Omelia nella festa del beato Pio IX

 

Diventare pescatori per la vita

Omelia nella festa del beato Pio IX

 

    1. È singolare coincidenza che, celebrando la quinta Domenica del tempo ordinario, noi consideriamo pure la figura del beato Pio IX vedendola come illuminata da una pagina di vangelo dal forte carattere petrino: per ammaestrare le folle, Gesù sceglie la barca di Pietro (cf. Lc 5,1-11). Considerando questo racconto sant’Ambrogio commentava: «Questa è la nave, che nel vangelo di Matteo ondeggia tutt’ora sui flutti, e in quello di Luca si riempie di pesci, affinché tu comprenda che la Chiesa agli inizi è agitata dalle tempeste, ma in seguito trabocca di pesci: e i pesci sono gli uomini che attraversano il mare della vita» (Exp. ev. sec. Lucam IV, 68: PL 15, 1633).

    Unito agli altri conservati da Matteo e Marco, proprio il testo evangelico che oggi abbiamo ascoltato ha dato avvio, nella letteratura e nell’arte cristiane, all’immagine della Chiesa come navicella di Pietro: una figura ecclesiologica che, da Tertulliano in avanti, attraverserà i secoli giungendo sino a noi. La riprenderà, ad esempio, Papa Francesco: «immagine stupenda della realtà della Chiesa di tutti i tempi: una barca che, lungo l’attraversata, deve affrontare anche venti contrari e tempeste, che minacciano di travolgerla. Ciò che la salva non sono il coraggio e le qualità dei suoi uomini: la garanzia contro il naufragio è la fede in Cristo e nella sua parola. Questa è la garanzia: la fede in Gesù e nella sua parola. Su questa barca siamo al sicuro, nonostante le nostre miserie e debolezze, soprattutto quando ci mettiamo in ginocchio e adoriamo il Signore» (Angelus del 13 agosto 2017). Sant’Ambrogio, che ho già citato, aveva lasciato simile sentenza: «La tempesta scoppia solo là dove c’è poca fede».

    Questa certezza deve confortare anche noi: se nella barca della nostra vita accogliamo Gesù, che è il fondamento (firmamentum) della Chiesa, le onde non ci sommergeranno. È celebre la frase lasciataci da san Pietro Crisologo, che nel V secolo fu vescovo di Ravenna e la Chiesa onora come suo dottore: qui taliter in navi nostra Christum confessus assumpserit, et si tunditur fluctuum scandalis, non tamen periculis mergitur, et operitur undarum, che in italiano vorrei rendere così: «se tu sulla barca fai salire Cristo, anche se è come martellata dalle onde degli scandali, i pericoli non la affonderanno né le onde la sommergeranno» (Sermo XXI: PL 52, 258): tunditur, non mergitur. Non sono la nostra abilità, né le nostre forze a salvarci, ma Cristo. Per noi è come fu per san Paolo: «Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1Cor 15,10).

 

    2. Ugualmente potrebbe dirsi del beato Pio IX, il cui pontificato, che durò trentadue anni, ebbe – come disse san Paolo VI nella Messa celebrata per il centenario della sua morte – quale nota precipua «un’apertura di dilatata generosità».  si alternarono eventi gloriosi e sofferte tribolazioni. Disse pure che «tutto il Pontificato di Pio IX fu, si può dire, una rivelazione delle inesauste energie che il Papato e la Chiesa, per una storia sempre nuova, possiedono in proprio». Aggiunse che egli «fu il Papa dell’Immacolata e del Concilio Vaticano I, ed è indubbio che un nesso religioso ed affinità interne collegano i due atti del magistero pontificio».

    Per un verso, infatti, «all’uomo immemore ed al mondo dell'indifferenza e del razionalismo, estraneo o chiuso alla fede ed alla grazia, il Pontefice fece brillare la luce della Vergine Maria, quale signum magnum di trascendente bellezza ed insieme profetica immagine di quel piano di restaurazione religiosa, ch’egli infaticabilmente perseguiva come capo visibile della Chiesa».

    Per altro verso, con la celebrazione del Concilio il beato Pio IX pose l’architrave della costituzione Lumen Gentium, che è la magna carta del Vaticano II (cf. Paolo VI, Omelia del 5 marzo 1978).

 

    3. Quanto al racconto del vangelo domenicale, vorrei sottolineare un particolare, ossia l’immagine con cui Simone e, con lui, Giacomo e Giovanni, appaiono sulla scena: «I pescatori erano scesi e lavavano le reti», abbiamo udito. Il gesto per dei pescatori è senz’altro famigliare, ma in esso questa volta c’è pure l’amarezza dell’avere faticato tutta la notte senza prendere nulla! Quelle reti avrebbero dovuto catturare pesci per compensare la fatica e soddisfare il bisogno, ma erano vuote; le ripulivano sì, magari da qualche alga o altri residui marini, ma non erano che gesti rituali, sconfortati dalla inutilità del duro lavoro notturno.

    Quante volte anche nella nostra vita abbiamo la sensazione dell’inutilità, dell’avere girato a vuoto e non c’è nulla di tanto deprimente come il sentirsi stanchi e infruttuosi. A che serve? Ne vale la pena? Quanto volte espressioni come queste ci sono sorte sulle labbra. Capiamo allora la sorpresa di Pietro quando, stanco com’era, si sente dire di tornare a pescare e per di più di giorno: i pesci son furbi; quando c’è luce vedono le reti e scappano via… Lo farò, sì, egli risponde a Gesù, ma «sulla tua parola». Quale senso dare a questa espressione? Vuole solo accontentare, dare ragione a questo «maestro» (così lo chiama)? È una sorta di sconsolata sfida? «Lo faccio perché lo dici tu e poi sarai tu a vedertela col fallimento»!

    Comunque sia, nella rilettura credente a me piace la spiegazione di san Massimo di Torino, un padre della Chiesa vissuto tra il IV-V secolo. La traduco così: «Poiché il nostro pescare è stato inutile e invano siamo stati svegli per tutta la notte, ora pescherò sì, ma non più con la rete, bensì fidandomi della tua grazia; non con l’industria dell’arte piscatoria, ma col fervore della fede ». «Unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te», abbiamo pregato nella Colletta della Messa.

    Sulla tua parola, dice, getterò la rete e sempre san Massimo vi trova un collegamento col quarto evangelista che scrive: in principio era il Verbo... Al non senso del lavare reti inutili, in Pietro subentra la fede che in Cristo Salvatore non si salvano più pesci, ma persone: non animantia salvare, sed animas» (Sermo 95: PL 57,724). È questa la missione di Pietro, la missione della Chiesa, la nostra missione: pescare per la vita! È la promessa che con Pietro tutti noi riceviamo. Possiamo ben dirlo mentre in Italia celebriamo la Giornata Nazionale per la vita col tema della «custodia di ogni vita».

    Possiamo, allora, pregare così: «Aiutaci, o Signore, a riporre le reti vuote di ieri e a non temere nell’accogliere il nuovo che oggi ci doni. Poiché, però, siamo peccatori, prima di mettere da parte le vecchie reti, aiutaci a liberarle da ciò che vi è rimasto impigliato e rendici uomini liberi che rispondono alla tua chiamata: «d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

 

    Roma, Parrocchia di San Salvatore in Lauro 6 febbraio 2022

Marcello Card. Semeraro