Omelia alle Suore Missionarie dell’Incarnazione per la conclusione del 6° Capitolo Generale

 

Vita contemplativa e vita attiva

Omelia alle Suore Missionarie dell’Incarnazione per la conclusione del 6° Capitolo Generale

 

Carissime sorelle, ci rivediamo per concludere così, attorno all’Altare eucaristico, i lavori del vostro VI Capitolo generale durante il quale è stato eletto il nuovo Governo Generale della vostra Congregazione. Alla nuova Superiora generale con il suo Consiglio ho già fatto pervenire a voce il mio augurio ed ora, dopo avere ascoltato la Parola del Signore, torno a darvi una esortazione, come ho fatto nella Messa celebrata il 26 giugno scorso presso la Tomba dell’Apostolo Pietro. Oggi, però, la Chiesa guarda all’immagine della Beata Vergine che onora con il titolo del Monte Carmelo. È un monte, lo sappiamo, ubicato nell’Alta Galilea e chi si reca pellegrino nella Terra Santa non manca abitualmente di visitarlo. Dalla Bibbia sappiamo che su quel monte Elia lottò contro i sacerdoti di Baal per la fedeltà all’unico Signore. Per noi esso è pure il monte dove ha avuto origine l’Ordine religioso dei Carmelitani. Alla luce di questi fatti, con le parole del Messale romano abbiamo domandato di potere, sorretti dalla protezione di Maria, «giungere felicemente al santo monte, che è Cristo Signore». Riflettiamo su questa frase.

Nella Scrittura, cosa vuol dire, anzitutto, salire sul monte»? Dalla prima lettura riservataci dal Lezionario liturgico abbiamo udito che un monte, l’Oreb, fu quello dove Dio si rivelò a Mosè. Cosa gli disse? Che aveva udito il grido di dolore degli Israeliti fatti schiavi in Egitto. Quella che il Signore dava a Mosè non era una semplice informazione; era, piuttosto, una missione: va’, io ti mando… Sul monte non si rimane, ma dal monte si scende per adempiere a una missione di salvezza.

Anche la Madre di Gesù salì su di un monte. Ce lo ricorda il vangelo secondo Luca il quale narra che, dopo avere accolto l’annuncio dell’angelo, «si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa» (Lc 1,39). Non vi andò per una gita, o per una escursione ma per incontrare Elisabetta … Meglio: vi andò perché si incontrassero i due figli ancora custoditi nel grembo di Maria e di Elisabetta; vi andò per avviare una nuova fase nella storia della salvezza.

Nel Nuovo Testamento ci sono anche altre montagne. Mi limito a ricordare la conclusione del vangelo secondo Matteo: «Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato … Gesù si avvicinò e disse loro: “… Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”» (Mt 28,16-20). Anche qui, sul monte si va, ma non per rimanervi, bensì per scendere ed evangelizzare il mondo intero.

C’è una tradizione patristica che parla di Gesù come di un «monte». Sant’Ambrogio, ad esempio, lo chiama «monte e altezza della sua Chiesa» (In Ps. XLVII Enarr., 19: PL 14, 1153). Anche per sant’Agostino il «monte» su cui dobbiamo salire è Cristo. Ascoltiamo: «Scese a te per farsi a te valle di pianto; restò immutato in se stesso per essere monte al quale tu potessi ascendere ... Ecco la meta dove ascendere ... Ecco il punto di partenza e il punto di arrivo delle tue ascensioni…» (In Ps. CXIX Enarr. 1: PL 36, 1597). Anche da questo monte, però, durante la nostra vita terrena dobbiamo scendere. Per fare che cosa? Bellissima la risposta che ci giunge da san Tommaso d’Aquino: «così come è meglio illuminare che limitarsi a risplendere, così è meglio donare agli altri i frutti della propria contemplazione (contemplata aliis tradere) piuttosto che limitarsi a contemplare (contemplari)» (STh II-II, q. 188 a. 6 co.). San Tommaso poneva così in intima consequenzialità la cosiddetta «vita» contemplativa e quella chiamata attiva. Queste due vite non possono mai essere separate, anche se nella loro organizzazione possono esserci dimensioni prevalenti. Byung-Chul Han, un filosofo sud-coreano, ha scritto questa profonda verità: «La vita contemplativa senza azione è cieca, la vita attiva senza contemplazione è vuota» (Il profumo del tempo, Vita e Pensiero, Milano 2017, p. 129).

Carissime, sorelle, applico adesso le mie brevi considerazioni a quanto avete vissuto in queste settimane. Nell’Omelia che vi tenni il 26 giugno scorso, quando vi accingevate al vostro Capitolo generale, richiamai la parola di Gesù il quale ci avverte che non dobbiamo accontentarci di ascoltare la sua parola, ma che dobbiamo metterla in pratica (cf. Mt 7,24). In proposito citai pure un brano di madre Carla. Ciò che in conclusione questa sera vorrei dirvi è questo: durante i giorni del vostro Capitolo generale avete «contemplato», ossia avete pregato, personalmente e comunitariamente; avete studiato e conversato, avete riflettuto, avete progettato e fatto delle scelte per il prossimo futuro. Tutto questo lo raccoglierete negli Atti del vostro lavoro, perché sia testimonianza anche per chi verrà dopo. Avete, insomma, segnato una tappa del vostro cammino comunitario. Adesso comincia il momento di scendere da quel «monte» e di portarlo nella vita concreta. Da qui anche il senso del «mandato missionario» previsto per questa circostanza; un mandato che è, sì, direttamente rivolto alle Capitolari, ma che deve intendersi come rivolto a tutte voi nelle diverse situazioni di vita e di mansioni in cui si trova. Fatelo con «voce profetica, mani che servono, cuore che ama». Aggiungo: fatelo pure con piedi che «scendono» verso chi è nel bisogno e con animo che «ascende» verso il Signore.

Concludo ripetendo la bella immagine con cui nella sua Regola pastorale san Gregorio magno spiegava il benedettino ora et labora. Scrive: singulis compassione proximus, prae cunctis contemplatione suspensus (II, 1: PL 77, 26-26); ossia, siate a ciascuno vicine con la compassione e dedite, più di tutti, alla contemplazione. È davvero una bella sintesi di vita contemplativa e di vita attiva! Contemplativi nell’azione, traduceva sant’Ignazio di Loyola mentre G.B. Montini-Paolo VI parlava di «metodo della simultaneità». Potrebbe anche essere il vostro metodo.

 

Frascati, Casa Generalizia delle Suore Missionarie dell’Incarnazione, 16 luglio 2025

 

Marcello Card. Semeraro