sforzi di tutti per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre, in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti, e la speranza in qualche cosa che non si vede, e che non si oserebbe immaginare. Allora con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella» (n. 21).

Siamo anche consapevoli, però, che il Signore non ci manda in una situazione comoda e facile! Ce lo ricordano i nostri Martiri. Quella del cristiano nel mondo non è mai una situazione comoda e facile. Nell’esortazione sulla chiamata alla santità nel mondo d’oggi, Papa Francesco questo lo ha sottolineato. Ha scritto che per vivere il Vangelo non possiamo aspettarci che tutto intorno a noi sia favorevole; molte volte, anzi, le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. Sta di fatto che noi viviamo in una «società alienata, intrappolata in una trama politica, mediatica, economica, culturale e persino religiosa che ostacola l’autentico sviluppo umano e sociale», sicché vivere da cristiani secondo le Beatitudini evangeliche «diventa difficile e può essere addirittura una cosa malvista, sospetta, ridicolizzata (cf. Gaudete et exsultate, n. 91).

Le difficoltà e le prove che i nostri Martiri hanno sopportato e superato, benché in una paradossale vittoria che agli occhi del mondo è una sconfitta, non sono certamente le uniche. «Le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità», continua a dirci il Papa (cf. Gaudete et exsultate, n. 91). Guardiamo, allora, all’esempio dei nostri Martiri per sentircene confortati. San Gregorio magno scriveva che tanto più solida sorge in noi la speranza, quanto più dure sono le prove sopportate per amore di Dio (cf. Moralia in Job, II, X,36: PL 75, 941). Abbiamo fiducia, nonostante le nostre fragilità. La sua forza Dio la rivela proprio nei deboli e anche agli inermi egli dona la forza del martirio (cf. Prefazio dei santi martiri). Amen.

 

Siviglia, Cattedrale di Santa Maria della Sede, 18 giugno 2022

 

Marcello Card. Semeraro

 

_____________________________

 

LAS PERSECUCIONES NO SON UNA REALIDAD DEL PASADO

Homilía en la beatificación de un grupo de mártires dominicos españoles

 

 

En el relato del Apocalipsis hemos oído que Juan, en su visión, contempló una gran multitud de personas que, vestidos con vestiduras blancas, alababan a Dios. Sorprendido por esta imagen, él se preguntó quiénes eran. Le llegó la respuesta: «Estos son los que vienen de la gran tribulación: han lavado y blanqueado sus vestiduras en la sangre del Cordero». San Agustín lo comentará observando que, en sí mismo, toda sangre tiñe de rojo, pero que, a diferencia de cualquier otro caso, la sangre del Cordero confiere blancura porque se trata del Cordero de Dios «que quita el pecado del mundo» (Jn 1, 29); es la sangre de Cristo «derramada por muchos para el perdón de los pecados» (Mt 26, 28) (Cf. Discorso 306/D: PLS 2, 788).

En la perspectiva de esta mirada profética nosotros hoy contemplamos el consistente grupo de Siervos de Dios que acaban de ser declarados beatos y proclamados mártires. Pertenecen a aquella «cándida comitiva de mártires», que alaba al Señor, como canta el Te Deum: «te martyrum candidatus laudat exercitus». Su historia ha sido recordada al iniciar este sagrado rito: fueron todos víctimas de la misma persecución que, en los años treinta del siglo pasado, provocó la muerte de cientos y cientos de cristianos: ministros sagrados, personas consagradas, fieles laicos... Una multitud, en efecto, que ha lavado sus propias vestiduras en la sangre del Cordero.

Nuetros nuevos Beatos fueron personas humanamente muy diversas por su carácter, por sus historias personales. Los unía, en cambio, el carisma de Santo Domingo: una elección vocacional, la suya, vivida con fidelidad, coherencia y generosidad. Resplandece con singular luminosidad la figura de una mujer, Sor Ascensión de San José. Junto a otras, ella  fue cruelmente torturada. Le pidieron que blasfemara y pisoteara el crucifijo: se negó y le destrozaron el cráneo. No renegó de la fe; al contrario, murió ensalzando a Cristo Rey y alabando al Santísimo Sacramento. Sabía bien Sor Ascensión que la sangre del Cordero confiere candor porque es la sangre «derramada por muchos para el perdón de los pecados».

