Omelia per il XXV di beatificazione di san Pio da Pietrelcina

 

Entrò giorno dopo giorno nelle stimmate ricevute

Omelia per il XXV di beatificazione di san Pio da Pietrelcina

 

Torno con intima gioia qui a San Giovanni Rotondo per onorare insieme con tutti voi la memoria di San Pio da Pietrelcina. Vi giunsi pure nel giugno 2021 per la scadenza del ventennale della sua canonizzazione. Ora, invece, la Comunità francescana di questo Santuario mi chiede di ricordare con questa celebrazione della Santa Eucaristia il XXV anniversario della beatificazione. Qualcuno potrebbe domandarmi: che cosa, nella prassi della Chiesa cattolica, differenzia una beatificazione da una canonizzazione? Una risposta potrebbe essere questa: la concessione da parte del Papa che, in alcuni determinati luoghi particolarmente legati alla vita e alla sua memoria, un Servo di Dio sia invocato come Beato e che, in suo onore, si possano celebrare la Santa Messa e l’Ufficio divino. Diversamente dalla canonizzazione, dunque, che invece estende il culto di un Beato a tutta la Chiesa, la beatificazione ha un carattere più locale: l’odierna ricorrenza, allora – ed è questa la mia esortazione –qui, a san Giovanni Rotondo, dove Padre Pio ha vissuto tanti anni della sua vita terrena sino alla morte, la si dovrebbe cogliere come invito ad avere con lui e verso di lui, una maggiore intimità, una più intensa gratitudine e una più amorosa devozione. Padre Pio è conosciuto nel mondo intero, ma è doveroso che qui si abbia per lui un culto più esemplare e più vivo, che riesce a cogliere il cuore del suo messaggio. Ci è di sicuro di grande aiuto la Parola di Dio che abbiamo ascoltato.

Dal brano che è stato proclamato come seconda lettura, abbiamo ascoltato una perentoria affermazione di san Paolo: «io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo» (Gal 6,17). Non sappiamo con precisione cosa, con queste parole, intendesse l’Apostolo. Più credibilmente si pensa che san Paolo abbia, in questo modo, voluto ribadire il suo essere servo di Cristo, alla maniera degli schiavi che nell’antichità portavano il marchio del loro padrone. Le stigmate di cui scrive san Paolo sono i segni del suo soffrire per Cristo durante le vicissitudini incontrate per predicare il Vangelo. Per questo Paolo poteva scrivere: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21) ed è questo il fine proprio della santità.

Nel nostro linguaggio, invece, a partire da quanto fr. Elia scrisse a tutto l’Ordine Francescano nell’ottobre 1224, la parola stigmate ha un significato più specifico. Vi leggiamo: «Vi annunzio una grande gioia, un miracolo del tutto nuovo … Non molto tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stigmate di Cristo» (FF 309). In modo simile noi parliamo delle stigmate di san Pio da Pietrelcina: è stato lo stesso Crocifisso-Risorto ad avere voluto rendere più somigliante a sé questo frate cappuccino, la cui santità è consistita nell’addentrarsi giorno dopo giorno in quelle stimmate.

Per la Chiesa, infatti, la santità non sta nel fatto che i segni della passione entrino e si facciano visibili in un corpo, ma nel fatto che un credente entri giorno dopo giorno, con fedeltà e amore, in quelle stimmate! Ed è così che Padre Pio cominciò a somigliare, giorno dopo giorno, a Cristo: per rispondere all’amore, perché il Crocifisso aveva voluto per sua misericordia farselo simile. Così egli  c’insegna che la santità non è mai facile, perché costa quanto l’amare, sempre e nonostante tutto; scegliendo Dio ogni mattina e ringraziandolo ogni sera.

C’è un secondo aspetto che desidero sottolineare con voi ed è il fatto, che proprio a motivo di questa grazia inaspettata e immeritata della stigmatizzazione, Padre Pio avvertì il bisogno di tradurre la carità della Croce che lo aveva segnato in spiritualità della Carità che dona. All’amore verso Cristo crocifisso san Pio da Pietrelcina unì ben presto, appena gli fu possibile esprimerlo, l’amore verso l’umanità sofferente. Ecco un aspetto che ci permette di meglio lumeggiare la sua santità: l’avere trasformato l’esperienza delle stimmate in principio operativo per pensare una grande opera di carità: la Casa Sollievo della Sofferenza, «creatura della provvidenza» sì, come Padre Pio la chiamava, ma al tempo stesso monumento della sua carità instancabile.

Nella prospettiva, infine, del prossimo anno giubilare, del quale il prossimo 9 maggio papa Francesco consegnerà la Bolla di Indizione, mi piace mettere in luce un terzo aspetto della santità di Padre Pio; quello che anni or sono ha spinto un giornalista (Renzo Allegri) a chiamarlo Uomo della speranza. Intendeva con ciò sottolineare che con il perdono dei peccati esercitato nel ministero della Confessione Padre Pio irradiava una gioia ineffabile. Un testimone nel processo per la beatificazione e canonizzazione disse: «quante lacrime di gioia accanto a P. Pio… Gioie di convertiti che rivoluzionavano la loro esistenza». L’affermazione è di grande valore poiché, come è ben noto, il ministero della confessione sacramentale è stato l’apostolato particolare di Padre Pio. Tanti e tanti pellegrini giungevano qui a San Giovanni Rotondo non solo per partecipare alla Messa celebrata da lui, ma anche per potersi confessare da lui. Egli, poi, in questo ministero – come disse un testimone nello stesso processo – conservava un «atteggiamento costante di totale abbandono alla misericordia di Dio, talmente profondo e intenso da infonderlo anche agli altri».

Ecco, carissimi, i tre pensieri che in questa occasione intendo consegnarvi. Il primo è questo: la santità è lasciarsi trasformare da Cristo in modo da somigliargli il più possibile. L’altro messaggio è l’invito a trasformare sempre il nostro essere cristiani in opere di carità. L’ultimo, poi, è quello di essere, come Padre Pio, messaggeri di speranza, soprattutto attraverso l’esercizio del perdono. Nell’esortazione Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità papa Francesco scrive che «la misericordia ha due aspetti: è dare, aiutare, servire gli altri e anche perdonare… Dare e perdonare è tentare di riprodurre nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio, che dona e perdona in modo sovrabbondante» (nn. 80-81). È l’esempio che ci ha lasciato Padre Pio.

 

San Giovanni Rotondo, Chiesa di San Pio da Pietrelcina, 2 maggio 2024

 

Marcello Card. Semeraro