Omelia per il IV centenario del patrocinio di san Giuliano, martire

 

Scegliere come patrono un martire

Omelia per il IV centenario del patrocinio di san Giuliano, martire

 

La vostra festa in onore di San Giuliano ha quest’anno un tono tutto particolare a motivo della ricorrenza quattro volte centenaria della scelta del suo patrocinio ed io sono grato per l’invito rivoltomi a celebrare insieme con voi questa ricorrenza. L’ho accettato volentieri per una duplice ragione: personale e istituzionale.

Personale, perché sono di origine meridionale ed è sempre per me un’occasione letificante immergermi in quella nostra devozione popolare, che esprime sempre un cuore caldo e amoroso. Riguardo alla festa in occasione della ricorrenza del santo patrono un documento vaticano del 2002 su Pietà popolare e liturgia sottolineava alcuni aspetti che sono di grande importanza anche sotto il profilo umano (cf. n. 232) e che noi «meridionali» possiamo sinceramente apprezzare. Per noi, infatti, le feste dei santi sono momenti di giubilo, di esultanza e anche di esuberanza e tutto questo già di per se dice un’aspirazione ad uscire fuori da sé per innalzarsi. Si tratta, quindi, di espressioni del desiderio di trascendenza. La festa, poi, proprio perché interrompe il ritmo, spesso monotono, del quotidiano è anche affermazione del valore della vita e della creazione, manifestazione dell’umana tensione verso la felicità piena. Le feste popolari religiose hanno anche un profilo culturale, poiché frequentemente mettono in luce il genio caratteristico di un popolo, i suoi valori propri e le espressioni più genuine del suo folklore. Da ultimo, ma non per ultimo, ricordo che, in quanto momento di socializzazione, la festa è anche occasione speciale per rafforzare (talvolta ritrovare) i rapporti familiari e amicali di aprirsi a nuove relazioni comunitarie. Quante volte, chi normalmente per diverse ragioni vive lontano, coglie proprio l’occasione della festa patronale per tornare al suo paese, alla sua città…

L’altro motivo per il quale ho accolto volentieri la proposta di stare questa sera con voi è, direi, istituzionale, perché fa appello al mio attuale ministero di prefetto del dicastero della Cause dei Santi. San Giovanni Paolo II diceva che la pietà popolare è un «vero tesoro del popolo di Dio» e Papa Francesco (che viene da una terra del Sud. Proprio oggi, nell’intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino, ha detto: «Sono stato a Napoli. In qualche modo mi ricorda Buenos Aires. Perché mi parla del Sud. Ed io sono proprio del Sud») [Papa Francesco] nella sua prima esortazione apostolica Evangelii gaudium ha scritto che «nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi» (n. 123). Non solo. Più avanti aggiunge: «Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata» (n. 126).

Certo, come in tutte le cose umane, non mancano i pericoli e i rischi. Uno è, molto spesso, è la tendenza a separare il momento cultuale dalla vita sacramentale e dagli altri impegni della vita cristiana (cf. Direttorio su pietà popolare e liturgia cit., n. 65). Noi, però, questa sera, vivendo la Santa Messa intendiamo appunto agganciare tutti i valori della nostra persona e del nostro popolo a Cristo Signore, sorgente di vita eterna.

Vorrei aggiungere un ultima cosa: con la scelta di avere quale patrono san Giuliano, voi avete scelto un martire e il martirio è la massima espressione della vita cristiana. Per dare testimonianza a Cristo san Giuliano ebbe a subire numerose prove. Voi le conoscete ed io mi sento, perciò, esonerato dal ricordarvele. Vorrei allora dirvi solo alcune cose, e la prima è questa: il cristianesimo non è una religione «facile» da vivere perché ha determinante punto di riferimento il dramma della Croce di Cristo. La Chiesa è nata lì. «Cristo muore perché sia formata la Chiesa», diceva sant’Agostino (In ev. Jo. Tract., IX, 10: PL 35, 1463). Per questo, Gesù, nella lettura del santo vangelo (cf. Lc 9,23-26) ci ha parlato di scelta della croce. Essere cristiani è, dunque, una sfida permanente, a noi stessi anzitutto e pure agli altri.

Durante la seconda lettura (cf. Giac. 1,2-4.12), abbiamo udito proclamare una inedita beatitudine: «Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano». La prova, la tentazione fanno parte della vita cristiana. Sant’Antonio abate diceva: «Nessuno, se non tentato, può entrare nel regno dei cieli; di fatto – diceva – togli le tentazioni, e nessuno si salva» (Coll. Alf., Antonio, 5). Queste parole possono apparirci strane. Qui sant’Antonio ci insegna a riconoscere il valore della tentazione, che è un elemento normale della nostra vita. Essa è una palestra che esercita e fa crescere il nostro cuore. È una spia che ci mostra chi realmente siamo e, ricordandoci in modo impietoso la nostra fragilità, ci impedisce di perdere il contatto con la realtà. Di tutto ciò è singolare testimonianza la vita dei martiri.

Guardando a san Giuliano, sbaglieremmo, però, se pensassimo che le storie di martirio appartengono al passato. Nell’esortazione Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità oggi, Papa Francesco ci avverte che «le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità. Gesù dice che ci sarà beatitudine quando “mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11). Altre volte si tratta di scherni che tentano di sfigurare la nostra fede e di farci passare per persone ridicole» (n. 94). Questo dice il Papa ed è questo, che, in fin dei conti, intendo ripetere questa sera a me stesso e a voi. E con le stesse parole del Papa concludo: «Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità».

 

Giugliano in Campania (Na), 18 settembre 2022

 

Marcello Card. Semeraro