Omelia per il Beato Carlo Acutis

OMELIA PER IL BEATO CARLO ACUTIS

(Assisi, «Santuario della spogliazione», 19 ottobre 2020)

 

 

Umile come Francesco, ma più ancora come Gesù

Desidero iniziare quest’Omelia ringraziando il buon Dio per la possibilità che mi è data di celebrare la Santa Messa qui, in questo «Santuario della spogliazione», che ricorda un momento davvero di svolta nella vita di Francesco d’Assisi, e di farlo insieme con voi, oggi, presso la tomba del beato Carlo Acutis. Dopo il Signore ringrazio l’arcivescovo Sorrentino che, rinnovando un’antica amicizia, mi ha proposto di presiedere questa Liturgia, disponendo pure un mutamento nei programmi previsti per la chiusura della tomba dopo gli eventi della Beatificazione. Ho accolto volentieri questo invito, anche perché mi offre l’occasione d’invocare, tramite l’intercessione di un giovane Beato, l’aiuto divino per me che, in un’età ben più avanzata della sua, mi son trovato, in questi giorni, a iniziare una nuova missione nella Chiesa. Domattina, infatti, presiederò per la prima volta una riunione ordinaria della Congregazione per le Cause dei Santi, di cui sono membro già da diversi anni, ma che ora la fiducia del Papa mi ha chiamato a guidare.

Guardando in questa mia personale situazione al beato Carlo mi sento un po’ come quel monaco anziano che, in un’icona conservata nel Monastero di Bose, è raffigurato mentre è portato sulle spalle da un anziano. A proposito di quest’immagine, dialogando coi giovani in un incontro del 23 ottobre 2018, Papa Francesco disse: «C’è un’icona, … che si chiama “la Santa Comunione”, e cioè un monaco giovane che porta avanti un anziano, porta avanti i sogni di un anziano, e non è facile, si vede che fa fatica in questo. In questa immagine tanto bella si vede un giovane che è stato capace di prendere su di sé i sogni degli anziani e li porta avanti, per farli fruttificare».

Ecco, io sono certo che, mentre porta avanti i sogni di tanti che guardano a lui come a un modello e a un esempio, il beato Carlo Acutis porta avanti pure il «sogno» che ha per la Chiesa il nostro amato Papa Francesco. Ero con lui, nel gruppo del Consiglio di Cardinali, quando egli giunse per la prima volta qui ad Assisi il 4 ottobre del 2013 e il vostro Vescovo ha dichiarato pubblicamente che a mettere a fuoco l’icona della “spogliazione” lo ha incoraggiato proprio quella visita. Mentre, allora, siamo qui riuniti, preghiamo anche per il nostro Papa con una tradizionale preghiera che s’ispira ad un Salmo: Dominus conservet eum … il Signore lo custodisca e lo protegga (cf. Sl 41,3). Sulle sue giovani spalle il beato Carlo prenda anche me, coi miei impegni nel servizio che sto iniziando.

Il testo del vangelo riservato dalla Liturgia per questo giorno (cf. Lc 12,13-21) è molto severo e ci pone alcune domande fondamentali: su che cosa abbiamo fondato la nostra vita? Quale tipo di «assicurazione sulla vita» abbiamo fatto per noi? In quale deposito abbiamo conservato i nostri beni? Su quale carta abbiamo puntato nella nostra vita? Soltanto chi raccoglie nei granai del Signore, possiede le scorte effettive per andare avanti ed essere felice. Oggi noi abbiamo sotto i nostri occhi l’immagine di un giovane che s’è giocata la vita puntando su Cristo. Sono molti gli aspetti che rendono affascinante la sua figura. Sono davvero tanti – circa 2.500 al giorno, ci dicono – i fedeli e i pellegrini che in questi giorni sono giunti qui per venerare le spoglie del nuovo beato e questo fenomeno così spontaneo è un fatto certamente positivo anche perché nelle cause di beatificazione e di canonizzazione è sempre richiesta la presenza di una fama di santità, ossia una opinione diffusa trai fedeli circa la purità e l’integrità della sua vita e le virtù da lui praticate in modo eroico. Quanto accaduto ne è una conferma. Non riusciremmo, però, a comprendere molto della sua vicenda terrena, se non tenessimo in conto la sua scelta fondamentale per Gesù. Per il beato Carlo potremmo ripetere quel che si legge nel libro della Sapienza: «Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita» (4,13).

Siamo nella città di san Francesco e mi torna spontanea alla memoria la domanda che a lui rivolse frate Masseo: «Perché a te, perché a te, perché a te?». Alla replica del santo su cosa intendesse, aggiunse: «perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti? Tu non se’ bello uomo del corpo tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile, onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro». E Francesco gli rispose: perché non hanno veduto fra i peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me» (cf. I Fioretti, cap. X: FF 1838). Si tratta, in breve, dell’umiltà. San Francesco era fondato nell’umiltà! Forse anche in questa medesima virtù, fratelli carissimi, c’è la forza d’attrazione del beato Carlo Acutis.

È quello che ho trovato nella documentazione che ha portato alla sua beatificazione: l’umiltà ha segnato l’intero suo percorso spirituale e umano e a tutti i livelli. Poco prima della Santa Messa ho salutato con intima commozione il papà di Carlo, il quale mi portava il volume della Positio. Lì del nostro Beato è scritto: «era sicuro che l’umiltà è la scala per aprire i tesori del Cuore di Cristo e la via più rapida per accedere all’infinita misericordia divina». Ho sentito la madre del Beato che, durante un’intervista, diceva che Carlo era stato un ragazzo come tutti gli altri, anch’egli con alcuni difetti: ad esempio era chiacchierone, goloso… Però è cresciuto ed ecco che nella Positio leggiamo: «Ha potuto riconoscere la propria fragilità e piccolezza, eliminando ogni ostacolo all’azione dello Spirito». (p. 67).

Carlo Acutis era ben diverso dalla figura fisica di Francesco descritta da frate Masseo. Carlo un bel ragazzo e ne vediamo ancora oggi l’immagine nella linearità dei tratti e nel fiorire dell’adolescenza. Umile, però, lo è stato come lui. Lo è stato soprattutto come il Signore Gesù: ha preso su di sé il suo giogo, ha imparato da lui mite e umile di cuore e ha trovato per questo il ristoro per la propria vita (cf. Mt 11,29).

Ci dicono che il nostro Beato era bravo, anzi geniale nell’uso delle tecnologie. Lo era al punto che qualcuno lo ha proposto come «patrono di Internet». In epoca di Followers, però, egli si è fatto discepolo di Gesù, così come in una epoca di volontà di potenza ha scelto l’umiltà di Cristo, il quale da ricco si è fatto povero per noi (cf. 2Cor 8,9).

Ed è così che Carlo Acutis è diventato ricco non per un’eredità umana, ma per mezzo della povertà e dell’umiltà di Cristo Gesù, benedetto nei secoli. Amen.