Davanti all’Eucaristia si diventa santi
Omelia nella Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Carlo Acutis
Lo scorso 7 settembre il papa Leone XIV ha ufficialmente iscritto il beato Carlo Acutis nell’elenco dei santi della Chiesa cattolica e oggi, a istanza di quasi un mese, noi ci siamo qui riuniti per ripetere al Signore il nostro grazie, per dirgli la nostra riconoscenza. Perché un santo è sempre dono di Dio. Quando la Chiesa canonizza un suo figlio, o una sua figlia fa ben altro rispetto a ciò che potrebbe fare una comunità per onorare e ricordare un suo membro: ad esempio, erigere a lui una statua, oppure titolare con il suo nome una via, una piazza, una contrada. Nell’atto di una canonizzazione la Chiesa rende anzitutto grazie al Signore. «Nella festosa assemblea dei santi – ripete la Chiesa in un suo Prefazio – risplende la tua gloria, e il loro trionfo celebra i doni della tua misericordia» (Prefazio dei Santi, I). Questa visione della santità come dono di Dio la troviamo già espressa da sant’Agostino il quale, commentando il testo del vangelo secondo Giovanni, che dice: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia». (1,16), così predicava: «Quando elargisce il premio dell’immortalità, Dio corona i suoi doni, non i tuoi meriti: non dobbiamo, dunque, pensare che faccia una cosa dovuta. Egli, piuttosto, corona in noi i doni della sua misericordia» (Tract. in Io. 3, 10: PL 35, 1401). Ecco perché oggi, guardando all’immagine di san Carlo Acutis, diciamo di tutto cuore: grazie, Signore!
Lo diciamo per lui, ma anche per noi. Il piccolo «granello di senape» di cui oggi ci ha parlato parabola evangelica è il germe di santità che deve fiorire in noi. Così sant’Ambrogio spiegava che il chicco di senape è Cristo e, rivolto ai fedeli, così li esortava: «Semina anche tu Cristo nel tuo orto e là fiorisca la bellezza delle tue opere e si spanda il denso profumo delle diverse virtù. Vi sia dunque Cristo, là dove vi è ogni frutto. Semina il Signore Gesù: egli è un chicco quando è fatto prigioniero e, quando risorge, è un albero che spande sul mondo la sua ombra; è un chicco quando viene sepolto, ma quando è sollevato fino al cielo diventa un albero nei cui rami frondosi riposano al sicuro gli angeli del cielo e tutti coloro che con la loro vita santa hanno meritato di levarsi in volo» (cf. Evang. exp. sec. Lucam, VII, 180.185. PL 15, 1747-1748). Tra questi c’è pure il nostro san Carlo Acutis.
Nella sua Omelia dello scorso 7 settembre papa Leone disse che egli è cresciuto «integrando naturalmente nelle sue giornate di bambino e di ragazzo preghiera, sport, studio e carità»; parlando pure di san Pier Giorgio Frassati ha detto che ambedue «hanno coltivato l’amore per Dio e per i fratelli attraverso mezzi semplici, alla portata di tutti: la santa Messa quotidiana, la preghiera, specialmente l’Adorazione eucaristica. Carlo diceva: “Davanti al sole ci si abbronza. Davanti all’Eucaristia si diventa santi!”…». Vi chiedo, carissimi, di soffermarci qualche momento su queste parole del Papa: mezzi semplici, alla portata di tutti. Il Papa sta pure dicendo a noi tutti che la santità non è qualcosa di riservato a pochi eletti, ma è una »vocazione universale», per dirla con il Concilio Vaticano II; ossia è una chiamata che Dio rivolge a ogni cristiano.
Quella alla santità è l’unica chiamata davvero universale. Al suo interno ciascuno dovrà, poi, riconoscere la sua particolare chiamata, ma per essere santi non serve vivere da eremita, o in speciali condizioni di vita; per esserlo bastano i piccoli «sì» quotidiani: partecipare alla Messa, pregare, amare il prossimo, chiedere perdono, restare perseveranti anche quando è difficile. È proprio la fedeltà di questi gesti semplici che costruisce una vita santa. Quando il Papa elencava preghiera, sport, studio e carità indicava spazi possibili a un adolescente; noi adulti aggiungeremo ad essi vita famigliare, lavoro, impegno sociale, politico, culturale ecc.; ossia quello che facciamo ogni giorno, anche in mezzo a problemi, difficoltà e, non poche volte, pure con sofferenza. Ecco come e dove si risponde alla chiamata divina alla santità.
Madeleine Delbrêl (1904-1964), una mistica francese, spiegava così la santità quotidiana: «È gente che fa un lavoro ordinario, che ha malattie ordinarie e lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria e vestiti ordinari. È la gente della vita ordinaria. Gente che s’incontra in una qualsiasi strada … e questa strada è il luogo della nostra santità» (Noi delle strade, Gribaudi, Milano 2002, p.65).
San Carlo Acutis è stato così. Per incontrarlo non si doveva andare in un convento; bastava camminare per le vie di Milano e anche di qui, ad Assisi. Un suo compagno di studi, che fu suo amico fin dall’età di sei anni, quando fece la sua testimonianza nel processo canonico disse: «Quando ci trovavamo facevamo le cose normali tra amici della nostra età: si usciva a mangiare la pizza; si guardava un film a casa sua; si passava un po’ il tempo a chiacchierare e la sua casa era un po’ il punto di ritrovo … Cose nell’ordinario, quelle che dei buoni amici fanno normalmente. Carlo era un tipico ragazzo normale, semplice, cordiale, simpatico, ironico ma senza mai essere offensivo …». Dopo, però, subito aggiunse: «Aveva una grande fede. Quando io penso a Carlo, penso alla grande fede che aveva… La sua fede certamente lo distingueva dagli altri … era la sua vera forza … era una fede convinta, consapevole».
Carlo era normale in tutto, eccetto che per la fede. Queste parole mi rimandano a quelle conclusive della prima lettura biblica di questa domenica: «Il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4) e pure all’immagine del cristiano descritta dalla Lettera a Diogneto: «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini, ma testimoniano un metodo di vita indubbiamente paradossale … A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani» (cf. cap. V-VI). Così sono i santi; così è stato san Carlo Acutis: ha fatto vivere Cristo nella ordinarietà della sua vita (cf. Gal 2,20). Lo ha fatto soprattutto con l’amore verso l’Eucaristia, della quale diceva: «Davanti al sole ci si abbronza. Davanti all’Eucaristia si diventa santi!».
Basilica di Santa Maria degli Angeli, Assisi (PG), 5 ottobre 2025
Marcello Card. Semeraro