Maria: addolorata per consolare
Omelia nella festa di Maria madre della Consolazione
Celebro con gioia insieme con voi questa Santa Messa, grato al vostro Arcivescovo per avermi mostrato amicizia e fraternità invitandomi a venire qui. Per entrare nel significato di questa vostra bella festa mariana ci aiuta molto la frase di san Paolo appena letta nella seconda lettera biblica: Dio «ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 1,4). In questa frase possiamo senz’altro riconoscerci. Chi, difatti, nel corso della sua vita sfugge all’intimo bisogno di essere consolato? Quando sentiamo il cuore ferito da qualcosa che, magari, soltanto noi conosciamo, oppure ci sentiamo soli per la mancanza, o l’assenza di una persona cara; o quando siamo immersi in prove che non capiamo e che temiamo più forti di noi … Pensando a tali situazioni sant’Agostino esortava a implorare fortezza dal Signore «poiché, per noi stessi, siamo piccoli e assolutamente incapaci sicché verremmo meno se ci mancasse chi ci dia consolazione» (cf. Serm. 305A, 5).
La consolazione di cui parla san Paolo è il Dio vicino, è la presenza amica del Signore che genera la speranza, ossia la virtù teologale, che questo Anno Santo vuole alimentare nel nostro cuore. «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati», ci ha annunciato Gesù durante la proclamazione del Vangelo. Ed è una consolazione che rende attivi, come ricordava papa Francesco commentando le Beatitudini evangeliche nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità: «la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri» (n. 76). L’altro giorno mi trovavo, per impegni di ministero ad Assisi, presso la tomba di san Francesco e, pensando a queste parole, mi è tornata spontanea alla memoria una frase che si ripete in una nota preghiera a lui è attribuita, dove si dice: «O Maestro, fa’ che io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare».
Fermiamo per un attimo, carissimi, la nostra attenzione su questo passaggio verbale: dal passivo «essere consolato» alla forma attiva «consolare» e pensiamo alla Vergine Maria. Per una coincidenza cronologica appena ieri nel calendario liturgico abbiamo commemorato la Beata Vergine Maria Addolorata. C’è un rapporto tra questo titolo e quello con il quale voi onorate la Madonna? Penso proprio di sì; almeno ne era convinto un sacerdote torinese, Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata canonizzato lo scorso anno da papa Francesco. Fin da giovane egli fu rettore del più importante santuario mariano della città: quello dedicato alla «Madonna Consolata» e usava ripetere che, prima di essere Consolata la Madonna era stata Addolorata! È paradossale, ma in questo c’è il mistero dell’amore di Dio, il mistero della redenzione, il mistero della salvezza. Nella sua lettera apostolica Salvifici doloris (11 febbraio 1984) Giovanni Paolo II scrisse di Maria qualcosa di davvero importante: «Cristo morente conferì alla sempre Vergine Maria una maternità nuova – spirituale e universale – verso tutti gli uomini, affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme con lei strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell’uomo, potenza di Dio» (n. 26). Ecco come l’Addolorata diventa «madre della consolazione».
Voi sapete certamente, carissimi, che il vostro Arcivescovo è fra i più autorevoli studiosi di un santo del quale il papa Leone XIV ha annunciato la proclamazione a dottore della Chiesa: san Giovanni Enrico Newman. Non è il momento per parlarvi di lui e d’altra parte, lo farebbe il vostro vescovo molto meglio di me. Mi piace, tuttavia, riferirvi alcune riflessioni che questo maestro nella Chiesa disse predicando durante il mese di maggio e commentando il versetto delle litanie che invoca la Madonna come consolatrice degli afflitti. La sua meditazione prende lo spunto proprio dal testo di san Paolo che ho ricordato all’inizio e dice subito: «Ecco il segreto della vera consolazione: sono capaci di confortare gli altri coloro che nella vita sono stati molto provati, che hanno sentito il bisogno della consolazione, e 1’hanno ricevuta. Così di nostro Signore è detto: “Avendo egli stesso sperimentato la tentazione e la sofferenza, può venire in aiuto di quelli che son messi alla prova” (Eb 2,18). E questo è il motivo per cui la Beata Vergine è la consolatrice degli afflitti. Tutti sappiamo quanto unica e speciale sia la consolazione che può dare la madre; e a noi è concesso di chiamare Maria madre nostra, dal giorno in cui Gesù sulla croce creò un rapporto di madre e figlio tra lei e san Giovanni. Ed ella ci può e ci sa consolare, perché ha sofferto molto di più delle nostre madri» (in Meditazioni e preghiere a cura di G. Velocci, Jaca Book, Milano 2202, p. 161).
Contemplando il volto di Maria, madre della consolazione, torna spontanea alla mia memoria un passaggio del Concilio Vaticano II, poi passato anche nella liturgia della Chiesa in lode della Vergine Assunta: «Come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (n. 68).
Noi, gente del Sud, abbiamo tante chiese dedicate all’Assunta, forse la maggior parte; la grande devozione delle nostre popolazioni, però, è all’Addolorata. Non è una contraddizione, perché è l’Assunta che spiega l’Addolorata. Nel febbraio 1974 il papa Paolo VI pubblicò una esortazione apostolica su Maria dove, fra l’altro, sono scritte parole che possono esserci di guida: «All’uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la Beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte» (Marialis cultus, n. 57). Credo sia proprio questo il messaggio che giunge alla Chiesa dalla vostra devozione a Maria, madre della Consolazione.
Cattedrale di Reggio Calabria, 16 settembre 2025
Marcello Card. Semeraro