Gaudium et spes: la santità di Pier Giorgio Frassati
Omelia per il centenario della sua nascita al cielo
La memoria del beato Pier Giorgio Frassati coincide oggi con il centenario della sua «nascita al cielo». È questa l’espressione – dies natalis – con cui la Chiesa cattolica segna il giorno che noi abitualmente chiamiamo «della morte». La ragione ce la spiega la Chiesa stessa, la quale, nel Prefazio dei defunti I, ci fa ripetere: «mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo». Mi tornano alla memoria le parole dette da papa Francesco a conclusione di una serie di catechesi sulla vecchiaia: passare la porta della morte «dà un po’ di paura ma c’è sempre la mano del Signore che ti porta avanti e attraversata la porta c’è la festa» (Catechesi del 24 agosto 2022). L’animo nostro, dunque, è in festa e lo è pure nella prospettiva della imminente canonizzazione del nostro Beato, il prossimo 7 settembre. Questa Santa Messa, allora, può già avere il tono del ringraziamento al Signore per avere concesso a tutti noi la gioia di questa tappa che vivremo fra non molte settimane.
Una riflessione sulla testimonianza di Pier Giorgio Frassati ci è suggerita dal racconto evangelico che abbiamo appena ascoltato: è il racconto della chiamata di Matteo avvenuta che diventa pure una chiamata alla gioia, un invito a stare insieme alla stessa mensa, come accade quasi naturalmente fra noi quando fra amici siamo invitati a mangiare insieme. Il convito è per noi la forma più bella di esprimere l’amicizia.
Un grande santo contemporaneo, san J.H. Newman, in un suo sermone sottolineò il fatto che Gesù alcuni gesti della massima importanza li compì proprio nel contesto di una festa. Pensava, ad esempio, alle nozze di Cana, alla cena pasquale e pure alla chiamata di Matteo e commentava che in queste scelte del Signore c’è qualcosa che corrisponde a profondi principi della nostra natura: i doni che ci ha lasciato – «il vino che allieta il cuore dell’uomo, l’olio che fa brillare il suo volto e il pane che sostiene il suo vigore» – sono «buoni doni, che danno forza alla nostra vita, spingono l’anima a uscire da sé in cerca di simpatia e compagnia; non finiscono in se stessi e non possono essere goduti in solitudine; sono creativi e comunicativi e si stemperano in sentimenti sociali; sono mezzi e pegni di buona disposizione e gentilezza reciproche … Tramite la loro condivisione alla stessa mensa, essi mirano ad aprire i nostri cuori, gli uni verso gli altri, nell’amore» (Sermons on Subjects of the Day, III: London 1902, pp. 28-29).
Possiamo dire che un po’ allo stesso modo è maturata la vocazione e si è sviluppata la santità di Pier Giorgio. Da giovane egli si caratterizzava tra i suoi compagni per la giovialità, lo scherzo, l’andare in gita, lo scalare la montagna … Al papà questo non piaceva troppo, sicché in una lettera scritta da Berlino nel 1922 gli dirà: «Bisogna che ti persuada, caro Giorgio, che la vita bisogna prenderla sul serio …». Eppure proprio in quella gioia egli cresceva e rispondeva alla chiamata del Signore. In un articolo su Pier Giorgio Frassati apparso proprio in questi giorno ne La Civiltà Cattolica ho notato questa interessante sottolineatura: «Nonostante l’iscrizione a molteplici associazioni, Pier Giorgio, nel 1924, ne fonda una nuova, tutta sua, dal volto semiserio: “La Compagnia dei Tipi Loschi”. Vuole supplire a ciò che è poco rilevante in altri movimenti, per vivere in modo sereno l’amicizia nelle gite in montagna … Ciò che unisce il gruppo è “un vincolo indissolubile, […] la Fede”. E Pier Giorgio specifica: “Questa Fede che abbiamo ricevuto nel S. Battesimo […] ci accompagnerà fino all’ultimo giorno del nostro viaggio terreno e serva come legame per mezzo della preghiera a cementare spiritualmente tutti i Tipi Loschi sparsi per l’orbe terreno”» (G. Pani, Pier Giorgio Frassati, un giovane laico: il “San Francesco di Torino”, ne «La Civiltà Cattolica», luglio-agosto 2025 [q. 4195/4196)], p. 335-336).
Ecco, dunque. Alla vigilia della sua canonizzazione, che sarà celebrata in un anno giubilare dedicato alla speranza cristiana, chiediamo al Signore che anche nel nostro cuore, come nel suo, sia impresso il binomio scelto dal Concilio Vaticano II per un pilastro del suo magistero: gaudium et spes, gioia e speranza! «Sono virtù che nascono dall’amore» (Isacco della Stella, Serm. XVI: PL 194, 1747). Con quel documento il Concilio ci indica un modo nuovo di essere Chiesa nel mondo: quello dell’amore e della condivisione. Per adempiere alla propria missione pastorale, la Chiesa deve fare proprie «le gioie e le speranze, i dolori e le angosce» dei suoi contemporanei. È lo stile di santità, che ci giunge da Pier Giorgio Frassati. Con l’amore egli ha voluto condividere i dolori e le angosce del prossimo (proprio questa condivisione ha provocato, già dal giorno della sua morte, la scoperta della sua santità fino ad allora invisibile agli occhi umani, ma conosciuta da Dio); con la gioia dell’amicizia ha condiviso la speranza di una società nuova.
L’articolo de «La Civiltà Cattolica», che ho prima citato, osserva che presto Pier Giorgio prende consapevolezza del fatto che l’assistenza ai poveri da sola non basta e che determinati problemi vanno affrontati in sede politica (cf. p. 336). Comprende ciò che appena due anni dopo la sua morte dirà il papa Pio XI, ossia che l’azione politica è «la forma più alta di carità» (Discorso alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana, 18 dicembre 1927): una frase che sarà cara a G.B. Montini-Paolo VI, che nella lettera apostolica Octagesima adveniens, chiamerà la politica «una maniera esigente … di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri» (n. 46). Questa idea sarà spesso ripetuta da papa Francesco e, ai nostri giorni, da papa Leone XIV (cf. Discorso del 21 giugno 2025). È questa la politica cui oggi assistiamo? Dalle scelte di vita di Pier Giorgio Frassati, dunque, prendiamo esempio e riceviamo incoraggiamento per le nostre, da attuare nel tempo che il Signore ci dona di vivere.
Roma – Basilica di Santa Maria sopra Minerva, 4 luglio 2025
Marcello Card. Semeraro