Estamos celebrando la Santa Misa: también nosotros, entonces, alentados por su testimonio, repetimos en la intimidad del corazón con la fe de la Iglesia: «su sangre derramada por nosotros es la bebida que nos redime de toda culpa» (Prefacio de la Ssma. Eucaristía, I). Es una verdad que la Iglesia nos recuerda siempre y que se nos repite en estos días, mientras celebramos la solemnidad del Corpus Christi. Todos nosotros, que nos alimentamos del mismo Cuerpo de Cristo y nos dejamos  santificar por su sangre preciosa, nos convertimos en un solo cuerpo. Y hoy Jesús nos tranquiliza: sobre nosotros está su mirada, por nosotros está su oración. «Padre santo, guárdalos en tu nombre, aquel que me has dado, para que sean una sola cosa, como nosotros». Y es así como él nos envía en el mundo: unidos a él y en comunión entre nosotros.

En la lectura del Santo Evangelio, también hemos escuchado esto: «como tú me enviaste al mundo, así yo los envío también al mundo». El Evangelio debe ser proclamado sobre todo con el testimonio de la fraternidad y de la comunión. En la exhortación Evangelii nuntiandi san Pablo VI [sexto] nos lo ha dicho esplendidamente: «un cristiano o un grupo de cristianos que, dentro de la comunidad humana donde viven, manifiestan su capacidad de comprensión y de aceptación, su comunión de vida y de destino con los demás, su solidaridad en los esfuerzos de todos en cuanto existe de noble y bueno. Supongamos además que irradian de manera sencilla y espontánea su fe en los valores que van más allá de los valores corrientes, y su esperanza en algo que no se ve ni osarían soñar. A través de este testimonio sin palabras, estos cristianos hacen plantearse, a quienes contemplan su vida, interrogantes irresistibles: ¿Por qué son así? ¿Por qué viven de esa manera? ¿Qué es o quién es el que los inspira? ¿Por qué están con nosotros? Pues bien, este testimonio constituye ya de por sí una proclamación silenciosa, pero también muy clara y eficaz, de la Buena Nueva» (n. 21).

¡Somos conscientes, sin embargo, que el Señor no nos manda a una situación cómoda y fácil! Nos lo recuerdan nuestros mártires. La del cristiano en el mundo no es nunca una situación cómoda y fácil. En la exhortación sobre la llamada a la santidad en el mundo de hoy, Papa Francisco ha subrayado esto. Ha escrito que para vivir el Evangelio no podemos esperar que todo en torno a nosotros sea favorable; muchas veces, al contrario, las ambiciones del poder y de los intereses mundanos juegan contra nosotros. Se da por hecho que vivimos en una «sociedad alienada, atrapada en una trama política, mediática, económica, cultural e incluso religiosa que obstaculiza el auténtico desarrollo humano y social», de modo que vivir como cristianos según las Bienaventuranzas evangélicas «se hace difícil y puede ser incluso una cosa mal vista, sospechosa, ridiculizada» (Cf. Gaudete et exultate, n.91).

Las dificultades y las pruebas que nuestros Mártires han soportado y superado, si bien en una paradójica victoria que a los ojos del mundo es una derrota, no son ciertamente las únicas. «Las persecuciones no son una realidad del pasado, porque hoy también las sufrimos, sea de manera cruenta, como tantos mártires contemporáneos, o de un modo más sutil, a través de calumnias y falsedades» continúa diciéndonos el Papa (Cf. Gaudete et exultate, n.94). Miremos, entonces, el ejemplo de nuestros Mártires para sentirnos confortados. San Gregorio Magno escribía que tanto más sólida surge en nosotros la esperanza, cuanto más duras son las pruebas soportadas por amor de Dios (Cf. Moralia in Job, II, X,36: PL 75, 941). Tengamos confianza, no obstante nuestras fragilidades. Dios revela su fuerza justamente en los débiles y también a los indefensos él da la fortaleza del martirio ( Cf. Prefacio de los santos mártires). Amen.

 

Sevilla, Catedral de Santa María de la Sede, 18 de junio de 2022