Omelia nel 518° anniversario del pio transito di San Francesco di Paola

 

San Francesco di Paola, ministro di speranza

Omelia nel 518° anniversario del pio transito

 

Torno con intima commozione in questo Santuario per venerare con tutti voi il caro «santo padre» (come abitualmente qui si chiama); un santo, che ho imparato ad amare fin da bambino, guardando nella chiesa del mio paese l’immagine posta sull’altare a lui dedicato, che lo raffigura mentre compie un famoso miracolo qui avvenuto: quando, cioè, vedendo che una grossa pietra stava precipitando con rischio di fare grande danno alla gente sottostante, invocò il nome di Gesù, fece un segno di croce et de contenenti fo fermata dicta petra …, «e subito la pietra si fermò dove era, sull’orlo del precipizio, senza muoversi più innanzi» (P. Addante, I Fioretti di San Francesco di Paola, Reggio Calabria 2007, pp. 76-77). È soltanto uno dei tanti miracoli compiuti da Francesco di Paola aventi a che fare con i massi e con le pietre al punto che un suo antico biografo, il p. G.M. Perrimezzi o.m., invitava i pellegrini che giungono qui a guardare bene anche le pietre sia del convento, sia dell’antica chiesa poiché – scriveva – sono davvero molte le meraviglie che invisibilmente in quelle pietre si nascondono. Poi spiega pure che questo convento è stato edificato «più con miracoli che con sassi» (cf. La vita di san Francesco di Paola, 1, Napoli 1841, pp. 43. 263).

Raccogliamoci, dunque, con grande devozione ed io per primo la faccio, giungendo in questo Santuario che per me è luogo pieno pure di tanti ricordi personali. Ringrazio, perciò, di cuore il Rev.do P. Francesco Trebisonda o.m. per l’invito che mi ha rivolto ed ho volentieri accettato di presiedere la Santa Eucaristia nel giorno in cui, facendo memoria del Santo paolano ricordiamo pure il 518mo anniversario del suo pio transito. Era un venerdì santo, quel 2 aprile 1507. I testimoni ci narrano che le sue ultime parole furono: «O Gesù, buon pastore, conserva i giusti, giustifica i peccatori, abbi pietà di tutti i fedeli defunti e sii propizio a me peccatore. Amen. Gesù Cristo! Maria!». Questo fu san Francesco di Paola. Quando il 1 maggio 1519 fu canonizzato, il papa Leone X nella bolla Excelsus Dominus lo descrisse quale «uomo forte» mandato del celeste Agricoltore alla sua vigna, la Chiesa, perché la coltivasse e la accrescesse con il suo esempio e con i suoi meriti e illuminasse il mondo con il fulgore della sua lampada.

Voi ben sapete, carissimi, che in questo anno noi stiamo vivendo un Giubileo che il Papa ha voluto sotto il segno della speranza cristiana. Ora è anche in questa prospettiva che oggi desidero proporvi di considerare la figura la santità di san Francesco di Paola. Il rapporto tra San Francesco di Paola e la virtù della speranza, difatti, è profondamente radicato nella sua vita e nel suo messaggio spirituale. Penso in modo particolare ai miracoli, che tanto caratterizzano la sua vita. Nell’agile biografia scritta dal padre Alfredo Bellantonio, che ricordo con venerazione, li chiama «irradiazioni del soprannaturale» e, quasi ripetendo la risposta inviata da Gesù al Battista (cf. Mt 11,4), li elenca così: «i morti risorgono … i ciechi vedono, i muti parlano, gli storpi camminano». Tutte le biografie li narrano, questi miracoli. Non è il caso che io li narri poiché voi già li conoscete. I devoti di san Francesco non li considerano fatti prodigiosi, ma segni spontanei del suo mettersi accanto alle persone con amore e compassione; sono espressione della carità che egli attingeva dall’amore misericordioso di Dio il quale, come canta la Vergine nel suo Magnificat, «innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati» (cf. Lc 1,52-53).

Pensiamo, ad esempio,  alle guarigioni compiute da san Francesco: le guarigioni di un corpo mediante il miracolo sono un segno del mondo nuovo che nasce sotto i nostri occhi; sono un anticipo della «creazione nuova», che sarà compiuta alla fine dei tempi; sono una sorta d’irruzione dell’aldilà e dell’eternità nel nostro tempo e, proprio per questo, alimentano la speranza e conservano l’uomo come in uno stato d’allerta in attesa dello Sposo.

