Mostrati a noi come Madre
Omelia per la conclusione dell’Anno Giubilare mariano
All’inizio del suo Trattato della vera devozione a Maria san Luigi Maria Grignion de Montfort scrive che è «giusto e doveroso ripetere con i santi: De Maria numquam satis. Maria non è stata ancora abbastanza lodata, esaltata, onorata, amata e servita. Ella merita più lode, rispetto, amore e servizio» (Introd., 10). È anche per questa ragione che ho accettato l’invito della comunità dei frati Minimi: stare qui, insieme con tutti voi per lodare la Santa Madre di Dio. Vorrei, anzi, esprimere il mio amore per lei con la stessa devozione del santo patriarca Francesco di Paola, dalle cui labbra era abituale sentire risuonare, a una sola voce, i nomi di Gesù e di Maria. I biografi scrivono che quando pregava davanti alle loro immagini il suo volto s’illuminava di una luce tutta spirituale. Si narra, fra l’altro, che la sua mamma, vedendolo in una gelida sera d’inverno pregare il santo Rosario con il capo scoperto, lo esortò a coprirsi per non raffreddarsi. Egli, però, le rispose: «Madre mia, mi direste voi di stare col capo coperto se in questo momento io parlassi con la regina di Napoli? E non è più grande la Regina del cielo, con la quale ora parliamo?». Il racconto ci dice che per san Francesco di Paola Maria è una «regina». Con questo titolo, appunto, ancora noi, ripetendolo più volte, concludiamo la recita delle Litanie lauretane e anche questa sera noi vogliamo onorare Maria come Regina.
Concludiamo, difatti, l’Anno Giubilare avviato per il 150° anniversario (1874-2024) dell’Incoronazione della sacra icona della Madonna da parte del Capitolo Vaticano per mano del venerabile Mons. Francesco Saverio Petagna. È un rito dal chiaro significato simbolico. Maria – disse una volta Benedetto XVI – «è regina nel servizio a Dio all’umanità, è regina dell’amore che vive il dono di sé a Dio per entrare nel disegno della salvezza dell'uomo. All’angelo risponde: Eccomi sono la serva del Signore, e nel Magnificat canta: Dio ha guardato all'umiltà della sua serva. Ci aiuta. È regina proprio amandoci, aiutandoci in ogni nostro bisogno; è la nostra sorella, serva umile». Concludeva: «Il titolo di regina è quindi titolo di fiducia, di gioia, di amore» (Udienza generale del 22 agosto 2012). Facendogli eco in altra occasione, papa Francesco diceva: «Maria non è una Regina distante che siede in trono, ma la Madre che abbraccia il Figlio e, con Lui, tutti noi suoi figli. È una Madre vera, con il volto segnato, una Madre che soffre perché prende davvero a cuore i problemi della nostra vita. È una Madre vicina, che non ci perde mai di vista; è una Madre tenera, che ci tiene per mano nel cammino di ogni giorno» (Videomessaggio del 26 agosto 2017 ai pellegrini polacchi).
Queste parole, carissimi, ci aiutano a comprendere il significato della bella immagine che voi venerate in questo Santuario di Pozzano. Essa raffigura la Virgo lactans, la Vergine che allatta il Figlio. Non è un’immagine qualsiasi, perché ci rimanda al mistero dell’Incarnazione: nel suo Figlio fatto uomo, Dio mostra di avere anch’egli bisogno, in qualche modo, di essere nutrito. Dio ha bisogno di noi. Quale mistero! Nel 1950 uscì in Francia un film con un titolo che dovrebbe farci molto pensare: Dio ha bisogno degli uomini. Mi torna alla memoria pure un testo di D. Bonhoeffer, un pastore protestante morto per la sua testimonianza a Cristo. Scriveva: «Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione. Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione». È il capovolgimento di un modo di concepire Dio. In una successiva poesia scriveva: «Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione… Così fanno tutti, cristiani e pagani. Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione, lo trovano povero, oltraggiato. Uomini stanno vicini a Dio nella sua sofferenza». Questo capovolgimento del modo d’intendere Dio, però, apre la porta alla sua misericordia: «Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione… muore in croce per cristiani e pagani e a questi e a quelli perdona» («Appunti, luglio 1944»; «Cristiani e pagani. Poesia», in Resistenza e Resa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, pp. 446. 454).
Guardando, allora, all’immagine del Bambino Gesù che viene allattato dalla Madre anche noi scopriamoci poveri, bisognosi di aiuto e, soprattutto, della misericordia di Dio. Ecco, allora, una preghiera di san Bernardo, che ci aiuta pure a comprendere la parola del Vangelo che abbiamo ascoltato. «Ci è nato un figlio. E tu, o Vergine, lo partorirai piccolo, lo nutrirai piccolo, piccolo lo allatterai; ma vedendolo piccolo, pensalo grande… l’anima tua magnifichi il Signore, perché egli sarà grande. Anche da noi, piccoli, sia magnificato il Signore, che per farci grandi ha fatto se stesso piccolo. È nato per noi, non per sé. Se è nato così è per noi, perché noi di lui avevamo bisogno. Profittiamo, allora, di questo piccolo bambino e impariamo da lui che è mite e umile di cuore» (cf. De laudibus Virginis Matris III, 14-15: PL 183, 77-78).
L’immagine della Madonna che allatta c’ispiri pure sentimenti di carità, come accadde a san Giuseppe Benedetto Cottolengo la sera di una domenica del settembre 1827. Aveva appena dato gli ultimi conforti religiosi a Giovanna Maria Gonnet, una donna che, ammalata gravemente di tubercolosi, non era stata accolta nell’ospedale cittadino. Addolorato e sconfortato s’inginocchiò dinanzi all’immagine della Madonna del latte conservata nella Basilica del Corpus Domini di Torino e proprio allora ebbe l’ispirazione di fondare quella che sarà la «Piccola Casa della Divina Provvidenza» destinata a offrire le cure necessarie alle persone in stato di totale abbandono. Sia così anche per noi: dallo sguardo alla Madonna nasca la carità. Invochiamola, dunque, con le parole suggeriteci dal beato Bartolo Longo nella novena alla Madonna di Pompei: «Mostrati a me come a tanti altri vera Madre di misericordia. Monstra te esse Matrem, mentre con tutto il cuore ti saluto e ti invoco mia Sovrana e Regina».
Basilica Santuario della Madonna di Pozzano – Castellammare di Stabia, 2 luglio 2024
Marcello Card. Semeraro