OMELIA NELLA MESSA DI PREPARAZIONE AL NATALE CON LA CURIA DIOCESANA
(Basilica Cattedrale di Albano, 22 dicembre 2020)
Natale, festa dell'Amore
1. La teologia spirituale conosce la dottrina dei «sensi spirituali» i quali, a somiglianza dei sensi naturali che ci permettono di cogliere la realtà, permettono a noi almeno di avvicinarci al mistero di Dio. È una dottrina antica, che ha tra i suoi primi maestri il grande Origene. Ma non è soltanto l’uomo spirituale ad avere dei sensi per percepire Dio; potremmo dire che anche Dio ha dei «sensi» per raggiungere l’uomo e dialogare con lui. Così egli non soltanto parla all’uomo, ma pure ascolta la sua voce: «Il Signore mi ascolta, quando lo invoco», dice un Salmo (4,4). Diremmo pure che in Dio c’è un olfatto, perché la nostra preghiera giunge davanti a lui come incenso (cf. Sl 141,7). Egli ha, incerto modo, anche un tatto, poiché la creazione intera e l’uomo stesso sono opera delle sue mani: un’immagine, questa, che designa spesso nella Bibbia l’intervento divino.
In tale contesto leggiamo alcuni passi proposti oggi a noi dalla liturgia: essi ci parlano dell’occhio di Dio, del suo sguardo. Dal canto del Magnificat abbiamo udito che Maria ha esultato in Dio salvatore, «perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,47-48). Anche la preghiera colletta della Messa ci ha parlato dello sguardo di Dio: vedendo l’uomo precipitato nella morte, Dio ha voluto redimerlo con la venuta del suo Figlio unigenito. Riflettiamo, allora, per qualche momento su questo tema. Dio guarda l’uomo; Dio ci guarda!
2. Se consideriamo l’opera della creazione come descritta nel capitolo primo del libro della Genesi, vi troviamo subito, quasi come un ritornello, l’espressione «Dio vide». Quando poi giunge a narrare la creazione dell’uomo, lo stesso libro ci dice che Dio volle farlo a sua immagine, secondo la sua somiglianza (cf. Gen 1,26-27). Mi soffermo su questo particolare: Dio vuole nell’uomo la somiglianza con lui.
È, forse, un salto un po’ audace, ma questo mi ricorda l’altro passaggio in cui Adamo, quando si vide davanti la donna tratta da una delle sue costole, esclamò: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne» (2,23). Finalmente egli trovava quell’aiuto a lui corrispondente, che non poteva trovare nel bestiame, negli uccelli del cielo e in tutti gli animali selvatici. Possiamo dire, in sintesi, che finalmente nella donna l’uomo trovava una somiglianza, riconosceva la sua propria immagine. Da qui la sua esclamazione di gioia.
Anche alla decisione divina di creare l’uomo a sua immagine e secondo la sua somiglianza mi pare si possa dare un significato analogo alla gioia sponsale di Adamo. Davanti all’uomo Dio gioisce come uno sposo davanti alla sua sposa. Mi tornano alla memoria testi come quello di Isaia, che dice: «come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (62,5). Dio ci ama, ci vuole bene, ci desidera come uno sposo la sua sposa.
Questo ci aiuta pure a capire la sua delusione, il dolore di Dio quando vede che ci allontaniamo da lui ed è proprio in questa ottica che possiamo risentire la preghiera della Chiesa in questo giorno: «O Dio, che vedendo l’uomo precipitato nella morte hai voluto redimerlo con la venuta del tuo Figlio unigenito…». Il testo ci sta parlando del mistero dell’Incarnazione aiutandoci così a collocarci nella prospettiva del Natale che celebreremo tra pochi giorni.
3. Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza; Dio che lo ha coronato di gloria e di onore creandolo di poco inferiore agli angeli (cf. Sl 8,6) ora lo vede precipitato nella morte! Quale grande sofferenza, quale delusione nel cuore di Dio. Egli, però, non si lascia scoraggiare dalla nostra incorrispondenza; manda, anzi, a noi il suo proprio Figlio: egli è la mano tesa del Padre per raccoglierci.
Già sant’Ireneo aveva detto che il Figlio e lo Spirito sono come le due «mani» del Padre (cf. Adversus Haereses, IV, 20, 1: PG 7,1032). Ora, la «mano» del Padre che è il suo Figlio prende la nostra somiglianza; si rende simile a noi in tutto escluso il peccato (cf. Eb 4,15). Il Padre ora stende la sua mano non per distruggerci, come già per l’Egitto (cf. Es 3,20: «Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto…»), ma per risollevarci dall’abisso e riportarci accanto a sé, nella dignità di figli.
Nel mistero dell’Incarnazione si rinnova l’alleanza sponsale con l’uomo che Dio ha voluto nell’opera della creazione. Ora, anzi, c’è qualcosa che è molto di più, perché dove abbondò il peccato, adesso sovrabbonda la grazia (cf. Rm 5, 20): Ce lo ricorda anche il Catechismo della Chiesa Cattolica quando scrive: «Il Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l’amore di Dio…» (n. 458).
4. Celebriamo, dunque, il Natale rinnovando il nostro atto di fede nell’amore misericordioso di Dio: «concedi a a coloro che confessano con pietà sincera la sua incarnazione di condividere anche la gloria del redentore», abbiamo domandato nella preghiera colletta. Natale e Pasqua si congiungono nell’unico mistero della redenzione.
Io, carissimi, vi auguro di vivere così questi prossimi giorni del Natale. È una tradizione che abbiamo conservato in questi anni nella prossimità di questa festa così intima, così bella. Voi, che operate nella Curia diocesana, siete i primi collaboratori del vescovo. Senza, di voi, anzi, nessun vescovo potrebbe svolgere – perlomeno in forma dignitosa ed efficace – il suo ministero di governo e di guida della comunità.
Pur senza riferirmi all’immagine usata da sant’Ireneo prima citata, in tutti questi anni voi siete stati le «dita» della mia mano: come queste, infatti, voi siete l’uno differente dall’altro nei vari uffici e nella diversità delle persone; come per le funzioni delle dita anche voi operate perché il vescovo «tocchi» e «afferri» la realtà, «comunichi» con essa, «indichi» le direzioni per il comune cammino… Di tutto questo io ho beneficiato in questi anni. Vi ringrazio di cuore.
Auguri, allora, anche per il nuovo anno, che vi auguro sereno. Per tanti fra voi insieme con le vostre famiglie. Non so fino a quando lo percorreremo insieme, quest’anno, ma con l’aiuto di Dio lo faremo certamente nella comunione e nella collaborazione, come abbiamo fatto fino ad oggi. Dio vi benedica.