Alcuni dei miracoli compiuti da san Francesco possono essere riletti come delle repliche dei racconti del Vangelo. Come quando ormai da un mese alla tonnara di Paola non riuscivano a prendere un solo tonno e questo era motivo di preoccupazione perché la questione aveva il suo riflesso sull’economia di tutta la zona: la tonnara, difatti, dava tanta possibilità di lavoro e pure di guadagno alla popolazione. Il fioretto dice che Francesco mandò al proprietario della barca una candela, incoraggiandolo ad avere fede. Lui e i pescatori, dunque, salirono con la candela sulla barca «e fecero una pesca di tonni tale, da non riuscire a tirare le reti e ne presero una grande quantità» (Addante, I Fioretti cit., p. 141). Sembra una copia di Gv 21, ossia della pesca miracolosa e dell’incontro eucaristico del Risorto con Pietro e gli altri discepoli.

Per molti dei suoi miracoli, poi, san Francesco faceva ricorso ad elementi naturali, come le erbe, le piante, i legumi, le foglie, le radici … al punto di farci dire che le opere miracolose da lui compiute sono un vero e proprio «cantico delle creature»: il fuoco, l’acqua, il sale … Come accadde a Luigi Paladini, un nobile leccese per la cui guarigione dispose che «preparassero due fette di pane abbrustolite, bagnate di aceto con su del pepe, cannella, garofano e zenzero, il tutto pestato e bagnato». Disse, quindi, di applicare una delle due fette sopra lo stomaco, l’altra sopra la schiena. Quando i medici udirono questa ricetta risero forte ed esclamarono scandalizzati: «Noi siamo tre medici qui, che studiamo come poter guarire e soccorrere gli infermi, mentre questo ignorante pretende consigliare tali farmaci!». La moglie seguì, per questo, il parere dei medici, ma il marito non guariva affatto. Pregò allora un amico del padre Francesco di tornare da lui per intercedere. Appena, però, questi lo vide, gli disse: «Tu vieni per il Dottor Luigi! Quelli non hanno voluto far niente di quanto da me consigliato; poiché egli non ha avuto fede, neppure può avere la grazia; torna indietro e dì loro che facciano come da me consigliato, e abbiano fede nel Signore, perché otterranno la grazia» (cf. Addante, I Fioretti, pp. 31-32).

Anche questa sua relazione con il creato è un aspetto della speranza che caratterizza l’opera di san Francesco: una speranza che si estende oltre la sfera umana per abbracciare l’intera creazione e offrire a noi come una pregustazione della «creazione nuova».

Lo stesso Francesco portava in sé questo anticipo di umanità nuova. Molti testimoni dicevano che da lui sprigionava un misterioso profumo, che «aveva le mani più morbide e delicate del miglior signore di città … la sua persona odorava come erba fresca; i capelli poi apparivano come fili d’oro; i piedi pur incedendo nudi erano, come le mani, delicati e morbidi, come se avesse sempre calzato le scarpe» (cf. Testimonianza di Francesco Florio al Processo cosentino, 5 luglio 1512).

Ecco l’annuncio di speranza, che ci giunge da san Francesco di Paola: quello di una creazione su misura del disegno originario del Creatore, un ristabilimento di ciò che Dio aveva fatto in principio e che nella storia dell’uomo aveva subìto lo sconvolgimento e la corruzione derivati dal peccato.

I miracoli ottenuti da Dio per intercessione di san Francesco di Paola – quelli di ieri e quelli di oggi – sono segni che hanno lo scopo di mostrarci il nostro vero destino e la nostra vocazione al Regno di Dio. Raccogliamo, allora, da san Francesco questo invito alla speranza cristiana; una speranza che si innalza sulle speranze brevi che in tante maniera ci sono proposte dal mondo e trae la sua forza dalla realtà del Signore Risorto. A questo la Santa Chiesa ci invita a guardare specialmente negli ultimi giorni della Quaresima. In questa Santa Messa, allora, ripetiamo nell’intimo del cuore la preghiera che oggi, martedì della IV settimana di Quaresima, è indicata dal Messale dopo la comunione: «Purifica, o Signore, il nostro spirito e rinnovalo con questo sacramento di salvezza, perché anche il nostro corpo mortale riceva un germe di risurrezione e di vita nuova. Amen».

 

Paola (CS), Basilica di san Francesco di Paola, 2 aprile 2025

 

Marcello Card. Semeraro